Capitolo II: Occhi di fiamma
non mangiai un singolo boccone, non bevvi nemmeno una goccia d'acqua. Pareva che a vivere quel bosco fui soltanto io e il vento che lentamente carezzava le foglie, unico suono divenne mio amico. Il tempo andava a perdersi, tra quei alberi avevo vissuto quella che potevo definire una vita. A stento, ricordavo l'esatto momento in cui svegliandomi mi ritrovai in quella che sarebbe stata nel mio per sempre, casa.
Una vita condotta nel buio, in solitudine in quella selva che mai aveva un fine; arrampicandomi sulle cime degli alberi più alti più di una volta mi trovavo sempre ad osservare un'oceano infinito di alberi, come acqua di un oceano nero che il vento dondolava e la luna splendeva di argentea bellezza, sempre ferma, sempre tonda a fissarmi, seguiva con il suo sguardo mosso da pietà ogni mio passo.
A tratti nella mia esistenza, quando non mi rassegnavo a camminare soltanto, tentavo di portare alla memoria quella che chiamavo vita precedente, prima di svegliarmi.
Poiché ricordavo semplici concetti come poteva essere una casa, cos'era il sole o la luce ma per avere coscienza di queste cose, allora dovevo averle per forza vissute e quindi la mia anima tormentata si chiedeva come mai non ricordavo niente di me, chi fossero le persone da me amate, quelle odiate. Ero padre? magari giramondo esattamente come nella vita che stavo vivendo in quel momento?
Non c'era domanda cui io trovai mai risposta e anche di quella che fu la mia vita attuale non potevo sapere niente.
I Miei vestiti diventarono logori, le spade invecchiando persero quella lucidità che riflettevano dalla luna e per tutta quella interminabile, vuota vita i miei occhi diventarono così abituati al buio che pian piano impararono a scorgere meglio ciò che avevo innanzi.
Quanto buio e silenzio un uomo poteva sopportare prima di perdere la ragione? voi che leggete queste righe perse nel tempo, fermatevi a riflette quanto gravosa sia la pena, anche solo al pensiero d'aver passato l'intera vostra esistenza a percorrere un bosco dagli alberi deformi, completamente soli e nel buio totale. Non è forse il trovarsi soli al buio, senza nessuno che possa dare una mano; la paura più grande dell'essere umano.
Le serpi? tagliata la testa smetteranno di darvi pena.
I ragni? Basterebbe un solo piede per privarli della vita.
Le alture? te ne tieni al sicuro.
Il buio e la solitudine? Non si uccidono, non le si può evitare. Esse vi perseguiteranno per sempre senza che effettivamente possiate fare molto, almeno per me fu così.
Per questo, quando vidi i suoi occhi nel primo momento, sentii un fremito percorrermi, pensai che infine divenni pazzo ma quei occhi erano lì, si paravano innanzi a me d'una luce azzurra e spettrali. Erano enormi, cotanto illuminati e ardenti che del fumo etereo volteggiava verso l'alto illuminando i contorni del proprietario. Riconobbi la forma di un lupo di cui io non fui all'altezza del suo muso data la mastodontica mole dell'animale. Ringhiava minacciosa facendosi sempre più vicina, non riuscivo a vederne le sue formi direttamente ma soltanto la sagoma del suo viso illuminata da quei occhi che appunto fungevano per me come due bandiere ad indicarmi la posizione del suo capo.
Si mosse verso la mia destra e incerto su quanto avessi dovuto fare restai a fissare la bestia imbambolato, era da quando rinacqui che di forma viva non avevo visione, per questo fui felice nell'animo di sapere che alla fine non mi trovavo solo.
La bestia però saltò in avanti, vidi l'ombra della sua zampa sovrapporsi ai suoi occhi e capii che le stava muovendo verso di me. Dovetti scattare indietro mentre all'atterraggio di quel balzo, il terreno tremò lievemente.
Non potevo parlare, volevo chiedergli di non attaccare, che non avrei voluto nuocergli alcun male nonostante capii fin da subito che invece l'intento dell'animale era di tutt'altro avviso.
Fui costretto quindi ad estrarre le mie lame che mai avevo usato ma che strinsi con fare sicuro ponendo quella a sinistra inclinata verso il basso, per proteggere la parte bassa mentre la destra posta sopra la mia testa con braccio piegato che scendeva di poco davanti al mio viso.
il lupo saltò un ennesima volta ma balzando alla sinistra evitai il suo colpo allontanandomi per mettermi a distanza di sicurezza. Il suo ringhiare fu il primo suono oltre le foglie che sentii in quella vita, nonostante fosse minaccioso fui felice si riuscire ad udirlo.
Mi allontanai ancor di più, intimorito dalla ferocia e la mole del lupo che rivoltandosi verso di me, raggiunse la mia posizione in due falcate, riuscii a ripararmi dietro un albero storto facendo si che questo bloccasse la zampata che l'animale mosse verso di me. Nel mentre i suoi occhi che di fiamma sembravano, divennero più incandescenti e forti. Difendermi in eterno non sarebbe stato possibile, dovevo mio malgrado diventare ostile per sopravvivere e immediato fu il mio attacco visto che il lupo stava ancora ritirando la zampa usata per attaccare.
Girando su me stesso colpii due volte quella d'appoggio. Due getti di bollente sangue colpirono il mio fianco e tutta la gamba destra e poi la zona lombare, tutta la parte dalla vita in giù era bagnata dal sangue della bestia, lo potevo sentire entrarmi là dove i pantaloni erano rotti e bagnarmi direttamente la carne colando rapidamente.
Lui guaì ma girandosi aprì la bocca per tentare di azzannarmi, avrebbe potuto prendere tre quarti del mio corpo con un boccone ma anche in quell'occasione mossi le spade in obliquo ferendogli il muso, il suo sangue questa volta bagnò dalla vita in su. Sentivo caldo, quel sangue sembrava entrarmi dentro la pelle facendola ustionare. Mai sensazione fu così dolorosa e piacevole in egual modo.
Smise di attaccare e chiuse gli occhi, tornò il buio totale ma ero così abituato a non sentire suoni che il suo respiro sembrava esser esalato affianco alle mie orecchie.
Potevo udire perfino le gocce di sangue che dal suo muso gocciolavano in terra e il suo passo affaticato per via della zampa ferita.
Quanto, in cuor mio, avrei voluto fermarlo e pure, nonostante le ferite non mollò la presa saltando contro di me un'altra volta ancora, quando atterrò però io non ero tra le sue zampe ma sul suo fianco nel quale affondai la mia lama mancina per intero, la usai come perno per salirgli in groppa e mentre lui guaiva raggiunsi il suo garrese nel quale infilai l'altra spada in direzione della testa. Un colpo secco e di violenza brutale che da prima fece barcollare l'enorme animale e poi, ormai privo di vita piombò per terra violentemente. Caddi qualche metro più in là, rialzandomi come vincitore di quel combattimento mentre le mie lacrime scorsero da quei occhi che di buio erano stanchi e che videro l'unica luce della loro vita, spegnersi come fuoco trascurato.
Tornò il silenzio, l'eterna desolazione nella quale mi sentii stritolato e che sfogai con un pianto disperato mentre barcollando tornai ad impossessarmi delle mie due spade.
Avrei voluto dirgli del supplizio che provavo nel avergli causato tanto dolore, di quanto dannata fosse la mia vita che mi costringeva ad uccidere la prima forma di vita che mai avevo visto dopo il mio risveglio ma dalla mia bocca, solo rantoli.
Riposi le spade, e voltandomi fui abbagliato violentemente da una luce caldissima che non mi permetteva di vedere.
Sentii soltanto un urlo di infante terrorizzato a morte, qualcosa cadde in terra rovesciando quella che riconobbi come acqua e quando finalmente recuperai la vista...
Una gigantesca vallata si mostrava a me qui marrone e qui verde per i campi arati dai contadini, vedevo cascine in lontananza, alcune di queste con dei giganteschi mulini ad acqua ed in fondo, oltre un'altro bosco, all'orizzonte si ergevano delle immense torri bianche, tanto alte da rasentare il cielo. Gloriose punte scintillanti che parevano essere così distanti da risultare un lontano miraggio. Per questo mi concentrai su quanto avessi vicino, quel gigantesco mare verde smeraldo cui il vento muoveva in lunghe e sinuose creste.
Notai un bambino che correva via da dove mi trovavo, si voltava e continuava a correre senza mai tregua.
Fu la prima volta che vidi il mio corpo anche se zuppo di sangue scarlatto che poco alla volta, la mia pelle stava assorbendo. I miei abiti erano quindi neri, i manici delle spade avevano bordi colorati in un oro che perse la sua brillantezza ed un blu sporco, cupo.
La mia pelle era bianca come la luna che mi osservava, magra e apparentemente esile, delicata.
Era per il sangue o per il sole ma bruciava in ogni suo centimetro e per quel motivo, inizialmente non mossi un passo ma voltandomi vidi un piccolo raggruppamento di alberi che i miei occhi riuscivano a definirne il termine.
Era ridicolamente piccolo ma contornato con pilastri di pietra uniti da pesanti catene metalliche e tra gli alberi storti, riconobbi quel buio infinito che mi accompagnò fino ad allora.
Per questo... fui felice di camminare dove si trovava il sole, scappando per sempre, da quella prigione.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top