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-Piacere, io sono Brian-.
Il ragazzo allungò una mano, allargando un ampio sorriso sulle sue labbra sottili.
Tim dapprima esitò, per qualche ragione, a stringerla. Si mosse in modo impacciato, afferrando quel palmo teso.
-Tim..- farfugliò. -Mi chiamo Tim-.
L'altro sorrise ancora. Non pareva essere un individuo particolarmente estroverso, ma doveva essersi reso conto delle difficoltà relazionali che affliggevano il nuovo arrivato al college.
Si era avvicinato dopo averlo visto nel corridoio notevolmente disorientato; si guardava intorno continuamente, quasi come se fosse spaventato da qualcosa.
Nell'istituto erano girate voci sul suo conto già da prima del suo arrivo.
-Sono certo che ti troverai bene quì, Tim. Se hai bisogno di qualcosa, fai un fischio-.
Lo salutò con un cenno del capo, prima di voltare le spalle ed incamminarsi lungo il corridoio dell'istituto con un pacco di libri in mano.
Tim lo osservò mentre se ne andava, e sul suo viso comparve un sorriso appena percettibile; era la prima volta che si sentiva trattato in modo così...normale.
Sapeva di essere strano, sapeva di essere molto diverso dagli altri ragazzi che frequentavano quel college; e non si sarebbe mai aspettato che uno tra loro avrebbe avuto il buon cuore di dedicargli una tale attenzione.
Strinse la spalle e si guardò intorno; il via vai di studenti che uscivano dalle aule ridendo e schiamazzando era estremamente fastidioso per lui. Ne odiava profondamente il rumore, ed era intimorito dalla vicinanza con tante persone a lui completamente sconosciute.
Sfiorò con la punta delle dita il barattolo di pastiglie che teneva in tasca; aveva già assunto la sua dose mattutina, ma era terrorizzato all'idea di poter avere una crisi in quel posto davanti agli occhi di troppi curiosi.
Silenzioso, entrò in quella che sarebbe stata la sua classe per il resto dell'anno.
Già sapeva che non sarebbe stato facile; la sia vita prima di allora era stata quasi esclusivamente all'interno delle sterili mura di una clinica.
E non conosceva null'altro che questo.

_______

Tim si precipitò fuori dal portone; aveva tentato invano di seguire gli altri due, ma ne aveva completamente perso le tracce non appena i loro corpi si erano inoltrati nel buio di quella notte.
Zoppicava lievemente; un fastidioso dolore acuto si propagava lungo la sua gamba destra ogni qual volta vi caricasse sopra il proprio peso.
Aggrottò la fronte e tentò di penetrare l'oscurità con lo sguardo, ma fu colto alla sprovvista da una serie di violenti colpi di tosse che lo costrinsero, inevitabilmente, a piegarsi su sé stesso.
Infilò una mano nella tasca tentando di afferrare il barattolo delle sue pasticche, ma sentì le ginocchia cedere e si ritrovò pochi attimi dopo con i palmi premuti sull'asfalto freddo.
Tossì più forte; una fitta di dolore acuto aggredì il suo petto, mentre con sgomento si ritrovava a sputare a terra una grande macchia di sangue scuro.
Strinse i pugni e si lasciò cadere a terra, per poi riuscire finalmente a recuperare la scatola arancione dalla tasca. Svitò il tappo con le dita tremanti e lasciò che alcune capsule scivolassero nella sua mano.
Neanche ne contò il numero.
Portò la mano alla bocca e deglutì a fatica, annaspando alla ricerca d'aria tra un colpo di tosse e l'altro.
Dopo una lunga manciata di secondi d'agonia, finalmente la crisi passò.
Tim si tirò a sedere sull'asfalto e si guardò intorno; era stremato, e solo adesso si rendeva conto di percepire un freddo tremendo che pareva penetrasse le sue ossa.
Si alzò in piedi a fatica, cercando di non sforzare l'arto dolorante, e compì un giro su sé stesso cercando di metter a fuoco l'ambiente che lo circondava.
Il parcheggio era silenzioso.
Il ragazzo passò una mano tra i capelli, e sospirò; il peggio era passato, adesso doveva solo trovare la strada di casa.
"Domattina chiamo immediatamente la clinica" pensò. 
"Tutto questo... Non è normale".
Ma prima che potesse riuscire effettivamente ad allontanarsi dal parcheggio, nella sua testa tornò ad echeggiare con forza quel disturbante suono che, suo malgrado, ormai conosceva fin troppo bene.
Portò le mani alle tempie e strinse i denti, ma non si fermò; zoppicando proseguì il cammino nel disperato tentativo di raggiungere la strada e chiedere aiuto a chiunque fosse di passaggio a quella tarda ora della notte.
Allungò lo sguardo in direzione della statale, che affiancava i palazzi illuminata da una lunga serie di lampioni dalla luce gialla.
Proprio lì, in piedi davanti ad un cassonetto dell'immondizia, l'operatore sembrava osservarlo immobile.
Tim sussultò, ed indietreggiò tornando subito sui suoi passi. A quel punto non poté far altro che addentrarsi nella foresta buia, per fuggire lontano dall'entità senza volto.

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