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Tim e Brian erano stati amici durante tutto il periodo del college, e tali erano rimasti anche in seguito.
Non gli fu più possibile vedersi tanto spesso quanto prima, soprattutto a causa del fatto che Brian aveva trovato un lavoro full time; Tim, invece, nel frattempo aveva suo malgrado assistito ad un peggioramento della propria salute mentale, motivo per il quale frequentava fin troppo spesso il locale centro d'igiene mentale nonché uno specialista privato che aveva preso a cuore il suo complesso caso.
Nonostante tali imprimenti, tuttavia, i due ragazzi non si erano emotivamente allontanati; si telefonavano spesso, restando ore intere con il cellulare premuto sull'orecchio anche senza aver nulla da dire. Il loro rapporto restava solido, nonostante Brian risentisse molto del peggioramento del quadro clinico di Tim.
Spesso risultava aggressivo; era diventato più impulsivo, e troppo spesso sospettoso riguardo a tutto ciò che viveva. Era come se non fosse più in grado di contenere le emozioni come aveva fatto fino ad allora, come se si fosse in qualche modo danneggiato il filtro che separava la parte malata della sua mente dal mondo che lo circondava.
Tim era diventato paranoico, a volte diceva a Brian cosa che lui non riusciva neanche a capire.
Ma nonostante tutte quelle complicazioni, il castano non aveva mai smesso di apprezzare immensamente la sua compagnia. Conosceva la storia di Tim, sapeva quali drammi lo perseguitavano anche se il moro non era mai stato particolarmente chiaro a riguardo; ma soprattutto, sapeva quanto fosse stanco o meglio esausto della sua situazione.
Tim gli aveva parlato dei suoi vuoti di memoria, delle volte in cui si era risvegliato in posti nei quali non ricordava di essere mai andato; ed aveva parlato di qualcosa che gli capitava di vedere.
Con la consapevolezza del dolore che ciò gli procurava, Brian non lo aveva mai respinto o colpevolizzato; al contrario, era certo che in qualche modo tutto ciò potesse avvicinarlo ancor di più all'altro, quantomeno sul piano emotivo.
Tuttavia, una sera, Brian realizzò con asprezza che fino a quel momento aveva sottovalutato i problemi mentali di Tim.
Era usciti insieme, come capitava un paio di volte alla settimana, ed avevano deciso di andare al bowling. Il moro quella sera pareva nervoso; si era comportato in modo insolito per quasi tutto il tempo, pareva essere teso e sofferente per qualche motivo.
Non aveva azzeccato nemmeno un tiro, la palla finiva quasi sempre nei gutters prima di sfiorare i birilli; sembrava come sconnesso da ciò che aveva intorno.
E quando Brian aveva tentato di parlare con lui, fuori dal locale, Tim si era fatto improvvisamente aggressivo.
Non aveva rivelato che cosa in lui non andasse, non aveva dato una risposta a nessuna delle domande che l'altro gli aveva posto. Si era mostrato estremamente stressato, tanto da finire per aggredire fisicamente Brian.
-Non cercarmi più, capito?- gli aveva gridato, strattonandolo per la maglietta. -Non cercarmi mai più-.
A seguito di quella vicenda, il castano era tornato a casa con il colletto strappato ed un livido sulla spalla; ma non era assolutamente riuscito a capire che cosa fosse successo.
Tim lo aveva allontanato bruscamente dalla sua vita senza dargli una vera e propria spiegazione.
-Sono malato- aveva farfugliato, dopo esser riuscito finalmente a calmarsi, mentre si allontanava stringendo forte il petto tra le braccia come per contenere la sua stessa rabbia.
La verità è che non era arrabbiato con l'amico, ma con il mondo intero per ciò che gli stava capitando. -E non guarirò, chiaro? Quindi dimenticati di me-.
Dopo quella sera, Tim rifiutò del tutto ogni contatto con l'amico, motivo per cui da allora non si erano mai più rivisti.
________
-Tim, stai bene?-.
La voce di Bianca riportò il ragazzo al presente. Sollevò la testa e si accorse soltanto allora di aver probabilmente fissato immobile quel muro per molto più tempo di quanto pensasse.
-Noi... Avevamo litigato- mormorò, sfiancato da quel ricordo che adesso pareva doloroso come una lama di coltello conficcata nella schiena. -L'ultima volta che l'ho visto abbiamo litigato... E l'ho trattato davvero molto male- spiegò.
La ragazza non disse niente; restò in silenzio a guardarlo. Nonostante per lei fosse poco più di uno sconosciuto, si rese conto che avrebbe voluto farsi carico di un po' di quel dolore, per farlo stare meglio; ma ciò non sarebbe stato in nessun modo possibile.
-Volevo solo difenderlo- continuò a dire Tim, stringendo i pugni. -Ma non so se lui avesse capito-.
Abbassò lo sguardo sui suoi vestiti, ancora zuppi e pieni di fango; adesso poteva di nuovo sentirlo, quel freddo penetrante.
-E... Non è servito a niente. L'operatore se l'è preso lo stesso- concluse.
Bianca avvolse le braccia sul petto ed assunse un'espressione rammaricata. -Se è vero ciò che dici... Non è stata colpa tua- mormorò, nel tentativo di offrirgli conforto.
Tim espirò fortemente per scaricare un po' di tensione. -Sì, ma sono stato io ad ucciderlo- disse, alzandosi in piedi con un po' di fatica; la sua gamba destra era ancora dolorante, ma non se ne curava minimamente.
-La pioggia sta calando- aggiunse, voltando la testa in direzione della porta aperta. -Dobbiamo andarcene da quì-.
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