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-Mi...Aiuti?-.
Tim aveva recuperato un grosso sacco dallo stipetto della cucina, uno di quelli neri che si utilizzano per la spazzatura.
Bianca dapprima non capì, e restò ferma a guardarlo con aria interrogativa; solo quando lo vide avvicinarsi al cadavere ed afferrarlo per i piedi, comprese che cosa volesse fare.
-S..Sì- balbettò, avvicinandosi a sua volta. Afferrò il sacco e fece in modo di mantenerlo aperto, mentre Tim vi infilava dentro a fatica il corpo. Per far sì che vi entrasse interamente gli piegò le ginocchia, che stavano già diventando più rigide.
Emise un lamento, non fu chiaro se di dolore o di disperazione; e quando si trovò a dover infilare nel sacco la parte superiore del corpo, in modo improvviso si fermò.
Bianca lo osservò in silenzio mentre poggiava le mani sulla maschera che copriva il volto di Toby, per poi sfilarla via assieme agli occhiali.
Negli occhi di Tim apparve un'espressione di profonda tristezza, non appena si trovò faccia a faccia con il volto di quel cadavere. Avrà avuto meno di diciott'anni; la sua pelle era pallida, e due occhiaie scure andavano in netto contrarto con quel colorito spento.
Una profonda angoscia assalì Tim, ma dovette sforzarsi di ignorarla. Sollevò il sacco fino a nascondere l'intero corpo al suo interno, poi fece un nodo all'apice.
-Devo sbarazzarmene- annunciò, alzandosi in piedi. -Vado a... Gettarlo da qualche parte-.
Bianca non rispose. Era palesemente sconvolta da quella situazione, ed a differenza di lui non riusciva ad ignorare efficacemente le sue emozioni al momento. Lo seguì con lo sguardo mentre trascinava il sacco sul pavimento, per poi aprire la porta d'ingresso; fuori era ancora notte fonda.
-Torno presto, promesso- farfugliò Tim, mentre apriva il bagagliaio della sua auto e caricava il corpo. Nel sollevarlo emise un gemito di dolore, causato dalla ferita che portava alla spalla.
Le sorrise lievemente, come volesse rassicurarla, poi chiuse la porta.
Trovatasi sola, la ragazza iniziò a camminare nervosamente avanti e indietro. Avrebbe voluto piangere, ma qualcosa glielo impediva; si sentiva estremamente ansiosa. 
Abbassò lo sguardo sul pavimento, laddove si allargava quella terribile pozza di sangue che aveva imbrattato la moquette; e la sua mente iniziò a viaggiare. Tutti gli assurdi eventi che aveva vissuto, avevano cambiato per sempre il suo modo di vedere le cose.
Fino a quel momento aveva vissuto una vita normale, un po' come tutte le sue coetanee; era cresciuta in una famiglia felice, ed essendo figlia unica aveva da sempre avuto le attenzioni dei genitori tutte per se.
Non aveva mai conosciuto il dolore, né fisico né psicologico; e non ne aveva mai, mai, mai causato ad altri.
Era stata quel tipo di bambina che si rifiutava di schiacciare le zanzare quando queste al pungevano, perché provava pena anche per il più piccolo ed insignificante degli insetti; ed ora?
Aveva appena contributo all'omicidio di un ragazzo che neanche conosceva.
Si mise a sedere sul divano, con la testa tra le mani.
Ancora una volta si impose di non piangere; non sarebbe servito a niente. Ma la sua mente continuava a viaggiare, a mostrarle ricordi e pensieri che avrebbe voluto soltanto scacciare.
Iniziò a chiedersi se Tim sarebbe davvero tornato, o se sarebbe sparito lasciandola da sola in quella casa vuota.
In quel momento provò una paura tremenda, al solo pensiero di restare da sola.
Aveva bisogno di lui; aveva bisogno del conforto di qualcuno che la capisse, e soprattuto che sapesse gestire quella situazione che per la sua mente restava ancora indecifrabile ed intollerabile.
Si alzò in piedi emettendo un sospiro profondo, e si disse che avrebbe dovuto tenersi impegnata in qualche modo, per non cadere in paranoia.
Frugando nei mobili riuscì a trovare qualche straccio, un secchio e dello sgrassatore; probabilmente l'azione di quest'ultimo avrebbe rovinato la moquette, ma doveva pur pulirla con qualcosa.
Si mise in ginocchio accanto alla pozza di sangue, con una buona dose di sgomento dipinto sul viso, e gettò a terra un po' d'acqua iniziando a strofinare.
L'odore del sangue le fece salire un conato di vomito; adesso quella sostanza era sulle sue mani. Strinse i denti e continuò a pulire, strizzando lo straccio nel secchio per ripulirlo dall'acqua sporca. A lavoro finito la moquette risultava ancora macchiata, ma era decisamente meno sporca di prima.
Bianca si recò nel bagno e lavò accuratamente le mani e le braccia, non solo per rimuovere i residui di sporco ma anche per togliersi di dosso, concettualmente, quella sensazione di colpevolezza.
Fece un balzo quando la porta d'ingresso si aprì in modo improvviso; si sporse oltre la porta del bagno, e con immensa gratitudine realizzò che fosse Tim.
Si sentì esternamente sollevata; aveva davvero temuto che lui non sarebbe mai ritornato.
-Tutto... Tutto bene?- balbettò, avvicinandosi a lui.
Il ragazzo richiuse la porta dietro di sé ed annuì, tenendo lo sguardo basso. Era palesemente in crisi, in realtà. 
Aveva appena gettato nel bosco il cadavere di un ragazzo innocente, morto per mano sua; ed era già la seconda vittima che mieteva, in quegli ultimi due giorni.
Era esausto di quella vita che gli dava solo dolore; stanco di respirare veleno in quel mondo che pareva non appartenergli; stanco di trovarsi in situazioni di quel tipo e di dover vivere soffocato dal dolore e dal senso di colpa.
-Non so perché ma avevo creduto... Che non saresti tornato più- mormorò Bianca, avvicinandosi.
Aveva bisogno di un contatto, e probabilmente quello stesso bisogno era condiviso anche da lui.
Stava per abbracciarlo, ma quando giunse così vicina ebbe invece l'istinto di baciarlo.
Poggiò le labbra sulle sue con un movimento così istintivo che si sorprese di sé stessa.
E Tim, in quel momento, non poté far altro che ricordare di essersi trovato, in passato, in una situazione troppo analoga... Ma con Brian.

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