₵₳₱ł₮ØⱠØ 1

Tim torturava le sue mani conficcando le unghie nei palmi, laddove la pelle era più delicata.
La stanza puzzava di sudore e disinfettante.
-Abbiamo bisogno di tempo, Tim, per capire quale principio attivo abbia più effetto sulle tue psicosi-.
La dottoressa parlava lentamente, sistemando di tanto in tanto gli occhiali sul suo naso alla francese.
-Ma vedrai che troveremo il farmaco adatto a te. Dopotutto, hai sofferto degli stessi problemi anche da bambino, e il tuo vecchio psichiatra era riuscito a fartj stare meglio, no?-.
Il ragazzo annuì, passando delicatamente un dito sul rivolo di sangue che adesso fuoriusciva dal suo palmo sinistro.
-Ma ti ripeto, devi avere fiducia-.
Un paio di occhiaie scure decoravano il volto triste e stanco del ragazzo, che adesso rivolgeva lo sguardo alla sua cartella clinica poggiata sul tavolo.
-È solo che... Sono stanco- farfugliò con un filo di voce.
Tra le voci che elencano i sintomi, erano state citate le sue allucinazioni, i black out, le amnesie.
L'intera sua vita fino a quel momento era contenuta in uno stupido pacco di fogli, che passavano tra le mani di psicologi e psichiatri.
-Lo so che sei stanco, Tim- gli rispose la dottoressa, allargando sulle sue labbra strette un sorriso che al ragazzo parve estremamente falso e fuori luogo.
-Ma ti prometto che starai meglio. Per il momento, fai quello che ti ho detto, segui la terapia con scrupolo e non mancare gli appuntamenti. Ok?-.
Le mani di Tim si chiusero in due pugni stretti, che appoggiò sulle ginocchia.
-..Ok-.

.......

Quando Tim riaprì gli occhi, una tremenda fitta di dolore scosse l'intero suo corpo.
Impiegò diverso tempo per capire che si trovava ancora nel bosco, ma qualcosa era cambiato.
Puntando con fatica le mani a terra sollevò il busto, e voltò lo sguardo dietro di sé.
L'operatore era ancora lì, immobile nella medesima posizione. Il lungo completo nero che ne ricopriva il corpo sembrava in nessun modo interagire con il vento, che si abbatteva invece con violenza sui vestiti del ragazzo ormai ricoperti di macchie scure.
Tim scrutò per qualche attimo l'ambiente attorno a sé; ormai il buio della sera aveva inghiottito la foresta, trasformandone i dettagli in un'unica chiazza scura che si allungava in ogni direzione.
Il canto di un gufo echeggiava nell'aria fredda rompendo il silenzio, e mischiandosi armoniosamente al fruscisre delle foglie e dei fili d'erba.
Il ragazzo riuscì ad alzarsi in piedi, scoprendosi nuovamente libero di muovere il suo corpo e trovando estremo sollievo nel cessare di quel tremendo suono che fino a poco prima aveva torturato la sua mente.
Ciò di cui dapprima non si era reso conto, tuttavia, fu il fatto che l'entità avesse preso possesso di buona parte della sua mente.
La quasi totalità delle azioni che stava compiendo in quel momento erano in effetti dettate dalla volontà dell'operatore, che proprio adesso manovrava le sue mani mentre, chinatosi sulle ginocchia, recuperava dal terreno una maschera.
Il bosco tacque, il vento cessò per qualche attimo di soffiare.
Tim afferrò l'oggetto e lo sollevò, per poi girarlo un paio di volte tra le sue mani sporche che adesso, anziché tremare, si muovevano in modo lento e calcolato.
La maschera era completamente bianca, fatta eccezione per i semplici dettagli che vi erano incisi con un pennarello nero: un paio di macchie nere laddove dovevano essere posizionati gli occhi, delle sopracciglia inarcate in modo innaturale ed un paio di labbra sottili.
Timeanche sapeva costa stesse facendo, quando sollevando un braccio adagiò la maschera sul suo volto scoprendo che combaciava alla perfezione con i tratti somatici del suo viso.
L'operatore parve compiaciuto, seppur non si mosse di un solo millimetro; attorno a lui, una sorta di aurea iniziò ad aleggiare distorgendo completamente l'ambiente. I profili dei tronchi, a malapena visibili in quell'oscurità, compivano movimenti sconnessi e rapidi venendo a contatto con la sagoma scura e slanciata dell'operatore.
Un pò come se il mostro, in qualche modo, fosse stato sconnesso con la foresta stessa.
Tim avanzò verso di lui di un paio di passi, tenendo bassa la testa alla quale adesso aderiva quella maschera, simbolo inequivocabile della sua sottomissiome all'operatore. Si fermò dinnanzi a quello che adesso era il suo padrone, con le scarpe saldamente aderenti al suolo e le braccia molle e distese lungo i fianchi.
La sua mente in quel momento era spenta, non gli apparteneva; la sua memoria, totalmente svanita assieme ad ogni tratto della sua reale personalità.
Per questo non accennò minimamente a muoversi, quando l'operatore utilizzando i propri poteri teletrasportò altrove sé stesso ed il ragazzo.
Nel giro di una frazione di secondo, Tim si ritrovò in ginocchio in un luogo a lui completamente sconosciuto.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top