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-Quello che stiamo cercando insieme di capire, Timothy, è per quale motivo ancora ti ostini a respingere le persone-.
Il cielo era grigio; Tim lo osservava attraverso il vetro della finestra. Era il secondo appuntamento con il suo psichiatra, quella settimana. A seguito della rottura del suo rapporto con Brian, la salute mentale del ragazzo era notevolmente peggiorata.
-Gliel'ho già detto...- mormorò, stancamente. -Ho già spiegato il perché-.
Il dottore accavallò le gambe ed emise un sospiro. -Tim, abbiamo lavorato a lungo sul dosaggio dei tuoi farmaci, e siamo riusciti a trovare la combinazione ottimale. L'hai confermato anche tu, no? Sei molto meno stressato, meno impulsivo, più riflessivo-. Piegò lievemente la testa di lato, senza mai staccare gli occhi dal volto disperato del suo giovane paziente. -Hai tutte le carte in regola per iniziare a fare una vita più... Normale. E voglio che tu ti conceda di avere degli amici perché, credimi, ti farebbe davvero bene socializzare-.
-Come al solito lei non ascolta, dottore- si spazientì l'altro, tornando a guardare il cielo grigio attraverso la finestra.
L'uomo annuì. -Okay, Tim, allora spiegami. Al nostro scorso incontro mi hai detto che temi di fare del male agli altri, ed è per questo che ti isoli- disse, sistemando gli occhiali sul naso. -Ma perché credi di essere pericoloso, Tim?-.
Il moro strinse le mandibole e deglutì saliva. -Perché non dipende da me...- esclamò, con un tono più deciso. -Non tutto quello che faccio dipende da me-.
Il dottore prese un appunto.
-Credi che il mostro che dici di vedere, possa indurti a fare del male ad altre persone contro la tua volontà?-.
Il ragazzo spostò lo sguardo su quello dello psichiatra. -Non lo credo, lo so-.
Nello studio calò il silenzio per diverse manciate di secondi, finché il dottore non fece un piccolo sorriso tirato.
-Non è assolutamente possibile che questo accada, Tim. E ne abbiamo già parlato, ricordi?-. Espirò, e puntò i gomiti sulla scrivania.
-Quella cosa non è reale, è un'allucinazione e come tale non può fare del male a nessuno. Né a te, né ad altri-.

____________

-Bianca... No, no, no, Bianca!-.
Tim sfilò la maschera e si lasciò cadere conficcando le ginocchia nel terreno, per poi afferrare il busto immobile della ragazza.
-Ti prego rispondimi... Ti prego...-.
La issò fino a poggiare la sua schiena contro al tronco dello stesso albero che aveva usato poco prima per bloccarla e soffocarla. Iniziò a scuoterla, con il cuore che batteva all'impazzata nel petto, ma la sua testa continuava a ciondolare.
Nessun movimento muscolare. Nessun segno di vita.
-Bianca ti prego... Ti prego...-.
Gli occhi di Tim si riempirono di calde lacrime, che presto iniziarono a scendere inesorabilmente lungo le sue guance tracciando linee irregolari. Con le mani strette sulle spalle della ragazza, iniziò a respirare con molta più fatica.
Con un gesto rapido si sporse in avanti e la strinse al suo petto con tutta la forza che aveva, riempiendosi i polmoni del suo profumo. Il suo pianto aumentò d'intensità, alimentato dal crescente senso di colpa che mozzava il suo respiro.
-Non mi lasciare anche tu... Non mi lasciare, ti prego...-.
Ma il cuore già aveva smesso di battere, nel petto di Bianca. L'aveva uccisa con le sue mani, proprio come aveva fatto con il suo migliore amico, e con chissà quante altre persone in quel passato di cui non aveva neanche memoria.
Piangeva senza trattenersi, e più le lacrime bagnavano il suo viso più stringeva forte a se quel corpo senza vita.
In quel momento anche la foresta tacque; c'era soltanto lui, e la cruda realtà che ancora una volta gli aveva dimostrato che non avrebbe mai potuto avere una vita normale.
Tantomeno una vita felice.
Non poteva permettersi di sperare, non poteva permettersi di riposare, e soprattutto non poteva permettersi di amare.
Ogni cosa che era avvenuta in quegli ultimi giorni era stata, indirettamente, una sua scelta.
-Perdonami, Bianca...- sussurrò con un filo di voce, lasciando che i capelli mossi della ragazza gli accarezzassero il volto. -Perdonami per tutto quanto...-.
Si allontanò da quel corpo esanime e sentì una folata di vento gelido aggredire il suo corpo, adesso scosso da spasmi. Lo ripose a terra, poggiando con delicatezza la testa di Bianca sopra ad una radice, e restò immobile a guardarla per un tempo indefinito.
Una lacrima scivolò giù dal suo mento e cadde sulla guancia sinistra della ragazza, ma non se ne curò. Un un dito, accarezzò delicatamente il contorno del suo viso, pensando che fosse la cosa più bella del mondo.

Meravigliosa come un fiore.

Ma quando si amano i fiori li si osserva, li si annaffia, li si cura...

Non li si recide.

Eppure lui, aveva appena reciso quel fiore.

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