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Bianca poggiò i palmi sul materasso per non cadere, ed iniziò a lanciare lo sguardo a destra e sinistra in quell'oscurita con il cuore che batteva all'impazzata nel petto.
Solo un attimo dopo la porta della camera si aprì violentemente, e l'ambiente fu inondato di luce non appena Tim ebbe premuto l'interruttore.
La trovò immmobile, con il volto carico di paura e lo sguardo fisso sulla finestra oscurata dalla tenda veneziana.
- C'è... C'è qualcosa lì fuori..- balbettò, in preda al panico.
Il ragazzo la guardò preoccupato per una frazione di secondo, poi si diresse frettolosamente alla finestra.
-No aspetta, che fai!- gli gridò, mentre lui si accingeva ad infilare le dita tra le asticelle della veneziata in modo da poter guardare oltre al vetro.
Fece scorrere rapidamente lo sguardo sull'erba del giardino, dove a causa dell'oscurità della notte poteva distinguere a malapena le linee del paesaggio, per poi spostare lo sguardo sull'ingresso della casa. Guardò con molta attenzione, ma non vi era nessuno; solo un paio di farfalle che si scontravano con la luce del faretto.
Tim si voltò indietro, con la fronte aggrottata.
-Che aspetto aveva?- chiese, impaziente.
Bianca deglutì e riprese ad annaspare, ancora terrorizzata. -Non lo so, lui...- balbettò. -Lui non aveva la faccia...-.
Parlava a fatica, con il fiato mozzato dal terrore.
Sul volto del ragazzo apparve in quel momento davvero molta preoccupazione. Scrutò l'esterno ancora una volta senza dire niente, poi si allontanò dalla finestra.
-È lui...- mormorò.
Bianca scosse la testa, facendo dondolare i capelli arruffati. -Lui chi? Quella cosa che ti segue?- chiese, con la voce che tremava.
Tim annuì con un vago cenno del capo. -Posso supporre che segua entrambi, al momento-.
-La... La porta d'ingresso è chiusa a chiave, vero?- domandò ancora la ragazza, scossa da un brivido.
Lui annuì ancora, e sollevò stancamente le spalle. -Sì, ma... Non è che serva a molto-.
Si pentì quasi subito di aver fornito quella risposta, perché vide accendersi nel volto di Bianca un terribile sgomento.
In quel momento, la ragazza aveva realizzato che probabilmente tutto ciò che lui le aveva detto fino a quel momento era vero. Questa consapevolezza era positiva, perché adesso sapeva che Tim non era un bugiardo e che probabilmente stava davvero cercando di proteggerla; allo stesso tempo però, adesso la ragazza aveva avuto prova del fatto che quel mostro orripilante esistesse davvero, e per qualche motivo le stava dando la caccia.
-Cosa facciamo, adesso?- chiese, passandosi una mano sul volto paonazzo.
Tim non rispose subito; parve pensare. La sua preoccupazione al momento non era tanto la presenza dell'operatore, quanto il fatto che avesse potuto prendere il controllo del suo corpo ed indurlo a farle del male.
-Okay, beh, credo che se ne sia andato- mentì, per tranquillizzarla. -Ma è comunque meglio restare in guardia-.
Le fece cenno di seguirlo e la condusse in salotto, dove ispezionò con cura ogni singola finestra per poi mettersi a sedere sul divano. Infilò una mano in tasca ed estrasse il contenitore delle sue pasticche; svitò il tappo, e ne fece scivolare quattro o cinque nel palmo della mano.
-Perché ne stai prendendo... Così tante?- mormorò Bianca, mettendosi a sedere al suo fianco. Il suo corpo ancora tremava, ma aveva recuperato la calma.
-Non preoccuparti di questo- si limitò a dirle lui, deglutendo le capsule con una piccola sorsata d'acqua.
Tornò a riporre la scatola nella tasca dei suoi jeans, e volse il suo sguardo a lei. -Tutto ok?- le chiese.
La ragazza annuì, abbassando la testa.
-Se vuoi riposare, sto io di guardia- le disse ancora.
-Non credo che riuscirei a dormire- mormorò lei, sospirando. Tacque per una lunga manciata di secondi, poi tornò a parlare. -Quella... Cosa- balbettò. -Hai idea di cosa sia?-.
Tim sprofondò con la schiena nel divano, e sollevò lo sguardo al soffitto.
-No, non lo so- rispose, espirando. -So solo che mi tormenta da quando ero un bambino-.
Bianca annuì vagamente. -E... non ne hai parlato con nessuno?-.
-Secondo te?- grugnì lui, irritato. Ma si ricompone subito dopo. -Certo che sì, ma... Nessuno mi ha mai creduto-.
La ragazza tacque, a lasciò che fosse lui a dirle ciò che voleva senza forzarlo con altre domande.
-La mia infanzia è stata un inferno..- rivelò, con un tono strozzato che lasciava trapelare una grande sofferenza. -Sono stato in cura presso molti psichiatri infantili, fino a che mia madre...-. Si interruppe, forse per smorzare le crudeli emozioni che lo stavano assalendo.
-Fino a che mia madre non si è stancata di me. Mi ha fatto ricoverare in una clinica, dove sono cresciuto- spiegò.
Taque ancora, questa volta facendo una pausa più lunga.
-All'inizio veniva a trovarmi; ero solo un bambino, non facevo che piangere perché volevo tornare a casa mia. Ma poi... Non è mai più venuta a farmi visita- rivelò, con rammarico.
Bianca a quel punto trovò il coraggio di voltarsi verso di lui, e vide un profondo vuoto nei suoi occhi.
-La diagnosi era incerta, ma dissero che era molto probabile che soffrissi di schizofrenia-. Sospirò pesantemente, avvolgendo le mani dietro alla nuca. -Mi hanno... Bombardato di farmaci per anni; non ricordo quasi niente di quel periodo perché ero costantemente sedato-.
-E poi?- domandò la ragazza, seppur con timidezza.
-Poi sono cresciuto, e pareva che la mia situazione fosse migliorata. Ho iniziato ad andare al college, ed è lì che ho... Incontrato Brian-. Nel pronunciare quell'ultima frase, la sua voce tremò.
-Mia madre non ha mai più voluto vedermi, per questo vivo da solo già da molto tempo-. Abbassò lo sguardo, incrociando quello di Bianca.
-Quella... cosa, ha sempre fatto parte della mia vita. E credo che non mi lascerà mai, ma almeno adesso... So di non essere pazzo-.
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