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Come fossero tre robot spenti, i ragazzi mascherati rimasero immobili nella medesima posizione per tutto il giorno, dietro ad un cespuglio che celava parzialmente la loro presenza; fino a che, con l'arrivo della sera, l'oscurità non ricoprì ogni cosa.
Avevano dovuto attendere il momento giusto per entare in azione senza dare nell'occhio; muoversi nell'ombra, agire in silenzio.
I loro sguardi celati dalle maschere erano puntati dritti in direzione del palazzo, che in quel momento rappresentava la loro meta; nessuno di loro poté percepire la noia, o l'intorpidirsi degli arti causato dalla moltitudine di ore trascorse senza muovere un singolo muscolo.
Quando il sole si abbassò dietro all'orizzonte, fu Hoodie a muoversi per primo, seguito da Tim; a chiudere la fila, vi era invece Toby.
Il trio si spostò rapidamente, in un silenzio quasi totale; il canto di un grillo, copriva lo scalpitare furtivo dei loro piedi sull'asfalto.
Toby si occupò di scassinare il portone principale del palazzo, che presentava una grande anta di vetro ed una serratura semplice; impiegò davvero poco tempo per riuscire ad aprirlo, probabilmente aveva già fatto cose simili molte altre volte.
Hoodie sollevò lo sguardo, osservando attraverso il passamontagna la rampa di scale che saliva verso l'alto; si fermò ad osservare il soffitto dell'ultimo piano, visibile atraverso lo spazio vuoto che si formava oltre il corrimano.
Senza dire una singola parola, indiziò a salire i gradini.
Tim si limitava a seguirlo a testa bassa; essendo privato di ogni tratto della sua coscienza, nella sua mente adesso vi era solo e soltanto la volontà di eseguire al meglio l'ordine che gli era stato impartito dall'operatore.
I lievi tonfi dei loro passi adesso echeggiavano sulle pareti spoglie.
Giunti al terzo piano, Hoodie avanzò disinvolto facendo scorrere le dita sulla superficie liscia delle porte, fino a fermarsi di fronte a quella che riportava un piccolo stemma metallico:
"Int.5".
A quel punto, fu Toby a farsi avanti ancora una volta, iniziando a maneggire con attenzione e scrupolo la serratura.
Come fatto in precedenza, utilizzò due grimaldelli che infilò lentamente nel meccanismo per poi muovere con gesti circolari fino a che, dopo un paio di minuti di tentativi, un suono metallico annunciò lo sblocco della serratura.
A quel punto il ragazzo dai capelli color miele si fece indietro, e questa volta fu Tim a varcare la soglia per primo; non percepiva alcuna ansia o tensione nell'intrufolarsi nell'appartamento, nonostante fosse una cosa che non avrebbe mai fatto di sua volontà.
Avanzò con piccoli passi leggeri assicurandosi di non generare alcun rumore, mentre scrutava quei pochi dettagli dell'ambiente che erano riconoscibili anche in quell'oscurità.
Un paio di mobili di legno massello erano posti ai lati del corridioio; vi erano inoltre due porte poste sulla sinistra, e tre sulla destra.
Tim non poteva spiegarsi come potesse essere a conoscienza di quale fosse quella giusta, e in quel momento non ebbe certo la facoltà di chiederselo; fatto sta che si diresse, senza dubbio alcuno, in direzione della seconda porta alla sua destra.
Gli altri due lo seguivano completamente in silenzio.
L'ambiente era scarsamente illumato dalla luce della città proveniente dall'esterno, che filtrando timidamente dalle finestre sfiorava le pareti. Vi era poi una piccola abat-jour accesa sul fondo del corridoio.
Tim poggiò le mani sulla porta, e la spinse con delicatezza; quest'ultima cigolò lievemente.
-Prendila- sussurrò Hoodie in quel momento, intrecciando le braccia sul petto ed emettendo un lievissimo sospiro. -Ti aspettiamo quì-.
Il moro annuì brevemente, e fece un passo oltre la soglia.
Ciò che non si aspettava, fu che la vittima che in quel momento rappresentava il suo obbiettivo non stava affatto dormendo, come il silenzio aveva invece suggerito.
La ragazza, dai lineamenti sottili, era seduta sul letto con le gambe incrociate; il suo volto era illuminato dallo schermo acceso del telefono che reggeva tra le mani.
Nell'udire il cigolio della porta sollevò di scatto la testa, e spalancò gli occhi castani; dapprima tuttavia non gridò.
Pareva molto confusa.
Una chioma di capelli color sabbia pendeva disordinata fino alle spalle.
Tim sollevò lentamente una mano e la portò davanti alla maschera, facendole cenno di restare in silenzio.
Fu allora che la ragazza, realizzando che quello non poteva essere un sogno, iniziò ad agitarsi.
Indietreggiò sul suo letto sbattendo la schiena contro al muro, sul suo viso comparve un'espressione terrorizzata.
-Vattene... Aiuto!- gridò a pieni polmoni, per poi balzare giù dal materasso.
Tim avanzò frettoloso verso di lei, e raggiungendola le bloccò immediatamente le mani contro al muro; lei tentava di divicolarsi, ma non aveva sufficiente forza per sfuggire a quella presa.
La osservò immobile; la maschera era distante pochi centimetri dal suo volto adesso distorto in un ghigno di terrore.
-Bianca! Che succede?-.
La voce di un uomo rimbalzò sulle pareti, proveniente da una delle stanze adiacenti.
Tim si voltò indietro senza mollare la presa sulla ragazza, e lanciò un rapido sguardo agli altri due ragazzi.
Hoodie, in risposta, si voltò nervosamente in direzione del rumore.
-Ci pensiamo noi. Prendila- esclamò, freddo.
-Viva....- aggiunse.
Scattò poi lungo il corridioio seguito dal silenzioso Toby, che adesso reggeva le sue accette saldamente strette in entrambi i pugni.
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