Capitolo I: nel Buio

così mi svegliai, attorno non vi era altro che il buio più totale. Alberi attorno a me si ergevano come strane e contorte figure che circondandomi sembravano intenti a fissarmi da ogni dove, giacevo su un terreno umido e fanghiglioso dove ancora sentivo di non potermi alzare.
Potevo scorgere i miei arti eppure non li sentivo mio, così tanto intorpiditi che la prima, orribile sensazione provata dalle mie estremità fu quella di milioni di formiche che correvano dentro la mia pelle. Qualsiasi voglia movimento altro non era che fonte di estremo dolore, tremori violenti percuotevano il mio povero corpo che iniziò a scricchiolare nelle giunture quando minuti più tardi iniziai a senti meno quelle pene.
Pareva fossi fatto di legno per il suono che le mie ossa emettevano anche solo nel gesto di chiudere il pugno o sollevar le ginocchia.
Il fiato era pesante e gli occhi non scorgevano nulla se non il buio e questi non si trovava soltanto difronte agli occhi miei, no, per niente.
Era entrato nella mia testa riempiendola completamente, non lasciando spazio per ricordo alcuno.  
Per quanto provassi, mi sforzassi a fare chiarezza; il mio nome, chi fossi, da dove venissi, come arrivai in quella selva era solo oscurità. 
Indeciso se facesse paura più il bosco o il non sapere chi fossi, riuscii faticosamente a reggermi in piedi e quando barcollando fui eretto mossi un passo per non cadere, impattando con il piede contro qualcosa di duro e metallico.
Fu faticoso piegarmi senza perdere l'equilibro e arrancando con le mani nel buio afferrai con la mancina quella che sembrava essere l'elsa di una spada, la tastai per poi stringerla e tirarla su. Questa aveva un buon peso e ormai tra le mie dita mi trasmise una sensazione piacevole, simile a quella che un viandante proverebbe tornando a casa sua dopo anni passati tra le strade.
Dedussi che doveva essere mia ma quando mossi un'altro passo ecco che il mio piede ne toccò un'altra. Per scrupolo tastai il terreno attorno a me, ero circondato da spade, queste delineavano una forma geometrica nella quale io giacevo nel mezzo.
Il vento smuoveva gli alberi e le frasche delle volte sembravano passi fin troppo vicini, ghiacciavano il mio sangue impegnando i miei occhi in una danza perpetua alla ricerca di possibili minacce celate dal buio ance se discernere qualcosa sarebbe stata un impresa.
Mi tastai, indossavo dei guanti e una lunga cappa che scendeva fin sotto le mie ginocchia, sentivo un cappuccio ripiegato dietro il mio collo, il respiro scaldare della stoffa sul mio viso che abbassai sotto il mento; Bracciali e spallacci di cuoio rivestire le mie braccia e stivali alti i miei piedi fino a sotto il ginocchio. Dentro di essi dei pantaloni sufficientemente larghi e tenuti stretti da una cintola nella quale trovai due guaine per spade ai lati.
Li usai entrambi con le prime due spade che trovai e con i dubbi che tartassavano la mia tormentata testa iniziai una lenta camminata verso l'incerto ignoto.
Nessun posto sembrava diverso da un'altro, le orecchie fischiavano e per quanto camminassi non trovai nessun sentiero. Vagai per ore, iniziando ben presto a perdere la cognizione del tempo.
un viaggio che pareva inutile, reso impossibile da quella densa notte che mi fece vivere come quei poveri disgraziati senza il dono della vista.
Il pensiero di una vita intera nel buio più totale fece rabbrividire la mia pelle più dell'aria gelida che sibilava tra gli alberi. Questi avevano i tronchi deformi, spesso pendevano da un lato, alle volte formavano degli intrecci o peggio dei cerchi per poi tornare verso l'alto. Riuscivo a vederne solo le sagome quando mi avvicinavo per poggiarmici, nei momenti in cui il mio estenuato corpo chiedeva ristoro. Notai però che più passava il tempo e meno mi sentivo stanco, doveva essere il contrario eppure in poco tempo mi ritrovai al culmine delle mie energie, ripresomi a pieno da quel traumatico risveglio.
mio malgrado, mi accorsi di una seconda cosa, questa più inquietante e inspiegabile; passai il tempo di una mezza giornata a camminare, il bosco sembrava non avere mai fine ma più sconvolgente fu che l'alba sembrava non dovesse arrivare mai, tutto era ancora profondamente buio, tetro e spettrale, non si udiva anima viva. Avevo perso la memoria ma sapevo ancora che nei boschi si potessero sentire gufi o pipistrelli, i loro suoni, uniti a quelli dei grilli riempivano il vuoto silenzioso di ogni notte.
Niente di tutto ciò vi era tra quei alberi, solo il denso e sconcertante silenzio che allora divenne rumore intenso.
Aprii la bocca, chiedendo al vento se qualcuno mai potesse sentirmi. Tutto tacque, io compreso. 
nessuna parola uscì dalle mie fredde labbra, soltanto l'impercettibile suono esile di un fiato smorzato.
Tentai più e più volte, capendo ben presto di non aver voce.
Ciò rese più spettrale il mio isolamento, più incerto il mio morale e ancor più arduo quel mio vagare.

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