SILENZIO - PARTE 1
Quell'uomo se ne stava in piedi, pacato, immobile; se non fosse stato per il lieve gonfiarsi del ventre ad ogni respiro, regolare e flebile, lo si sarebbe potuto scambiare per una statua di cera.
L'immagine della serenità.
O della mancanza di senno più totale.
A guardarlo bene, in effetti, c'era un altro indicatore che lo classificava, senza dubbio, nella categoria dei viventi. C'era un altro impercettibile movimento oltre all'addome: gli occhi si spostavano fulminei da una piastrella all'altra; il cortiletto privato era elegantemente lastricato in pianelle di graniglia; lo sguardo saltellava impaziente da una pietrolina all'altra e ad ogni nuovo frammento, registrato dalla retina, spuntava un sorriso diverso; ad ogni scaglia di granito corrispondeva una smorfia nuova e un vago, surreale sorriso, deformava le labbra sottili e secche.
Quelle lastre di pietra erano state gli specchi di tutta una giovinezza e di un'infanzia piene di passioni ed emozioni.
Non lo avrebbe mai dimenticato; niente per lui sarebbe valso tanto, come un ricordo sbocciato tra quelle piccolissime e materne pietre incastonate tra loro.
L'uomo era attaccato morbosamente alla sua infanzia; la notte, la sua mente fervida di immaginazione, riviveva ogni istante gioviale germogliato nella bolla di cristallo che i suoi genitori, con premura e amore, avevano cesellato e scolpito, anno dopo anno.
Gli anni passarono e la vita sottrasse sempre più tempo alla famiglia che, raramente, riusciva a tenersi unita per più di due giorni continuativi al mese. Ma quando questo avveniva, l'amore incondizionato che legava indissolubilmente il trio Pertosetti, si manifestava in un arcobaleno di gioia e giubilo, rendendo ogni incontro speciale e unico.
La forza di questo amore, senza barriere temporali o di spazio, rende ancora più difficile e doloroso parlarvi di ciò che accadde.
Ripensando all'uomo, il suo abbigliamento era "curioso", ora che ci rifletto. Però, adesso che i miei ricordi prendono vita, tra questi spazi bianchi, forse "curioso" è un aggettivo poco appropriato per descrivere quell'immagine. Un fermo immagine surreale, sarebbe meglio dire; un fotogramma che lampeggia nella mia anima, ogni qual volta un suono, poco più forte dello strisciare di una matita su un pezzo di carta, mi fa sussultare tremando di paura.
Non "curioso", spaventoso e maligno.
Esatto amici miei, non c'era nulla di curioso e buono in quell'immagine: solo un'orrenda e spaventosa effige di un essere che, una volta, forse, era stato umano.
Non aveva indumenti; eccezion fatta per quello straccio logoro che gli cingeva i fianchi. Lo portava legato in vita, con pigrizia, sostenuto da un nodo fatto alla buona, come se fosse appena uscito dalla doccia. Ma non vi erano goccioline su quella pelle liscia, se pur non più giovane; non aveva segni di umidità sui capelli increspati di polvere e radi.
Ma soprattutto, qualora fosse effettivamente uscito dalla doccia da poco e si fosse asciugato per magia risporcandosi i capelli, quale pazzo sarebbe uscito il 7 di gennaio, scalzo e in quelle condizioni?
Nei secoli passati a errare per il vostro mondo da osservatore, ne ho viste di cose strane: ho assistito a feroci massacri di popoli, a spietate persecuzioni e alla lacerazione della nobiltà che avevamo faticato tanto ad istillarvi. Ma efferatezze come quelle manifestatesi in quella casa, sono riuscite ancora a scuotermi nel profondo, nonostante tutto.
Il ricordo di quell'umo, quella bestia creata da Dio ma allevata dal Diavolo, riesce, ancora oggi, a strapparmi un brivido.
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