Con un movimento lento ma deciso, Tim afferrò la maschera che aveva gettato a terra e la calò sul suo volto, sistemandola con le dita per farla aderire correttamente.
Si alzò poi in piedi e si voltò indietro, dove fino a pochi minuti prima l'Operatore aveva assistito a quella penosa scena.
Aveva combattuto contro a quel mostro per venticinque anni, ma mai ne era uscito vittoroso. E mai più di ora gli era stato più chiaro di non avere alcuna possibilità contro di lui.
La sua mente adesso era spenta, ma non per volontà del suo padrone; il fiume di soffocanti emozioni che vi stava scorrendo era semplicemente diventato per lui intollerabile.
Si incamminò il quel bosco buio, con le mani in tasca ed il volto zuppo di lacrime celato da quella maschera che adesso rappresentava la sua resa.
Non avrebbe lottato ancora.
Era troppo stanco per farlo, e troppo disinteressato alla sua stessa sopravvivenza per tentare.
Aveva provato di tutto, in passato: aveva provato ad ignorarlo, poi a combatterlo, poi a convincersi che lui non esistesse. Aveva tentato più volte il suicidio, ma neanche questo era stato sufficiente a svincolarlo da quella maledizione.
Ed ora?
Ora non gli restava che diventare ciò che quel mostro voleva che fosse.
Il suo burattino.
D'altro canto, non aveva più nulla da perdere; aveva distrutto ogni più piccola cosa che fosse riuscito a costruire nella sua misera vita.
Tim camminava silenzioso, senza neanche curarsi della direzione; e stava fremendo nell'attesa di sentirsi ancora schiavo di quel mostro.
Perché solo quando ciò accadeva, poteva avere tregua dal senso di colpa che adesso rischiava di ucciderlo prima di ogni altra cosa.
Voleva che l'Operatore prendesse possesso della sua mente, e non gliela restituisse mai più; ormai era troppo doloroso, per lui, restare cosciente e fare i conti con i suoi errori.
Scosse le spalle ed emise un sospiro tremante imponendosi di proseguire il cammino, mentre la foresta sembrava osservarlo silenziosa, come avesse voluto piangere assieme a lui.

Va tutto bene.