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La nuova psicologa era piuttosto giovane, considerando l'età media dei professionisti che si erano approcciati a Tim.
Era il loro terzo incontro; lo osservò entrare nello studio allargando un enorme sorriso, ed intrecciò le mani sulla scrivania nel momento in cui il ragazzo si accomodò al suo cospetto.
-Allora Timothy, mi porti buone notizie?- domandò, espandendo nell'ambiente la sua voce gentile.
Tim fece scorrere lo sguardo sugli oggetti riposti sulla scrivania; un portapenne a forma di tazza, una pila di biglietti da visita, uno stupido soprammobile a forma di lumaca ed infine una copia della sua cartella clinica.
-Io... Non lo so, in realtà- mormorò, stringendo le spalle. Sul suo viso era cresciuta un po' di barba, che non si era più curato di tagliare; il recente aumento delle dosi della sua terapia l'aveva reso stanco e svogliato.
La psicologa fece una piccola risata, ma non risultò fastidiosa perché contenuta ed educata. -Saprai dirmi, almeno, come stanno andando le cose al college?- domandò, afferrando una penna che da lì a poco avrebbe utilizzato per segnare degli appunti.
-È stata certamente un'esperienza completamente nuova per te, com'è andata fin'ora?-.
Il paziente spostò lo sguardo sulla porta dello studio. Era stanco delle sedute, delle terapie, di dover rendere conto ad altri di ogni cosa che riguardasse la sua vita; in quel momento avrebbe solo voluto andarsene.
-Credo di detestare quel posto- ammise, questa volta incrociando lo sguardo della giovane donna.
Lei annuì vagamente. -Hai difficoltà a reazionarti con i tuoi coetanei?- domandò ancora.
-Ovviamente sì- rispose lui, leggermente disturbato da quella domanda. Era cresciuto tra le sterili mura di una clinica, bombardato di farmaci e sedato quasi ogni giorno, avendo zero contatti con il mondo esterno.
Non era forse ovvio, che avrebbe trovato difficoltà nelle relazioni?
-Non sei riuscito... Ad intraprendere una conversazione proprio con nessuno?- insistette a chiedere la psicologa, che nel frattempo aveva iniziato a scrivere qualcosa sulla cartella clinica che teneva aperta davanti a se.
Tim aggrottò la fronte e tacque; nella sua mente apparve quasi automaticamente il volto sorridente ed amichevole di Brian.
-Tim?.. Hai capito la domanda?-.
Il ragazzo scosse la testa, come per cercare di riprendere contatto con la realtà. A causa dei pesanti farmaci che stava assumendo, per lui era fin troppo facile perdersi nella propria mente e scollegarsi da ciò che lo circondava.
-In realtà credo... Di avere un amico- rispose, con un accenno di sorriso.
_____________
Una pioggia leggera iniziò a scendere dal cielo grigio, aumentando progressivamente la sua intensità.
Tim non mosse più un singolo muscolo; stringeva quella ragazza tremante tra le sue braccia, con lo sguardo fisso in un punto indefinito.
Era probabilmente la prima volta in vita sua, che aveva un contatto così ravvicinato con qualcuna che non fosse un'infermiera intenta a tenerlo fermo, ma in quel momento non se ne curò.
Bianca non riusciva a smettere di piangere; singhiozzava rumorosamente, travolta da una disperazione che mai aveva provato prima. Fino a quel giorno aveva avuto una vita semplice, forse monotona, ma decisamente felice; non aveva mai avuto occasione di conoscere il vero dolore, di toccare quel nero di pece che all'improvviso aveva ricoperto il mondo attorno a lei, incollandosi alle suole delle sue scarpe come volesse trascinarla dritta all'inferno.
Adesso, nel giro di pochi attimi, si ritrovava scaraventata in un incubo dal quale non avrebbe mai potuto svegliarsi.
Con la mano destra afferró un lembo della camicia di Tim, stritolandolo dentro al pugno, mentre con la guancia ancora poggiata sulla sua spalla stava riuscendo finalmente a calmarsi.
Rilassò i muscoli delle sue braccia fino a lasciarle cadere lungo i fianchi, poi si ritrasse come se improvvisamente si fosse sentita a disagio per quel suo comportamento troppo invasivo.
Abbassò lo sguardo, asciugando le guance con i palmi delle mani, e tirò su con il naso un paio di volte.
-Scusami, io... - mormorò. Ma non terminò quella frase, perché infondo neppure lei sapeva che cosa avesse voluto dire.
Tim incrociò il suo sguardo, con un volto preoccupato ma distaccato allo stesso tempo.
Si stava lasciando catturare emotivamente da quella situazione, e la cosa non gli piaceva affatto. Aveva già troppi problemi, per accaparrarsi anche quelli di qualcun'altro.
-Trova qualcuno che ti dia un telefono, o che ti indici la via per la centrale di polizia più vicina- le disse, fingendo un distacco emotivo che in realtà non aveva. - Và a cercare aiuto. Non puoi tornare a casa ora, l'appartamento sarà stato sicuramente sigillato-.
Bianca lo guardò spaesata, senza riuscire a spiegarsi il perché di quell'improvviso cambio di posizione da parte del ragazzo.
-Sicuramente la polizia ti aiuterà, e ti fornirà un posto provvisorio dove stare-.
-Aspetta, e tu?- domandò a quel punto, passando una mano sulla fronte con disperazione.
Tim tacque per qualche secondo come se avesse avuto bisogno di riordinare i pensieri. Indietreggiò poi di un passo, ed abbassò la testa portandosi una mano dietro alla nuca.
-Non preoccuparti per me- le rispose, scuotendo la testa. -Ti chiedo solo... Di non dire alla polizia che ero presente anch'io, ieri notte-.
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