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-Di questo passo, Timothy, mi stai praticamente costringendo ad inoltrare la richiesta di ricovero-.
Il ragazzo puntò i palmi delle mani sulle ginocchia, trattenendo il fiato per pochi attimi. -Io ci sono cresciuto, in una dannata clinica. Non ho intenzione di ritornarci-.
Il dottore scosse la testa, assumendo uno sguardo severo. -Hai ingerito trentasei pillole, al pronto soccorso ti hanno salvato per miracolo con la lavanda gastrica- ribattè l'uomo. -Secondo te io cosa dovrei fare, adesso?-.
Tim abbassò lo sguardo.
-Ho avuto un momento di debolezza... Prometto che non capiterà più, ma non voglio essere ricoverato ancora-.
La sua voce tremava in modo appena percettibile, dettaglio che allo psichiatra di certo non sfuggì.
-Perché lo hai fatto, Timohty?- domandò, picchiettando la penna sul foglio. -Perché hai provato ad ucciderti?-.
-Lei non ascolta quello che dico- rispose il ragazzo, passandosi una mano sul viso. -Quell'essere mi costringe a fare cose che non voglio. Mi risveglio nella foresta, senza memoria di quello che è accaduto... E sono stanco, dottore. Tremendamente stanco-.
-Per questo motivo un ricovero di qualche settimana ti farebbe bene, Tim- replicò il dottore, alzando le sopracciglia. -Ma voglio... Darti ancora una chance, okay?-.
Il moro alzò la testa, con la fronte aggrottata. Il suo volto era esausto; aveva i capelli arruffati e la barba da tagliare.
-Per il momento non inoltro la richiesta, ma proviamo ad alzare ancora i dosaggi dell'Olanzapina-. Afferrò un blocchetto delle ricette e ne prelevò una, per poi scrivere la prescrizione.
-Stai a casa, Tim. Devi stare a riposo, soprattutto nei primi giorni, perché probabilmente ti sentirai debole-.
Lui annuì vagamente, emettendo un flebile sospiro. Odiava dover ingurgitare farmaci ogni giorno, e soprattutto odiava gli effetti collaterali che essi avevano sul suo corpo; ma avrebbe accettato qualsiasi compromesso, pur di non essere nuovamente ricoverato.

_______

Tim gettò a terra il coltello, la cui lama adesso era impregnata di sangue, e si allontanò dal cadavere strisciando sul pavimento.
Annaspando portò ancora la mano destra alla sua spalla; non poteva vedere la ferita, ma doveva essere alquanto profonda a giudicare dalla quantità di sangue che stava perdendo.
Bianca osservò il corpo di Toby per una lunga manciata di secondi, pietrificata e scossa dall'idea di aver preso parte alla sua uccisione; non avrebbe mai creduto che un giorno sarebbe stata capace di una cosa simile. Un insopportabile senso di colpa adesso le mozzava il respiro; lasciò cadere a terra la mazza, le sue dita tremavano visibilmente.
Nonostante lo choc, si precipitò su Tim che giaceva a terra con la schiena poggiata al muro e lo sguardo carico di dolore. Puntò le ginocchia sul pavimento ed osservò con sgomento il sangue rosso che, strabordando dalla ferita, imbrattava la mano che lui vi teneva premuta sopra.
-Stai bene?- domandò, con il fiato corto. -È tanto grave?-.
-Non lo so...- fece lui, con la voce plasmata dal dolore. Ritrasse la mano, per permettere alla ragazza di valutare la gravità della ferita; il tessuto della camicia, tuttavia, ne nascondeva le reali dimensioni.
Bianca fece appello a tutto il coraggio che aveva in corpo per recuperare il coltello da terra, e con movimenti lenti e calcolati iniziò a tagliare la camicia; aprì uno squarcio nella stoffa, partendo dal colletto fino alla spalla.
A quel punto, con sgomento, poté osservare più chiaramente la ferita. Era un solco piuttosto profondo, nei pressi della congiunzione della clavicola con l'omero; doveva fare qualcosa subito, perché Tim stava perdendo davvero molto sangue.
-Okay, tranquillo, non è niente- mentì, nonostante alla sola visione di quella ferita sentisse che stava per svenire.
-Hai un kit medico, in casa?-.
Il ragazzo annuì vagamente, con il volto piegato in un ghigno di dolore. -In bagno...Dovresti...Trovare qualcosa..- balbettò, a fatica.
Lei balzò in piedi e corse via, alla disperata ricerca di bende o garze con cui avrebbe potuto medicalo. Afferrò distrattamente un asciugamano, poi aprendo uno stipetto trovò con piacevole sorpresa delle bende ed un flaconcino di disinfettante. 
Tornò correndo da Tim, e lo trovò con gli occhi chiusi e la nuca poggiata contro alla parete.
-Farò in fretta, coraggio...- mormorò lei, con estrema preoccupazione. Con la consapevolezza che gli avrebbe fatto parecchio male, gettò rapidamente un'abbondante quantità di disinfettante sulla ferita senza dargli alcun avvertimento, lavando via il sangue. Tim cacciò un randolo di dolore e strinse i pugni, ma non si mosse.
Con movimenti più calcolati, Bianca tamponò la ferita con l'asciugamano, poi vi avvolse sopra la benda facendola passare cinque o sei volte attorno alla spalla del ragazzo. Il tessuto si macchiò presto di rosso.
-Così dovrebbe andare, credo...- farfugliò Bianca. -Insomma... In realtà non lo so, ma...-.
Il moro emise un sospiro tremendamente lungo, tentando di ignorare il dolore bruciante che proveniva dalla sua spalla ferita. Spostò distrattamente lo sguardo sul cadavere di Toby, che ancora giaceva a terra a pochi passi di distanza; una pozza di sangue scuro si stava lentamente allargando sotto al corpo, imbrattando la moquette.
Un'altra persona aveva perso la vita a causa sua.
-Sto bene... Grazie, Bianca- mormorò.

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