10 - Giù, nell'oscurità
Regni Ultraterreni, Inferi.
Un bicchiere di cristallo venne scaraventato contro il muro, frantumandosi in mille pezzi, che caddero al suolo inermi.
Era così che anche lui si sentiva, in mille pezzi.
«Mio Signore, non credo che distruggere la cristalleria possa portare una soluzione ai suoi problemi» intervenne Clelio, facendo il suo ingresso nella stanza e andando subito a ripulire il pavimento.
In tutta risposta si guadagnò uno sguardo truce e un secondo bicchiere che andava a schiantarsi contro quello stesso muro, a pochi centimetri dalla sua testa.
«Ma se lei la ritiene una buona terapia, continui pure» aggiunse, in modo sarcastico, osservando i vetri rotti.
Clelio, sin da quando ne aveva memoria, era sempre stato al fianco di Mephisto. Era sempre stato lì, nascosto in quel regno ultraterreno, buio e senza tempo. Un demone minore dimenticato, ancora alla ricerca del suo padrone. E poi lui era arrivato, prendendo possesso di quel luogo e regalandogli una nuova vita.
«Non c'è più, è svanita nel nulla» disse Mephisto, quasi sottovoce, mentre si girava verso il suo enorme trono, dall'alto e lavorato schienale. Una mano che passava sul viso dall'espressione arrabbiata, mentre cercava di rimettere in ordine i pensieri.
Si versò l'ennesimo bicchiere di whisky, osservando con fin troppa attenzione, il modo in cui quel terrestre liquido scuro cadeva nel bicchiere trasparente. In quel momento i suoi sentimenti erano così confusi e disordinati che nemmeno lui stesso sarebbe stato in grado di spiegare come si sentiva.
Non sapeva se il suo desiderio fosse quello di distruggere ogni cosa che si parasse sul suo cammino o di rinchiudersi in uno di quei centri benessere sulla terra e starsene ammollo in una vasca idromassaggio per giorni.
L'unica sua certezza era che lei fosse sparita nel nulla.
«Chi? Signore» domandò Clelio, gettando quei vetri rotti.
«Lilith!» urlò il Re degli Inferi, voltandosi di scatto verso di lui, già pronto a lanciare anche quel terzo bicchiere.
«No, no, no, lo dia a me questo» intervenne prontamente l'altro, strappandoglielo dalle mani e riponendolo al proprio posto. Mephisto sospirò sconsolato, salendo quei gradini e lasciandosi poi ricadere sul suo comodo trono.
La testa poggiata sullo schienale e le mani sui braccioli imbottiti. Chiuse gli occhi, cercando di calmare l'ira che stava montando dentro di lui, anche se la cosa gli sembrava pressoché impossibile.
«È sicuro?» gli domandò Clelio. «Voglio dire, potrebbe essersi nascosta da qualche parte, magari ha trovato rifugio da un'altra strega» continuò, vedendo lo sguardo omicida con il quale il suo padrone lo stava guardando. «Ha provato a vedere da Agatha? O dall'Antico?» insistette ancora, posizionandosi direttamente davanti a lui, ma restando ai piedi di quelle scale.
«Agatha e Lilith non hanno buoni rapporti» non si capacitava di come per lui, dopo tutti quegli anni, fosse ancora così difficile pronunciare quel nome senza che un sentimento di rabbia, mista a nostalgia, colpisse il suo cuore e lo sgretolasse. «E l'Antico non sta dalla nostra parte, non ci è mai stata. In ogni caso ha già i suoi problemi a cui pensare» aggiunse, portandosi una mano sotto il mento, per sorreggersi la testa, che sembrava diventata improvvisamente così pesante.
«Comunque ho già controllato, non è lì. Non è da nessuna parte, si è come volatilizzata nel nulla e questo non può succedere, non sotto i miei occhi!» concluse, alzando il tono della voce sulla fine della frase e piantando i pugni su quei braccioli.
Clelio osservò, di sottecchi, il suo padrone. Seduto su quel trono, aveva l'aria così stanca, con i capelli scuri spettinati e i profondi occhi azzurri cerchiati da occhiaie. Lo preferiva trasformato in quella forma umana, come preferiva anche se stesso sotto quelle sembianze.
Ma non sopportava di vederlo in quelle condizioni, lui era forte e indipendente. Non concepiva come potesse turbare ogni fibra del suo corpo, ogni cellula del suo animo, solo per colpa di quella donna.
Lui l'aveva conosciuta, Lilith.
Aveva vissuto con loro durante quel periodo di rara felicità, che aveva donato un'oscura luce a quel regno. Lei era così... così unica.
Una vera e propria forza della natura, capace di stravolgere la vita di chiunque incontrasse.
Era sempre stata gentile con lui, ma lo era stata anche con il suo padrone e non ci aveva pensato su due volte prima di tradirlo. Quindi, alla fin fine, non sapeva davvero cosa pensare di lei.
«Beh, Signore, è di Lilith che stiamo parlando, credo che tutto possa succedere con lei» disse quelle parole senza pensare. Pochi secondi prima stava riflettendo su quella donna e la vita che aveva vissuto assieme a lui e al suo padrone. Poi quella frase era uscita dalla sua bocca. Era stato semplicemente sincero, una pessima mossa.
Gli occhi di Mephisto erano diventati rossi, come il fuoco, mentre si alzava dal suo trono e si incamminava lentamente verso di lui. Clelio deglutì rumorosamente, passandosi una mano nei corti capelli grigi e indietreggiando.
«Hai ragione, lei è così imprevedibile» parlò con un tono pacato, fin troppo calmo, che non rispecchiava affatto l'espressione adirata che aveva in volto. «Così forte, intelligente, praticamente perfetta» continuò. Sapevano entrambi che gli aggettivi che aveva utilizzato, non erano stati scelti a caso, per essere ironici. Mephisto pensava davvero quelle cose di lei.
Nonostante l'avesse pugnalato alle spalle, ingannato, manipolato e raggirato, lui non riusciva a mentire a se stesso. Per quanto ce l'avesse a morte con lei, non poteva negare l'evidenza di quello che era.
«Forse dovresti raggiungerla, fare un bel giretto sulla terra e restarci per un po'» lo minacciò, muovendo la testa e scrocchiando il collo, mentre il suo volto iniziava a prendere le sembianze del mostro che in realtà nascondeva.
«No, mio Signore. Io non intendevo dire che-» Clelio venne interrotto ancora prima che potesse finire di parlare. Mephisto l'aveva appena trasformato in quella che era la sua forma originale: un Gargoyle.
«Ringrazia che ho bisogno anche del tuo aiuto per capire dove si è cacciata» lo avvertì, guardandolo dall'alto. «E adesso sparisci dalla mia vista!» esclamò, indicando la porta di quella gigantesca sala del trono.
Rimasto solo, prese un bel respiro e si calmò. Tornato alla sua forma umana, decise che aveva perso fin troppo tempo nella sua bolla di rabbia, era arrivato il momento di prendere in mano la situazione e far capire a Lilith che non poteva scappare dal suo controllo.
Uscendo dalla stanza e camminando lungo quel corridoio in penombra, un ghigno aleggiava sul suo viso. Si sistemò quella camicia bianca, cercando di lisciare le pieghe che si erano formate e poi fece apparire sulle sue spalle anche un blazer nero.
Gli piaceva essere vestito in modo elegante ogni volta che andava sulla terra e si mischiava con gli altri umani.
«Clelio!» urlò, per farsi sentire da lui, ovunque si trovasse in quel momento. «Starò via per qualche ora, assicurati che qui tutto vada come deve» ordinò, uscendo da quell'imponente e inquietante castello, diretto verso la sua prossima meta: la Terra.
४ ४ ४
Galassia, Asgard.
Loki sentiva l'impellente bisogno di scappare il più lontano possibile da tutti.
Quegli ultimi giorni erano stati parecchio stressanti. Tra l'arrivo di Lilith, la sparizione di Kaja, il suo consigliere che sembrava riuscire a vedere solo pessimi scenari per la loro vita a palazzo ed Hege che continuava a fargli domande riguardo quella situazione.
Aveva bisogno di prendersi una piccola pausa da tutti, prima di perdere definitivamente la pazienza e combinare qualche guaio per la sua copertura.
Perciò, quella mattina, si era svegliato di buon ora ed era sgattaiolato fuori dalla sua stanza senza farsi vedere da nessuno. Utilizzando uno dei suoi tanti passaggi segreti era poi uscito dal palazzo. Aveva camminato in quei corridoi sotterranei per qualche minuto, in totale solitudine. Ritrovatosi poi davanti a quella piccola porta in legno, era arrivato nei boschi.
Il silenzio avvolgeva quella fitta vegetazione e il centro della città sembrava solo un lontano ricordo in mezzo a quella natura incontaminata. Possenti alberi si ergevano attorno a lui, donando ombra e tranquillità a tutto quel paesaggio.
Non un rumore, non un suono, oltre a quello delle suole dei suoi stivali che calpestavano il terriccio erboso.
Poco gli importava se Kåre in quel momento si stesse aggirando agitato per il palazzo, cercandolo in ogni stanza. Aveva bisogno di passare un po' di tempo solo, in quel bosco nel quale era solito recarsi anche da bambino.
Gli era sempre piaciuto stare in compagnia di se stesso, con i suoi pensieri a fare da sottofondo alle passeggiate immerse nella natura. Non trovandosi mai veramente a suo agio in compagnia di quelle persone, che sembravano sempre aspettarsi qualcosa di più da lui, qualcosa che lui non era in grado di dargli, preferiva andare via e prendersi una pausa.
Camminò indisturbato, rimirando il paesaggio e dimenticandosi del palazzo e dei suoi impegni. Arrivò, quasi senza nemmeno rendersene conto, ai confini di quel mondo. Lì, sul limitare della foresta, poteva ammirare gli spettacolari giochi di luce della galassia che lo circondava.
Fu inevitabile ripensare a quella che era stata la sua vita fino a quel momento. Si ricordò il modo in cui lui e Thor giocavano da bambini, dando sempre fastidio a qualche povero malcapitato e a come, puntualmente, quando venivano scoperti, lui faceva sempre ricadere la colpa sul fratello maggiore.
Ricordò anche come tutti avessero sempre preferito lui, al modo in cui veniva trattato, sempre con un occhio di riguardo e a come suo padre li comparasse in ogni aspetto delle loro vite, facendolo sentire sempre inferiore. Ciò lo portò a pensare al giorno in cui aveva finalmente scoperto le sue reali origini. Quando tutto diventò chiaro alla sua vista.
Sì, ne aveva fatte di cose sbagliate, spinto dalla rabbia, dal risentimento, dalla voglia di riscatto e vendetta. Ma lui voleva solamente essere trattato alla pari del fratello perfetto con il quale era cresciuto. L'avere un trono, un regno -che poi gli spettava per diritto di nascita- era solo un secondo fine a tutti i suoi piani di conquista.
Un rumore, però, lo costrinse a riportare l'attenzione nel presente, abbandonando la sua mente colma di ricordi.
Dei passi.
Lo scricchiolino delle suole delle scarpe che si infrangevano su alcune foglie cadute. Lo stesso identico rumore che aveva provocato lui passando per quel sentiero qualche secondo prima.
Ma ora era fermo.
Immobile a fissare lo spazio che si estendeva davanti a lui.
Assottigliò lo sguardo, tendendo bene le orecchie e cercando di udire qualsiasi suono provenisse dalla boscaglia dietro di lui. Ma sembrava come se si fosse immaginato tutto. Il silenzio regnava sovrano in quella parte dimenticata della città.
Eppure lui lo aveva sentito chiaramente quel rumore.
Fu quando vide quell'ombra estendersi oltre i suoi piedi, affiancandosi quasi alla sua, che corrugò la fronte ed ebbe la conferma di non essersi immaginato nulla.
«Non ti stanchi mai di seguirmi per darmi il tormento?» parlò, sospirando pesantemente e incrociando le braccia al petto.
«Non sentirti così importante, stavo solo osservando un po' la natura e ho avuto la sfortuna di incontrarti» rispose per tanto quella voce femminile, ormai fin troppo famigliare per le sue orecchie.
Loki si voltò, ritrovandosi davanti Lilith. Indossava sempre quelle vesti asgardiane dai toni bordeaux e l'immancabile collana a forma di serpente ornava il suo collo scoperto.
I capelli quella volta, però, erano completamente sciolti, liberi da qualsiasi pettinatura sofisticata o fermagli luccicanti. Ricadevano dolcemente sulle sue spalle, arrivando quasi fino al sedere. Erano leggermente mossi e le donavano un'aria quasi angelica.
«Ah, suppongo che quei fiori e quelle piante siano finite per caso tra le tue mani, mentre osservavi la natura» le fece notare, indicando con il mento ciò che stava tenendo ben stretto tra le dita.
Dei fiori dai colori viola e gialli e alcune erbe dalle forme strane. Tutta vegetazione che lì ad Asgard rappresentava la normalità, nulla che potesse tornare utile ai cittadini, se non per utilizzarli come ornamenti.
Ma, quei fiori e quelle piante, per Lilith erano una grande risorsa. Avere a disposizione frutti della natura di quella terra, dall'origine così particolare e le caratteristiche così ricche, era un gran regalo per lei.
Sin dal primo giorno aveva notato quelle strane piante, che le sarebbero tornate utili per i suoi incantesimi. E finalmente aveva trovato il tempo per andare a coglierle.
«Non ti sfugge niente» commentò lei, girando i polsi e facendo scomparire tutto ciò che teneva tra le mani. Poi mosse qualche passo verso di lui, facendolo subito scattare sull'attenti. «E cosa ci fa Odino qui, tutto solo? Non dovrebbe essere a palazzo, a occuparsi delle sue faccende reali?» lo stuzzicò, sorridendogli beffardamente.
«Odino si è preso la mattina libera oggi» rispose lui, continuando a stare al gioco della donna, ma facendo qualche passo indietro e allontanandosi da lei.
«Che c'è? Hai paura di me?» gli chiese, alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.
«Non di te, ma mi hanno sempre insegnato a stare lontano delle streghe» rispose, guardandola dall'alto al basso, con un'espressione quasi disgustata. Espressione che però tradiva ciò che sentiva veramente.
Perché la verità era che quella donna gli provocava tante emozioni, ma tra queste di certo non vi era il disgusto. Eppure continuava a non sopportarla, i suoi modi lo infastidivano e le sue parole non lo convincevano. Sapeva che ciò che faceva non era sincero, ma nonostante ciò non riusciva a frenare quell'attrazione fisica che provava nei suoi confronti. Anche se però riusciva ancora a nasconderla.
«E a me hanno insegnato che è sempre meglio essere una strega che un Dio arrogante» sibilò lei, avvicinandosi ulteriormente e posizionandosi a pochi centimetri dal corpo di Loki. Lo fissò dritto negli occhi, mentre nella sua testa scorrevano i ricordi del suo passato tormentato.
Di Dei arroganti ne aveva conosciuti tanti, a partire proprio dal suo creatore. Lui, che sin dal momento in cui era venuta al mondo, aveva voluto imporle il modo in cui avrebbe dovuto trascorrere il resto della sua eternità. Colui che non aveva accettato la sua natura, forza e intelligenza. Lo stesso Dio che, spaventato da lei, aveva preferito cancellarla dalla sua storia, per far sì che nessuno conoscesse la vita di Lilith.
Nella mano di Loki era comparso un pugnale, ma prima che potesse attaccarla, qualcosa attirò l'attenzione di entrambi.
«Cosa stai facendo?» gli domandò il Dio degli Inganni, puntando la lama affilata nella sua direzione, mentre lo sguardo di entrambi si posava su quella macchia nera che era comparsa nel terreno, a pochi metri da loro.
«Non sono io» rispose Lilith, incamminandosi verso quello strano segno. Loki ebbe qualche momento di esitazione, ma alla fine si decise a seguirla.
Una vera e propria macchia nera, dai bordi irregolari, dominava quel piccolo pezzo di terreno. Sembrava essere arrivata dal nulla, formatasi senza alcuna spiegazione logica apparente.
La Dea si accovacciò, volendo osservala più da vicino. Pose una mano sopra di essa, cercando di captarne l'energia, volendo capire da dove o da chi provenisse.
Fu un secondo.
Un impercettibile e fugace secondo.
Lilith scattò indietro, tirandosi in piedi velocemente e facendo sussultare Loki, che nel frattempo aveva osservato tutta la scena, non notando però nulla di strano.
Ma quando la donna si voltò verso di lui, l'espressione che aveva dipinta in volto gli fece ipotizzare che qualcosa dovesse essere per forza successo.
Un qualcosa che lui non aveva visto.
Il respiro irregolare e gli occhi che lasciavano trasparire un'emozione che mai aveva visto prima addosso a lei e che mai avrebbe pensato che potesse provare: paura.
Lilith aveva paura.
Aveva visto o sentito qualcosa in quella strana macchia, che era stato in grado di spaventarla abbastanza da cercare conforto nello sguardo di Loki.
Il Dio degli Inganni sembrava non capire appieno quella situazione. Tante domande ronzavano per la sua testa e altre ancora si aggiunsero quando notò la mano di Lilith.
Era stata ricoperta da una sfumatura nera, del medesimo colore della macchia, che si estendeva fino al polso.
Per Loki solo una cosa era certa, qualcosa di strano stava accadendo e una nuova minaccia sembrava star per soccombere su Asgard.
🌟🌟🌟
Eccomi con il nuovo capitolo!
Allora, allora, allora finalmente vediamo anche il personaggio di Mephisto e un po' di quello che è il suo mondo.
Che ne pensate di lui?
Non so voi, ma lo vedo parecchio arrabbiato e non promette nulla di buono 😈
Loki e Lilith, nel frattempo, si ritrovano soli nei boschi. E sembra proprio che la nostra Dea dell'Oscurità abbia ricevuto un segnale dal suo passato.
Cos'accadrà d'ora in poi?
Per scoprirlo non dovrete fare altro che continuare a leggere.
Lasciate una stellina nel caso il capitolo dovesse esservi piaciuto e non dimenticatevi di commentare facendomi sapere cosa ne pensate.
Per qualsiasi cosa non esitate a scrivermi.
Seguitemi su Instagram: _madgeneration_ per non perdervi nessuna novità.
XOXO, Allison 💕
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