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Il rumore di una serie di passi lenti, che infrangevano cocci di bottiglie, strappò Tim da un breve sonno.
Si ritrovò nuovamente disteso con la faccia a terra; le sue narici inalavano polvere, le sue labbra aderivano al pavimento.
Sollevò la testa con una certa fatica, mettendo progressivamente a fuoco l'ambiente che adesso lo circondava; una stanza spoglia, delimitata da mura ricoperte di crepe il cui intonaco stava inesorabilmente cadendo a pezzi.
Puntò i palmi a terra e piegò le ginocchia, per poi issarsi sulle gambe senza smettere di scrutare l'ambiente.
A giudicare da ciò che vedeva, si trovava certamente all'interno di una struttura abbandonata da tempo. Il pavimento sotto alle suole infangate delle sue scarpe era ricoperto da frammenti di mattoni spezzati e cocci di bottiglie; nessun resto di mobili o decorazioni era presente in quella stanza.
Tim passò le mani sui suoi jeans per scacciare via la polvere; aveva recuperato una piccola parte della sua coscienza, ma ancora non era capace di compiere un ragionamento, motivo per il quale neanche si chiese come fosse arrivato in quel luogo.
Spostò lo sguardo sull'ingresso in direzione di quel rumore di passi che ora parevano essere molto vicini, e notificò la presenza di due figure umane dai volti coperti che, con indifferenza, entrarono nella stanza una alla volta.
Il primo, il più alto e massiccio, indossava una felpa gialla che ne copriva il torso, ed il cappuccio si calava sulla sua testa; un passamontagna nero celava invece completamente l'espressione del suo volto, rappresentata dal disegno stilizzato di un paio d'occhi rossi ed una bocca piegata all'ingiù.
Il secondo individio, più basso e gracile, indossava un paio di grossi occhiali rotondi ed una maschera di ferro ne copriva naso e bocca; reggeva altresì saldamente un paio di grosse accette da boscaiolo.
Tim restò immobile a guardarli, facendo scorrere lo sguardo prima sull'uno poi sull'altro; in condizioni normali probabilmente avrebbe tentato la fuga, ma il suo attuale stato mentale non gli consentiva di comprendere il potenziale pericolo.
L'individio con la felpa ed il passamontagna si avvicinò a lui di qualche passo, per poi allungare una mano ed indicare il pavimento.
-Non dovresti stare a volto scoperto- esclamò, facendo risuonare tra le mura spoglie una voce rilassata che pareva essere quella di un ragazzo.
-Lui non vuole- si intromise l'altro, che probabilmente aveva un'età minore rispetto al collega.
Tim abbassò lentamente la testa e si accorse che la sua maschera era adagiata a terra, vicina ai suoi piedi; neanche si era reso conto di non averla più sulla faccia.
Chinò le ginocchia e la afferrò, nello stesso momento in cui un suono intermittente e fastidioso tornava ad insinuarsi nelle sue orecchie.
La sua mano tremò lievemente mentre, con la coscienza che tornava a spegnersi del tutto, adagiava la maschera sul suo volto.
Il ragazzo col passamontagna annuì compiaciuto con una serie di brevi movimenti del capo. -Hoodie- disse poi, indicando sé stesso.
-Toby- lo seguì immediatamente dopo la voce del secondo individuo armato di accette.
-Credo che lui voglia vederti-.
Hoodie si voltò di spalle con indifferenza, incamminandosi lungo il corridoio; mentre Toby, prima di seguirlo, lanciò un'occhiata curiosa al nuovo arrivato.
Il fiato di Tim si infrangeva sulla maschera, mentre immobile osservava la strana coppia allontanarsi. Spinto da una volontà che non era la sua, iniziò a sua volta a camminare calciando involontariamente una bottiglia vuota.
Quella che pareva essere la luce del mattino penetrava di finestroni posti in alto, ed illuminava un lungo corridoio delimitato da una serie di stanze. In quella zona della struttura doveva essere divampato un incendio, perché delle inquietanti chiazze nere ricoprivano gli angoli, alcune pareti e ciò che restava degli infissi.
Nonostante la sua attuale condizione, Tim non poté che riconoscere immediatamente quel luogo; si trattava della clinica nella quale fu ricoverato per lunghi mesi durante la sua infanzia.
Era passato molto tempo da allora, e l'ambiente era molto cambiato; laddove v'erano stati corridoi limpidi adesso cadevano al suolo porzioni di intonaco, e in quelle stanze dove gli psichiatri lo sottoponevano ad attività mirate a comprendere la malattia che lo affliggeva, adesso restavano solo carcasse di vecchi archivi bruciate dalle fiamme e corrose dal tempo.
Se fosse stato più lucido avrebbe certamente avuto un crollo psicologico nel ritrovarsi in quel posto dopo tanti anni; ma Tim procedeva incurante di tutto, con lo sguardo fisso sul fondo del corridoio.
Il rumore statico ed insistente si accentuava nella sua testa, man mano che si avvicinava all'ingresso dell'ex struttura sanitaria; aveva del tutto perso di vista gli altri due, ma non se ne curò minimamente.
Ad attenderlo davanti alla porta, l'operatore.
La sua figura immobile era così alta da non essere interamente visibile da quella prospettiva; Tim accellerò il passo avvicinandosi all'entità.
Essa non parlò, né compì il più piccolo dei movimenti.
Tuttavia, l'ordine che impartì telepaticamente nella mente del ragazzo giunse forte e chiaro.
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