₵₳₱ł₮ØⱠØ 21

Tim giocherellava con una penna, girandola tra le sue mani sudate.
Il dottore seduto davanti a lui, basso e paffuto, era esattamente il tredicesimo professionista privato che si prendeva carico del suo caso a partire da quando era un bambino; questo, escludendo gli psichiatri della clinica e quelli che Tim aveva rifiutato alla prima seduta.
-Ti posso garantire che la terapia farmacologica può fare davvero dei miracoli, in casi come il tuo- gli aveva detto il dottore, che a differenza dei suoi colleghi aveva l'abitudine di sedersi vicino all'interlocutore, e non dietro alla scrivania. Sosteneva che tale distanza potesse innalzare un muro tra se stesso ed i suoi pazienti.
-Tuttavia, Timothy... I farmaci non sono magici, la loro efficacia dipende anche da te-.
Il ragazzo teneva lo sguardo basso, ancora intento a giocherellare con la penna.
-Fino a che non ti sarai convinto che ciò che vedi non è reale, la terapia continuerà a risultare inefficace-.
Quel giorno pioveva; Tim lo ricordava bene, perché aveva dimenticato di chiudere le finestre del suo appartamento ed al suo ritorno a casa aveva trovato il pavimento allagato.
-Ascoltami bene, Timohty- aveva insistito lo psichiatra, accavallando le gambe goffamente. -Per quanto le tue allucinazioni possano essere vivide, plausibili e paurose, restano pur sempre delle allucinazioni. E tu non devi mai avere dubbi su questo, o continuerai ad avere difficoltà a distinguere realtà da immaginazione-.
-Quella... Cosa...- balbettò il ragazzo, finalmente posando la penna sulla scrivania. -Mi segue... Ed è reale, nessuno mi crede ma io so che è reale-.
Il dottore emise un sospiro. -Ok, Timothy, adesso rispondi a questa domanda. Ti ha mai toccato?-.
Tim sollevò lo sguardo, ma non rispose.
-Hai mai percepito un contatto fisico con il mostro che dici di vedere?-.
-No, ma lui... Non ha bisogno di toccarmi, è sufficiente la sua vicinanza per...-.
-E non ti sei mai chiesto perché?- lo interruppe lo psichiatra.
Nello studio calò il silenzio, fino a che l'uomo non sorrise e riprese a parlare. -Non può toccarti perché non esiste. Ecco perché-.
Tim era tornato a far dondolare la testa, fissando il pavimento. Nessuno era mai stato disposto a credergli.
Eppure lui, nonostante tutto, era fermamente convinto di non essere pazzo come i medici continuavano a sostenere.
-Segui la terapia e fidati di me, Tim. Vedrai che le cose andranno meglio...- concluse il dottore, picchiettando il palmo della mano sulla spalla del giovane paziente.
-E la prossima volta che vedi quel mostro, ripensa alle mie parole. Vedrai che sparirà-.
_________

La berlina si fermò di fronte ad una piccola villetta dall'aspetto trascurato, sotto ad un garage coperto ove nel tempo erano state ammassate fin troppe cianfrusaglie inutili.
Tim spense il motore e sgusciò fuori, guardandosi intorno come se temesse di essere stato seguito da qualcuno.
Bianca lo seguì con titubanza, osservandolo mentre inseriva la chiave nella serratura della porta chiara, la cui verniciatura era stata usurata dal tempo. Ebbe una forte esitazione quando il ragazzo la spalancò, e le fece cenno di entrare.
Nonostante questo, strinse le labbra e varcò la soglia.
-Scusami per il casino- le disse Tim, affrettandosi a richiudere la porta subito dopo. -Non sono esattamente una persona ordinata-.
Bianca si guardò intorno; si trovava in un salotto, riempito da un divano in pelle color crema, qualche mobile ed un televisore; una piccola cucina che si estendeva in verticale comunicava con quella stanza attraverso una sottile parete di cartongesso.
Vi era qualche scatolone gettato a terra, assieme ad altre cianfrusaglie inutili.
Quella casa aveva un aspetto davvero molto... Freddo.
Nonostante fosse piena di roba, era totalmente priva di elementi d'arredo che avrebbero potuto rendere l'ambiente più caldo ed accogliente.
-Vivi quì da solo?- domandò istintivamente Bianca.
Tim, che era ancora in piedi davanti alla porta chiusa, annuì con un cenno del capo.
-Vedo di trovare dei vestiti che possano andarti bene- le disse, per poi allontanarsi lungo il corridoio.
Trovatasi da sola, la ragazza iniziò ad esplorare l'ambiente con le braccia ancora avvolte attorno al busto ancora bagnato. La sua attenzione fu catturata dalla presenza di due flaconi di pasticche riposti sulla penisola della piccola cucina; erano identici a quello che Tim teneva in tasca.
Iniziò a gironzolare nel salotto per scacciare via la tensione, finché non decise di mettersi a sedere sul divano.
Il ragazzo tornò nella stanza dopo diversi minuti, stringendo tra le mani una piccola pila di vestiti.
-Onestamente non ho idea di quale taglia tu possa portare- le disse, riponendo la pila sul bracciolo del divano. -Ma forse tra questi troverai qualcosa che puoi indossare-.
Fece un passo indietro, lievemente imbarazzato. -Ovviamente è roba mia, quindi...- borbottò. -Saranno tutti troppo larghi-.
Bianca si alzò in piedi e sorrise, ammaliata dal vederlo impacciato in quel comportamento così gentile.
-Andranno benissimo, grazie- gli disse, afferrando i vestiti asciutti e puliti con grande sollievo. Tim non era affatto grasso, ma aveva una corporatura massiccia; tuttavia, doveva aver selezionato per lei gli abiti che meglio potevano adattarsi al suo corpo esile.
-Il... Bagno è oltre quella porta- disse ancora lui, indicando con un dito il fondo del corridoio.
-Fai pure una doccia calda, se vuoi-.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top