8. Oviedo, museo e...
In viaggio verso Oviedo, Spagna, 12 maggio 2014, 16:30 PM
Di sicuro uno dei viaggi più lunghi che io abbia mai fatto in macchina. Ho dormito, letto, dato il cambio a Fernando due volte e guardato fuori dal finestrino per chilometri e chilometri, ma la noia persiste. D'altronde, dopo quasi otto ore in macchina (prendere il treno no, eh?) non si può pretendere che non ci si annoi. Così, nonostante manchi poco alla nostra destinazione, prendo il cellulare e cerco tra le mie canzoni una adatta a noi due. Mi è sempre piaciuta l'idea di cercare una canzone che rappresenti l'amore di due persone, anche se questa cosa mi sa tanto di film.
"Che fai?" Chiede Nando.
"Cerco una canzone." Rispondo, senza staccare gli occhi dal telefono e continuando a scorrere la libreria della musica. Mentre leggo i titoli delle canzoni mi passano per la testa i ritornelli, che so quasi tutti a memoria a forza di ascoltarle. Rimango per un po' indecisa su quale sia la canzone giusta, alla fine scelgo "Someone like you" di Adele. Collego il cellulare all'impianto Bluethoot della macchina e creo una playlist di canzoni, tutte romantiche.
"Nando?" Chiedo, voltandomi verso di lui.
"Si?" Chiede, guardandomi con la coda dell'occhio.
"Cantiamo?" Mi guarda come a dire: "Seria? Tu che non vuoi mai cantare mi stai proponendo di farlo?" Sorrido.
"Una specie di karaoke in macchina?"
"Esatto, ovviamente con la base e le parole sotto. Ho già scelto qualche canzone." Dico, mostrandogli il telefono.
"Cioè, semmai canterai tu. Io di certo non so farlo."
"Ma che te ne frega Nando! Siamo io e te in questa macchina non può sentirci nessuno! E poi che vuoi fare per la prossima mezz'ora? Annoiarti ancora a morte a guidare?" Chiedo.
"Ma non so tutte le canzoni che sai tu!"
"Improvvisa." Rispondo, facendo partire la prima canzone dal telefono, che si diffonde in tutta la macchina grazie alle casse sulle portiere.
Cantiamo qualche canzone, Nando le sa tutte, non è molto intonato ma non mi interessa, l'importante è divertirsi. Nel bel mezzo del ritornello di "Lovers on the sun" di David Guetta e Sam Martin, mi prende la mano, mi guarda e mi sorride, smettendo di cantare.
"Ti amo." Dice, tra una parola e l'altra della canzone che ormai sto cantando solo più io.
"Anche io." Rispondo, a canzone finita. Tira la mia mano verso di sé e la bacia, continuando a guardare la strada. Cantiamo di nuovo, sbagliando qualche strofa ogni tanto, finché non arriviamo alla fine dell'ultima canzone prima di "Someone like you". Metto in pausa.
"Perché l'hai fermata?"
"Perché ora si cambia. Ora vorrei sapere da te se questa potrà essere la nostra canzone." E la faccio partire, inizio a cantare sulla prima strofa, sostituendo la mia voce a quella di Adele, dopo qualche strofa si unisce anche lui, e il canto si trasforma in un coro dove gli sguardi ed i gesti diventano un riflesso del testo della canzone.
"Ma certo che può essere la nostra canzone." Dice, non appena finisco di cantare, lui mi ha abbandonata qualche secondo prima. Sorrido. "Forza, crea subito un'altra playlist e cantiamo ancora!" Esclama.
"Agli ordini! Ti stai divertendo eh?" Chiedo, prendendo il telefono.
"Sì, è davvero divertente." Sorride anche lui.
"Stavolta sarà più divertente ancora, ho scelto anche della canzoni da ballare!"
"Ma siamo in macchina."
"Le braccia sono abbastanza libere." Rispondo, allargandole e centrandolo in pieno viso con la mano volutamente. Lui la sposta con finta disapprovazione.
"Io sto guidando."
Ma che rompiscatole.
"Guastafeste."
"Dai Alice, se vuoi ballare andiamo in discoteca stasera, ma qui in macchina è quasi impossibile!" Dice ridendo.
"Vada per la discoteca." Rispondo soddisfatta prima di far partire le canzoni.
Dieci minuti dopo siamo ad Oviedo, Nando prende una strada che porta vicino alla collina.
"Ti porto in un posto che diventerà davvero speciale."
"Ovvero?"
"Guarda davanti a te."
Davanti a me, in fondo alla strada, delle gru stanno sistemando i ponteggi sul lato di un edificio che ha, davanti, un parcheggio enorme e sulla facciata di fronte a noi, una gigantografia di Fernando che, in casco e tuta, sventola la bandiera spagnola. L'auto si ferma esattamente di fronte.
"Che posto è questo?" Chiedo, continuando ad ammirare la struttura.
"Questo sarà il mio museo. E là dietro..." dice, indicando al lato dell'edificio "là dietro ci sarà la mia scuola di kart. So che ti sembra una cosa fatta troppo in grande, ma è quel che ho sempre sognato. Ho già deciso, verrò qualche giorno a campus ed insegnerò ai bambini. Sarà fantastico." Rimagno letteralmente a bocca aperta. È bellissimo già adesso, che ancora deve essere finito di costruire.
"Come... quando lo inaugurerete?"
"L'anno prossimo. Sei la prima persona al di fuori dei progettisti, degli operai e dei miei genitori a cui lo dico. Il mondo lo saprà solo tra qualche mese." Continuo ad osservare la struttura come incantata. "Bello vero? E ancora è da riempire."
"Cavoli se è bello. Non vedo l'ora di vederlo finito."
"Avrai l'anteprima esclusiva."
"Quale onore." Scherzo, ridiamo entrambi.
"Sono contento che ti piaccia. Ora ti va di andare in città?"
"E me lo chiedi anche? Sei tu che mi hai proposto di venire qui! Certo che voglio vedere la tua città!" Riprendiamo la strada e qualche minuto dopo siamo in centro. Nando parcheggia in una stradina e, da bravo "padrone di casa" mi porta in giro per la sua città, facendomi vedere, oltre ai luoghi importanti, anche qualcuno dei posti dove gli piaceva andare da ragazzo. La facciamo tanto lunga che ormai è sera, mi accompagna in un piccolo ristorante dove mi assicura che si mangia benissimo. Ci accomodiamo ad un tavolo, un cameriere si avvicina e riconosce subito Fernando.
"Fernando! Torni a casa finalmente! Come stai, campione?" Dice, stringendogli la mano e dandogli una pacca sulla spalla, subito ricambiata.
"Gabriel! Sto bene grazie, e tu? Vedo che non è cambiato niente qui dall'ultima volta che sono andato via."
"Sei stato via tre mesi, cosa vuoi che sia cambiato?" Ride.
"Non lo so, per esempio un nuovo taglio di capelli?" Dice, riferendosi ai capelli di Gabriel, alquanto lunghi.
"Nah, mi piacciono." Risponde, passandoci una mano in mezzo. "E tu invece? Chi è la signorina con te?" Guarda me, che di riflesso abbasso lo sguardo con un sorriso. "Dove l'hai trovata?" Sento le guance colorarsi gradualmente di rosso.
"In realtà l'avevo già trovata ancora prima di cominciare a cercarla... è il mio tecnico, parla con me nei team radio." Nando mi guarda e mi sorride.
"Ah sì, l'unica donna del paddock che parla ai team radio, conosco la sua voce. Piacere, Gabriel." Mi tende la mano e finalmente alzo lo sguardo, prima di stringergliela.
"Alice." Mi presento semplicemente, poi gli lascio la mano.
"Dunque, che vi porto?"
Verso la fine della cena Nando si alza, dicendo che ha una chiamata importante da fare. Mentre Nando è fuori, Gabriel mi porta il caffè.
"Ed ecco qui il caffè, Alice." Posa la tazzina davanti a me. "Posso chiederti una cosa?"
"Ma certo." Rispondo, versando il contenuto di una bustina di zucchero nel caffè.
"Com'è lavorare in Ferrari?" Sorrido, girando il cucchiaino nella tazzina.
"All'inizio ti sembra un sogno, una cosa incredibile. Sai no, è la scuderia più prestigiosa al mondo..." accompagno le parole con un gesto, il braccio allargato verso l'esterno e poi riportato sul tavolo lentamente. "Ma poi quando ti abitui la prendi parecchio alla leggera, diventa naturale dire "lavoro in Ferrari" senza pensare a tutto quello che ci sta dietro, fama e storia compresi." Rientra Fernando, che mi chiede se possiamo andare. Bevo il mio caffè in un sorso e mi alzo, mentre lui paga il conto.
No caro Nico, non mi sono ancora dimenticata di te.
Salutiamo Gabriel ed usciamo dal ristorante. Torniamo dove abbiamo lasciato la macchina e, dopo essere saliti, partiamo per una destinazione in periferia. Lo capisco dalle case che diventano man mano sempre più rare, finché Nando non imbocca un vialetto di ghiaia, che termina pochi metri dopo davanti ad un'accogliente villetta bianca, piena di finestre e fiori appesi ai balconi.
"Che bel posto."
"Casa mia." La rapidità con cui dice quelle due parole mi lascia come pietrificata.
Non l'hai fatto davvero, non mi hai portato a casa tua veramente.
"Cioè..." non finisco la frase.
"Andiamo a conoscere i miei genitori."
"Ma scherzi? Tu vuoi che io venga a conoscere i tuoi senza un minimo di preavviso?"
"Loro lo sanno da quando siamo al ristorante." Mi risponde, in spagnolo.
"Ah, era quella la telefonata importante che dovevi fare." Continuo, in italiano. Ho già capito che non ci girano.
"Esatto. Coraggio, andiamo."
"Ma ti pare? Non mi sono nemmeno sistemata i capelli, e poi vengo vestita così?" Chiedo, guardando la felpa blu e i jeans che ho addosso, per poi scendere alle scarpe abbinate.
"Vai benissimo Alice, fidati."
E ancora. Un'altra cosa da film. Mi porti a conoscere i tuoi, ovviamente senza avvisarmi, poi magari mi farai anche vedere casa tua... comincio ad avere seri dubbi sul fatto che non siamo in un film. Ehi? Dove sono le telecamere?
"Perché devo?"
"Mi sembra giusto, in fondo sei la mia ragazza." Sento che la frase non è finita. Lo capisco dall'enfasi che mette nel pronunciare l'ultima parola, come se nel suo discorso ci debba essere una virgola ed un'altra frase. "Quindi andiamo."
Non esattamente il pezzo di frase che mi aspettavo.
Scende dalla macchina e lo stesso faccio io, una leggera brezza mi scompiglia i capelli.
Già sono vestita di merda, anche il vento ci si mette adesso a rovinarmi del tutto i capelli?
Poi, mentre siamo a metà strada tra la macchina e la porta di casa sua, mi si accende la lampadina. Prendo Fernando per un braccio, e piantando i piedi per terra lo costringo a fermarsi.
"Alice che...?"
"Apri il bagagliaio." Dico, prima di voltarmi indietro e sparire dietro la macchina. Qualche istante dopo il rumore del bagagliaio che si apre, Tiro su il portellone ed apro la mia valigia.
"Che fai?" Chiede, dalla stessa posizione in cui l'ho lasciato.
"Mi cambio in macchina." Di certo non mi presento in questo stato a casa dei tuoi. Prendo dalla valigia una maglia blu a maniche corte stampata ed un paio di leggins neri. Non mi preoccupo delle scarpe, vanno benissimo quelle che ho addosso.
Oggi è la giornata del blu.
Mi faccio aprire del tutto la macchina e mi cambio il più in fretta possibile, non senza qualche difficoltà dovute allo spazio ristretto. Non appena ho finito esco e raggiungo Nando, che mi prende la mano. Sorrido e ci avviciniamo alla porta, suona il campanello. Qualche istante e la porta si spalanca, rivelando una signora un po' più bassa di noi con un vestito a fiori ed i capelli raccolti in una coda di cavallo bassa. Non appena vede suo figlio lo abbraccia, felice come non mai di rivederlo. Si parlano in dialetto asturiano, il che vuol dire che la maggior parte delle parole non le capisco. Non appena si allontanano, Fernando mi presenta.
"Mamma, lei è Alice, la mia..." sua madre non lo lascia finire che già mi sta stringendo la mano.
"Oh tesoro come sei bella! Il nostro Fernando si è trovato davvero una bella ragazza devo ammetterlo! Ma per favore, entrate, non vorrete di certo prender freddo!" Esclama. Entriamo in casa, mi sorprende la semplicità con cui è arredata, un'atmosfera davvero accogliente.
"José? Vieni, Fernando è arrivato!" Chiama a voce alta la donna, prima di voltarsi di nuovo verso di me. "Scusami cara non mi sono presentata, mi chiamo Ana Maria. Posso offrirti qualcosa? Hai sete, magari fame?"
"No grazie signora, sto bene così." Rispondo con un sorriso, poi mi accorgo che Fernando è sparito. Ana, vedendo che lo sto cercando, mi rassicura.
"Oh, stai tranquilla Alice. Sarà in camera sua, come sempre. Quando torna a casa passa ore in quella stanza, e prima che lo rivediamo probabilmente è già passato un giorno intero!" Dice, ridendo. Dalle scale scende un uomo, alto più di Fernando e con i capelli ormai bianchi, con gli stessi tratti del viso di suo figlio, ma resi più antichi dal tempo.
"Salve." Dico, quando si avvicina a me. Mi guarda per un istante privo di espressione, per poi sorridermi affettuosamente.
"Salve cara, sono José, il papà di Fernando. Benvenuta in casa Alonso, spero che ti piaccia qui." Mi stringe la mano come sua moglie poco prima.
"Oh si, signore, casa sua è bellissima." Rispondo, prima di essere portata in giro a visitare il piano terra. Mi lasciano davanti alle scale, José va in salotto.
"Vai pure su Alice, la camera di Fernando è la prima porta a destra, non puoi sbagliarti. Mi dispiace solo che Lorena se ne sia andata giusto ieri sera..." dice abbassando lo sguardo.
"Non ha importanza, la conoscerò in un modo o nell'altro. Grazie signora Alonso, è davvero gentile ad ospitarmi in casa sua."
"Figurati cara. Ma prego, sali, ti starà aspettando!" Dice, invitandomi a salire le scale con un gesto della mano. Sorrido, prima di voltarmi e salire le scale. Non oso nemmeno toccare il corrimano, per paura di rovinarlo. Anche quello è un dettaglio talmente bello che non può essere ignorato. Arrivo in cima alle scale e svolto a destra. La prima porta che incontro è semichiusa, da dentro non arriva alcun rumore. Mi avvicino e dò una sbirciata dentro. Non riesco a vedere molto, perciò busso ma non ottenendo risposta, decido di entrare lo stesso. La camera di Fernando non è come me l'aspettavo. È bianca e blu, un armadio enorme sul lato sinistro presenta in cima una credenza di vetro piena di trofei delle gare che ha vinto, a partire da quelli di kart fino ai più recenti. In basso, sparsi per quasi tutta la camera ci sono un sacco di scatoloni, sulla sinistra una scrivania di legno, un letto ad una piazza e mezza ed una libreria iperfornita.
"Come mai tutti questi scatoloni?" Gli chiedo, in italiano.
"Sono il resto dei trofei." Mi risponde, staccando gli occhi dal pc sulla scrivania e spostando lo sguardo su di me.
"Il resto?"
"Oh si, quelli lassù sono solo una parte, quelli che voglio tenere per me, quelli che hanno qualcosa di più speciale degli altri. Tutti quelli negli scatoloni andranno al museo." Mi avvicino a lui, buttando uno sguardo sul pc. Ha aperto Facebook sulla sua pagina, ed in un'altra scheda, il suo profilo instagram.
"Che stavi facendo?" Chiedo.
"Li tengo un po' aggiornati." Risponde, tornando a guardare lo schermo. Ha appena postato una foto di Oviedo con la scritta "per un po' torniamo alle origini" in spagnolo e in inglese. Mi siedo sulle sue gambe e butto un occhio sui suoi seguaci di instagram.
"Ti adorano, guarda. Non sono passati neanche dieci minuti che hai già più di 40 like e quindici commenti!"
"Già, sono adorabili."
"Ma... perché torniamo? Io non sono mica nata qui." Dico, ridendo.
"Poco importa."
"Anche io metterò una foto su instagram, mi hai fatto venire voglia." Prendo il cellulare dalla tasca dei pantaloni, mi alzo e mi avvicino alla finestra della camera, da cui si gode di un'ottima vista sulle luci di Oviedo. Scatto una foto. "Bene, questa è per i social. E ora..." attivo la fotocamera anteriore e sollevo leggermente il cellulare. Alzo la mano libera e mimo una V con due dita, "Nando?" Lui prontamente solleva una mano, a coprirsi la bocca come a dire "Non parlo" ed io faccio una linguaccia. Scatto la foto e poi torno a sedermi su di lui, prima di pubblicare la foto di Oviedo con la scritta "nuovi posti da esplorare con una guida d'eccezione @fernandoalo_oficial #Oviedo #Spain" in italiano. Non appena pubblico la foto, ecco che arriva un like, proprio da Fernando.
"Ma in questo modo non sospetteranno che..." lascia in sospeso la frase, ma intuisco come va a finire.
Odio quando ha ragione. Ma comunque, essere fidanzata con una persona famosa comporta anche questo, no? Prima o poi la gente deve saperlo, non può rimanere un segreto per sempre. Quindi, a questo punto, tanto vale che siamo noi a farlo sapere per primi, invece di doverlo poi ammettere o negare di fronte ad uno scoop.
"Sai che ti dico? Non mi interessa. Se anche lo dovessero sospettare, che ci sarebbe di male? Lo faremo sapere se è così o meno."
"Non ti importa più?" Scuoto la testa.
"Anzi, sai cosa ti dico? Diciamolo al mondo."
"Adesso?"
"Adesso." Gli rubo il cellulare dalle mani e scatto una foto mentre le nostre labbra si sfiorano, poi glielo consegno. A lui l'onore di pubblicarla su instagram.
"Conoscere una persona è un caso, diventare una squadra una coincidenza e innamorarsi una volontà. E trovarsi prima ancora di cominciare a cercarsi, quella è fortuna. La fortuna che ho avuto con te @AliceW247" è la frase che ha scritto sotto alla foto. Non appena finisco di leggerla mi fa alzare, poi chiude la porta della sua stanza.
"Non ho più voglia di andare in discoteca." Dico, sinceramente.
"Non ti ci volevo portare infatti." Rimango un momento senza parole, lui si avvicina a me. "Avevo in mente altro per stasera." Mi bacia, facendo scorrere le dita sul bordo dei miei leggins. Mi spinge indietro, verso il letto. Mi siedo, mi viene addosso. Bacia le mie labbra, il mio collo, sussurra un "ti amo" appena udibile. Tolgo le scarpe, mi sfila i leggins. Le sue mani scorrono sulla mia pelle sotto la maglietta, verso l'alto, mi libera anche da quell'indumento. Cerco la cintura dei suoi jeans, la slaccio e lo libero da entrambi. Non faccio in tempo a cercare la sua maglia che lui l'ha già tolta, fatta sparire oltre il bordo del letto come il resto dei nostri vestiti. Senza smettere di baciarmi allunga una mano e spegne la luce. Con le labbra lascia una scia di baci sulla mia pelle, che scende verso i miei slip. Me li sfila delicatamente, senza fretta, prendendosi tutto il tempo. Torna a baciarmi. Faccio Lo stesso con i suoi boxer. Mi scappa un gemito quando lo sento dentro di me.
Qualcuno bussa alla porta insistentemente da almeno dieci minuti. Io e Nando ci svegliamo in contemporanea. Dalla finestra entrano i primi raggi del sole.
"Ragazzi, siete svegli?" È la mamma di Nando.
"Sì mamma." Risponde lui.
"Vi ho preparato la colazione, quando volete scendete pure!" Esclama, prima di andarsene.
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chiarainvernici sei una rompiscatole.
Ma non mi pento di averti mentito.
Non vedo l'ora di leggere il tuo sequel.
<3
A presto people!
~Jess
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