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Tim giocherellava nervosamente con le dita, tenendo lo sguardo basso.
Il suo corpo era irrigidito, il suo fiato corto.
-Non ti vanno molto bene le cose, uh?- gli chiese Brian, sistemandosi a sedere nella sedia accanto.
Lui fece debolmente cenno di no con la testa, contiuando a tenere lo sguardo fisso sulle sue stesse mani.
-Pare di no- rispose, diretto.
Nell'aula vi era un via vai di studenti, che si raggruppavano sulla porta e sui banchi in fondo alla stanza.
I loro schiamazzi rimbalzavano sulle pareti spoglie, generando un riverbero fastidioso.
Il castano poggiò una mano sulla sua spalla e lo scosse lievemente, per farlo girare verso di sé. -Sai ti capisco, anche io ho avuto problemi a relazionarmi in passato- tentò di rassicurarlo.
Ma Tim emise un pesante sospiro e iniziò a torturarsi le mani, conficcando le unghie nei palmi già ricolmi di escoriazioni.
-Questo è... Un pò diverso- commentò, distogliendo quasi subito lo sguardo.
-Io... Sto davvero iniziando a rimpiangere la clinica-.
Brian lo osservò in silenzio, senza sapere che cosa dire. Era un ragazzo davvero timido ed introverso, Brian, seppur grazie alla sua intelligenza ed estrema gentilezza fosse fosse riuscito a farsi molti amici in quell'ambiente.
Sorrise, poi gli diede un piccolo schiaffo sulle mani. -Intanto smettila di farti male- gli disse, sollevando le sopracciglia.
-E poi Tim, ti ripeto; se hai bisogno di qualcosa, chiamami. Okay?-. Allargò ancora una volta un candido sorriso, che questa volta Tim ricambiò.
-Che ti piaccia o no, voglio esserti amico-.
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Bianca sollevò le mani e le passò tra i suoi capelli color sabbia, sistemando alcune ciocche dietro alle orecchie.
-Io... Non so cosa dirti- esclamò, lanciando uno sguardo preoccupato a Tim. -Ma di certo non voglio restare quì, quindi...-.
Mentre parlava, allungò lo sguardo all'orizzonte, laddove tra i rami intrecciati degli alberi erano visibili i profili di alcuni palazzi.
-Andiamo a cercare aiuto. Okay? Se dici che tornare a casa è pericoloso... Cerchiamo aiuto-.
Tim la osservò in silenzio per una lunga manciata di secondi. Si disse che in effetti quella era al momento la miglior cosa da fare, anche se non avrebbe di certo potuto rivelare alla polizia di essersi intrufilato nell'abitazione di una ragazza ed averla aggredita.
-..Va bene- le rispose, infilando distrattamente le mani nelle tasche dei jeans. -Andiamo, allora-.
I due ripresero a scendere il pendio, questa volta procedendo molto più rapidamente potendo contare sulla visibilità garantita dalla luce del giorno.
Tim apriva la fila, valutando quali fossero i passaggi meno rischiosi mentre lentamente percorreva il crinale di quel piccolo promotorio boschivo. Ogni tanto si voltava indietro per qualche attimo, giusto per essere sicuro che Bianca lo stesse ancora seguendo.
Lei camminava con lo sguardo puntato a terra per essere sicura di non inciampare su qualche sasso o radice; era esausta, non vedeva l'ora di tornare a casa e chiudere per sempre quell'assurda faccenda.
-Non mi hai... Detto come ti chiami- mormorò, mentre era intenta a spostare un ramo che intralciava la sua strada.
Il ragazzo rispose senza voltarsi. -Mi chiamo Tim-.
-Io invece... Sono Bianca- disse, accellerando il passo per non rischiare di restare indietro.
Tim stava per dirle che già conosceva il suo nome, siccome aveva sentito sua madre pronunciarlo la sera precedente; ma valutò che fosse preferibile restare in silenzio.
Impiegarono una decina di minuti per riuscire a scendere lungo il crinale, e si ritrovarono finalmente dinnanzi alla strada statale che interrompeva bruscamente la zona boschiva separandola dal centro abitato.
Tim si fermò non appena ebbe poggiato i piedi sull'asfalto, ed attese che non vi fossero auto in arrivo prima di attraversare seguito dalla ragazza.
- Là c'è un bar!- esclamò quest'ultima, indicando con il dito un piccolo locale che occupava l'angolo di una palazzina.
Vi erano delle vetrate attraverso le quali si intravedeva una fila di sciatti tavoli in plastica, ed un'insegna scolorita avvitata malamente sulla facciata.
-Chiediamo un telefono e chiamiamo i soccorsi...- borbottò ancora, accellerando il passo fino a superare Tim.
Lui taque, osservando l'esterno del bar con preoccupazione; non voleva finire nei guai, perciò avrebbe dovuto accertarsi che Bianca non dicesse a nessuno della sua aggressione.
Strinse i pugni e la seguì, osservando involontariamente il profilo snello del suo corpo malcelato dalla canotta che indossava.
La guardò mentre varcava con decisone l'ingresso del piccolo bar, per poi raggiungerla con una breve corsetta.
All'interno, un paio di individui poco raccomandabili poggiavano i gomiti sudici sul bancone di legno, dietro al quale una barista sulla cinquantina era intenta a riempire uno shottino di vodka.
Bianca si avvicinò nonostate all'improvviso si trovasse in totale imbarazzo; i suoi abiti, in effetti, erano tutt'altro che adeguati a quella situazione. La sua canotta era così sottile da rendere fin troppo evidente la forma del suo seno, dettaglio che agli occhi dei due ubriaconi non sfuggì di certo.
Le lanciarono una serie di sorrisi poco sobri mentre lei tentava di attitare l'attenzione della barista agitando le mani; ma proprio in quel momento, spostando lo sguardo di qualche metro, si accorse del piccolo televisore appeso al muro.
Stavano trasmettendo il telegiornale, e le parole che udì uscire dalle casse gracchianti dell'apparecchio elettronico giunsero alle sue orecchie con una violenza atroce.
"....tati rinvenuti due cadaveri proprio questa mattina all'interno di un'abitazione. Si tratta di una coppia di cinquantenni che si erano trasferiti in zona da poco più di un anno. Al momento restano sconosicute le dinamiche dell'aggressione, ma entrambi i corpi dei coniugi presentano evidenti ferite da taglio. È invece scomparsa la figlia poco più che ventenne, la quale presumibilmente si trovava in casa al momento della tragedia".
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