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Aprendo lentamente le palpebre, la prima cosa che riuscì a vedere furono i rami degli alberi che si intrecciavano verso il cielo.
Tim sbattè gli occhi più volte per mettere a fuoco l'ambiente che lo circondava, poi rizzò di colpo la schiena.
-Oh, sei sveglio-.
La voce di Bianca giunse alle sue orecchie appena un attimo dopo; si voltò verso di lei, trovandola seduta a terra poco distante.
Il ragazzo si guardò intorno più volte cercando di riordinare i pensieri; si trovavano ancora nel bosco, ma stavolta l'ambiente era illuminato dalle luci del mattino.
-Cosa...- farfugliò, recuperando dalla tasca la scatola dei suoi farmaci.
-Cosa è...-.
-Sei svenuto- rispose la ragazza, diretta. Lo guardava con un'espressione strana, indecisa se mantenere un distacco o no.
Tim posò una capsula sulla lingua e deglutì.
-E non è... Successo nient'altro?- domandò, visibilmente preoccupato.
Bianca scosse la testa, un po' confusa.
-Sei svenuto. Non basta? Che altro doveva succedere?- ridacchiò. Il suo volto si fece però immediatamente più cupo. -Sei troppo pesante, non sarei riuscita a trascinarsi, così...Ho aspettato-.
Lui annuì vagamente, passandosi le mani sul volto. Ciò significava che l'operatore non si era presentato.. O, se lo aveva fatto, lei non ne aveva potuto notificare la presenza.
-Stai bene?- gli chiese ancora la ragazza, continuando a mantenere le distanze.
Tim sospirò pesantemente ed annuì ancora una volta, con maggiore decisione rispetto alla precedente.
-Immagino di doverti delle spiegazioni...- farfugliò poi, voltandosi verso di lei.
Bianca pareva irrequieta.
-Penso sia... Il minimo, sì...- borbottò impacciata. -Ma adesso voglio solo tornare a casa, quindi...-.
-No, no- la interruppe lui, scuotendo il capo. -Non è sicuro tornarci, adesso-.
La ragazza sollevò le sopracciglia, sorpresa da quell'affermazione.
-Io torno a casa- ripeté decisa, alzandosi in piedi. -Ne ho abbastanza di... Tutto questo. E voglio assicurarmi che i miei stiano bene-.
Tim ripercorse rapidamente con la sua mente gli avvenimenti della notte appena passata, e ricordò che i genitori di Bianca dovevano essere quasi certamente morti. Aveva sentito le loro grida, il rumore delle accette di Toby che si infrangevano sui loro corpi.
-No, aspetta- esclamò balzando in piedi. -Dico davvero, non è sicuro-.
La ragazza indietreggiò stizzita. -Non intendo restare in questa foresta un minuto di più, chiaro?-.
Ma lui neanche ascoltò le sue parole; le si avvicino, preoccupato. -Quei... Quei due individui che erano con me questa notte, quando siamo entrati a casa sua... È probabile che ti stiano ancora cercando. Potrebbero essere là proprio in questo momento-.
La ragazza taque, poggiando nervosamente una mano sul volto. Parve pensare per qualche attimo, poi incrociò ancora lo sguardo del suo interlocutore.
Faticava a capire che cosa significasse tutto ciò. 
-Che cosa vogliono da me?- domandò,  con la voce che tremava. -Che cosa volete da me?- si corresse subito dopo.
Una folata di vento arruffò i capelli scuri di Tim, adesso intento a formulare il discorso in modo meno duro possibile.
-Lascia che... Lascia che ti spieghi- mormorò, guardandosi intorno. Puntò le mani sui fianchi ed abbassò lo sguardo, come provasse vergogna per ciò che stava per dire.
-So che sembra folle e forse farai fatica a credermi ma... C'è qualcosa che mi segue, mi tormenta fin da quando ero un bambino-.
Bianca aggrottò la fronte, incuriosita e confusa allo stesso tempo.
-Tipo cosa?- domandò.
Lui strinse le labbra. Il solo parlarne lo rendeva tremendamente triste e fragile.
-Un...Un'entità, non so di preciso cosa sia- rispose.
-Okay, sì, è assurdo- esclamò lei intrecciando le braccia sul petto. -Ma non capisco questo cos'ha a che fare con me-.
Tim deglutì nervosamente. -Quella... Cosa può controllare la mia mente quando lo desidera. E a quanto pare lo sta facendo anche con altre due persone, che poi sarebbero gli altri individui che erano con me ieri sera-.
Nell'ascoltare quell'assurdo discorso, Bianca si trovò spiazzata. Nulla di ciò che le stava dicendo per lei aveva senso, e si sentiva quasi presa in giro da quella spiegazione.
Tacque, osservando Tim con un'espressione confusa sul volto.
Il ragazzo chiuse gli occhi per qualche attimo, cercando invano di trovare le parole giuste per convincerla che ciò che stava dicendo fosse reale.
-Lo so, sembra una follia ma...-.
-No. Questa è una follia- replicò lei. Distese le braccia lungo i fianchi; non sapeva più a cosa credere,  perché nonostante fosse tutto così assurdo non poteva fare a meno di notare che il ragazzo pareva davvero convinto di ciò che stava dicendo.
Che fosse per caso un malato mentale?
-Quelle pasticche che prendi...- mormorò poi, abbassando lo sguardo. -Sono antipsicotici?-.
Tim espirò violentemente. -Non sono pazzo- esclamò, senza neanche accorgersi di aver alzato la voce.
Troppe volte si era sentito chiamare in quel modo; troppe persone si erano prese il diritto di sputare sentenze sul suo conto senza sapere nulla.
-Non volevo dire questo- si difese lei, sollevando le mani. -Ma dovrai ammettere che le cose che mi stai dicendo sono...-.
-Assurde, lo so- mugolò lui, passando le mani tra i capelli.
Si voltò poi per guardarla dritta negli occhi, e si sforzò di allargare un timidissimo sorriso.
-Ma devi fidarti di me. Sto solo cercando di proteggerti-.

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