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-Perché ti ostini a non collaborare, Timothy?-.
Il ragazzo puntò i gomiti sulle ginocchia avvolgendo la testa con le mani tremanti.
Il suo petto si espandeva e ritraeva ritmicamente, mettendo il luce la tensione che adesso avvolgeva l'intero suo corpo.
-Devi dirmi quello che è successo- insistette il medico, passandosi una penna blu tra le mani. -E intendo dire, quello che è successo davvero-.
Tim sollevò il capo e prese una boccata d'aria, come fosse appena sommerso da una lunga apnea. I movimenti delle sue iridi erano rapidi, mentre con lo sguardo scrutava tutto fuorché il volto irritato del suo dottore.
-L'altro giorno mi sono risvegliato in un posto...- ammise, parlando con un tono basso e soffocato dall'incombenza di una crisi di pianto. -Non ricordo come ci sono arrivato-.
Il dottore annuì ed impugnò la penna nella sua mano destra, per poi scrivere qualcosa nei suoi appunti. -Quale posto?- chiese, staccando gli occhi dal foglio.
Tim deglutì nervosamente e finalmente incrociò lo sguardo del suo l'interlocutore. -Un parco, era... Un parco- farfugliò. -Quando mi sono risvegliato ero... Disteso dietro ad un cespuglio. Una donna mi stava scuotendo, credeva fossi morto-.
Aveva la gola secca, ed il tremore della sua bocca gli rendeva più difficile comunicare.
-E non ricordi proprio niente, di quello che è accaduto prima?- domandò ancora il medico, che nel frattempo aveva ripreso a scrivere.
Lui scosse la testa, affranto.
-Ho un... Vuoto di memoria- ammise.
-Quanto grande?-.
-In realtà io non... Non ricordo niente di questi ultimi tre giorni-. Abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia, piegate sotto al bordo della scrivania bianca.
Stava tremando, e non riusciva a smettere.
Il dottore assunse un'espressione stupita, sollevando le sopracciglia e stringendo le labbra.
-Ma noi ci siamo visti anche l'altro ieri, Tim. Non ricordi?-.
Il ragazzo tacque; le punte dei suoi capelli scuri ne sfioravano le sopracciglia nascondendo la fronte aggrottata. -Sono... Molto confuso, quindi...- borbottò.
L'espressione sul volto dello psichiatra si fece più rigida. Prese un ultimo appunto muovendo nervosamemte la penna sul foglio, poi sollevò lo sguardo.
-Dobbiamo aumentare le dosi, Tim. Mi dispiace-.
-Non ancora, la prego- mormorò il ragazzo in un lamento soffocato. -Mi rendono uno stramaledetto zombie. Io voglio solo... Fare una vita normale-.
L'uomo scosse la testa. -E credi che senza farmaci sarà meglio?- ribattè. -Quanto tempo passerà prima che tu finisca per farti seriamente del male, Tim?-.
Il moro tacque.
-Sei un mio paziente, e sei sotto la mia responsabilità. Ne abbiamo già discusso Tim, se io decido di apportare modifiche al tuo piano terapeutico è perché so che è la cosa migliore per te-.
Chiuse con un gesto rapido la cartella clinica che aveva riposto davanti a se, ed intrecciò le mani sul tavolo.
-Non preoccuparti. Appena starai un po' meglio, torneremo ad abbassare le dosi-.
Il ragazzo distolse lo sguardo, colto da un tremendo sconforto.
Già sapeva che avrebbe passato giorni d'inferno, disteso a letto come un malato terminale, incapace di compiere ogni più piccolo dovere della vita quotidiana. Quelle medicine abbattevano buona parte dei sintomi della sua malattia, ma intaccavano altresì la sua forza d'animo fino a ridurlo ad uno stato pietoso.
-Ora facciamo l'iniezione, poi potrai tornare a casa. Coraggio, Tim-.
_________
Il ragazzo camminava a passo svelto, con il volto coperto dalla maschera. Abbandonò rapidamente l'edificio e si addentrò nella foresta antistante, facendo scricchiolare le foglie secche sotto alle sue scarpe.
-Hei, rallenta-.
Si voltò, confuso. Era così concentrato a seguire la direzione della sua meta che non si era accorto di essere seguito da Hoodie e Toby.
Quest'ultimo si era caricato le accette sulle spalle, e camminava a testa bassa seguito dall'altro ragazzo
Tim non si chiese il perché; tornò a voltarsi avanti e riprese a camminare.
Seppur l'operatore non avesse pronunciato una singola parola, aveva impresso nella sua mente ordini chiari e dettagliati.
Aveva una direzione, un indirizzo, e soprattutto un volto.
Il suo compito adesso era quello di recuperare una persona, e porlarla rigorosamente viva al suo padrone.
Seppur non conoscesse affatto quella zona boschiva, avanzò a passo sostenuto come se l'avesse già percorsa innumerevoli volte, seguito dalla coppia di ragazzi i cui volti erano ancora rigorosamente coperti.
Il cielo si era incupito; masse di nubi grigie si accalcavano, minacciando un'incombente pioggia. L'aria si era fatta più fredda, pizzicava le narici.
Tim arrestò il suo cammino circa mezz'ora dopo, quando raggiunse il punto in cui gli alberi che popolavano quella foresta cessavano di allungarsi all'orizzonte, lasciando spazio invece ad un ampio prato verde. Al di là di una piccola collina, si allungavano verso il cielo una serie di palazzoni dall'aspetto trascurato.
Tim sorrise lievemente sotto alla sua maschera, nel momento in cui Toby e Hoodie si fermarono a loro volta posizionandosi al suo fianco.
-Lei è là- esclamò il ragazzo con il passamontagna, allungando una mano ed indicando una delle imponenti costruzioni che si innalzava su cinque piani.
-Terzo piano, appartamento 5- continuò a dire, emettendo un flebile sospiro attraverso al tessuto che compriva la sua bocca.
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