32. Non succede, ma se succede... (zweiunddreißig)

Dentro un ring o fuori non c'è niente di male a cadere. È sbagliato rimanere a terra.
~Muhammad Ali

Questa settimana sarà un po’ infernale. Eh, sì perché molto probabilmente starò più sveglia di notte che di giorno. Tutto questo perché ho voluto seguire Nicolas e mio cugino in giro per il mondo e ho tralasciato il mio lavoro, anche se la maggior parte della gente pensa che non sia molto difficoltoso. Ma ce li manderei a loro in giro per Londra in bicicletta a consegnare pizze alle 10 e mezza di notte. Stamattina però la utilizzerò per andare a fare la spesa. Il mio frigo è ormai vuoto e non ho alcuna intenzione di mangiare pasta con il tonno, essendo queste le uniche due cose che ho. Prendo la mia macchina che è una Citroen C3 bianca e rossa. Durante il tragitto ascolto della musica e canticchio un poco. Oggi sono serena e felice, sarà perché fino adesso la mia vita sta procedendo a gonfie vele. Finalmente ho trovato la felicità e non ho intenzione di lasciarla andare. “Sarà perché sono innamorata…”. Una volta arrivata nel parcheggio del supermercato, scendo e mi dirigo nell’edificio. Passo tra gli scaffali, anche se nei supermercati londinesi non c’è proprio quello che cerco, cioè un po’ di cibo internazionale, ma, nonostante ciò, prendo quello che mi serve e poi vado alla cassa. Mentre sono in fila che aspetto, vedo un uomo sulla quarantina parlare velocemente di qualcosa, del tipo perché non è valida la sua carta di credito e quindi non può pagare o una cosa simile con la cassiera e a vederlo mi sembra arrabbiato. Sembra che la stia anche minacciando. Ad un certo punto, però, costui sbatte il pugno contro la cassa e si avvicina minacciosamente alla cassiera che è terrorizzata. Qui nessuno fa niente anche perché davanti a me ho una coppia di anziani e non possono fare molto. Così lascio le mia borse e mi metto in mezzo tra i due, allontanando l’uomo. <Si calmi, sta facendo casino per nulla> dico con voce tranquilla. Lui mi guarda male, però si allontana. Così lascio perdere, però chiedo alla donna se sta bene. Lei annuisce e mi ringrazia. Dopo aver pagato e dopo avermi ringraziato di nuovo, esco e vado verso la mia macchina. Dopo aver messo le mie borse nel bagagliaio e dopo averlo chiuso, una voce attira la mia attenzione <Ehi tu!>. Io mi giro e vedo quell’uomo di prima venire verso di me. Io lo ignoro e mi appresto a prendere le chiavi della mia auto, dandogli le spalle. <Guarda che sto parlando con te> prosegue lui facendomi voltare verso di lui e facendomi sbattere abbastanza violentemente con le spalle contro la portiera dell’auto. Io alzo gli occhi al cielo e lo guardo in faccia. <Come ti permetti di intrometterti nei miei affari?> mi dice puntandomi il dito contro. <Senta, io non so quale sia il suo problema, ma stava minacciando una donna e questo è quanto ho visto. E ora se vuole scusarmi, vorrei andare a casa> gli dico seccata e voltandomi verso la portiera. <No tu, adesso, mi ascolti> mi dice di nuovo prendendomi per le spalle e spingendomi via dalla macchina. <Tu non ti devi permettere di intrometterti nei miei affari, capito? Io faccio quello che voglio. Se voglio minacciare qualcuno, lo minaccio. Se voglio picchiare qualcuno, lo picchio. Tu non sei nessuno per impedirmi di fare quello che voglio. Sei solo una put-> non gli lascio il tempo di dire altro che gli tiro un gancio destro dritto in faccia facendogli perdere leggermente l’equilibrio e allontanandolo da me. “Quando ne ho abbastanza, poi reagisco…”. Lui non si aspettava una reazione del genere e si tocca leggermente il labbro sanguinante. Lui però non dice nulla, perciò, penso sia il caso di andarmene. Cammino nuovamente verso la mia macchina per andarmene definitivamente, ma due mani mi afferrano per le spalle e buttano per terra. La mia testa picchia fortemente contro l’asfalto. Quell’uomo si mette a cavalcioni su di me e mi blocca le mani sopra la testa facendo raschiare le mie nocche contro il cemento. Ma non ho tempo di liberarmi che mi arriva un pugno sullo stomaco, facendomi quasi piegare in due dal dolore, e un altro dritto in faccia. In quel momento, a causa del dolore, chiudo entrambi gli occhi. Pensando che io sia svenuta, sento dei passi dell’uomo allontanarsi. Apro di nuovo lentamente gli occhi, ma sento dolori in tutte le ossa. Mi rialzo lentamente, ma sento qualcosa di umido sul naso. Me lo tocco sperando che non sia rotto, ma quando mi guardo la mano vedo del rosso. Ritorno barcollando alla mia macchina e una volta entrata dentro, metto in moto, sperando di non fare un’incidente nello stato in cui sono ridotta, e mi dirigo verso l’ospedale.
 


<Signorina le è andata bene. Poteva farsi seriamente male> mi dice il medico mentre mi avvolge delle bende intorno al braccio. Risultato della mia “rissa”: sbucciatura sui gomiti e sulle nocche, naso sanguinante, un livido abbastanza grande all’altezza dello stomaco e come non farsi mancare il mio stupendo occhio sinistro nero. <Ha ragione signore> rispondo io. Per fortuna il mal di testa un po’ è passato anche se ho preso una bella botta. <Mi chiedo ancora come ha fatto a venire in macchina fino a qui senza fare un incidente> mi dice ancora dopo aver finito il suo lavoro. <Ho ancora la testa a posto> gli rispondo sorridendo. “Più o meno” mi dice il mio subconscio. Mi guardo un attimo allo specchio e sono veramente conciata da buttare via. “Voglio morire” penso nel mio cervello. Ho ancora dolori da tutte le parti e se prima pensavo di non essere bella ora sono proprio da discarica. <Signorina vuole che avvisi i suoi parenti o qualcuno?> mi chiede ancora il dottore, distraendomi dai miei pensieri, mentre compila la mia cartella. <Non si preoccupi, ci penserò io> gli rispondo. “Se, come se fosse facile avvisare Daniel che ho appena avuto una rissa dove mi hanno menato mica male”. Mi dà la cartella e mi prescrive anche degli antidolorifici che dovrebbero attenuare il dolore. <Grazie mille dottore> ringrazio il signore uscendo dalla stanza. <E’ il mio lavoro. E stia attenta, mi raccomando!> mi dice con un sorriso paterno. Lo saluto con un cenno e mi appresto a tornare a casa. Entro nel mio appartamento e chiudo la porta dietro di me con un sospiro. Metto a posto la spesa, che nel frattempo era rimasta nel bagagliaio e dopo ciò mi siedo sul divano. Medito se devo chiamare Daniel o meno. E Nico? Dovrei avvertire anche lui. E anche Jessica e tutti i miei amici. Sbuffo e mi metto la testa tra le mani. Mi sono messa in un bel casino. La testa ricomincia farmi male, come se ci fosse un martello pneumatico. Per non parlare del senso di nausea che mi tormenta da quando sono uscita dall’ospedale. L’ho sempre detto che sono un casino e che sono solo un peso per le persone che mi stanno accanto. Sento una lacrima scendere lungo la mia guancia che brucia più di quanto dovrebbe, forse anche a causa delle ferite. Scoppio a piangere come una cretina. Sì, io sono una cretina. Io mi illudo di poter avere una vita normale, ma evidentemente non posso averla. Mi accade sempre qualcosa, sempre. A pranzo mangio poco e niente. Non me la sento proprio di mangiare. Il resto del pomeriggio non esco, non solo per come sono conciata, ma anche perché piove, una novità qui a Londra. Passo il pomeriggio a giocare un po’ con la PlayStation e un po’ a leggere. Il mio telefono suona continuamente, ma io lo ignoro. L’ultima cosa che voglio fare è parlare con Daniel e Nico. Li farei preoccupare e rischierebbero di mollare tutto per venire da me e non devono. So cavarmela da sola… “Se bella bugia! Se sapessi veramente cavartela da sola, non ti avrebbero menato!” mi risponde la vocina nella mia testa. Sbuffo sonoramente e mi preparo la cena. Che poi, non so neanche se chiamarla cena, visto che sto mangiando una misera minestra di verdure. Avrei mangiato meglio all’ospedale. Prendo le medicine che mi ha dato il medico sperando che facciano l’effetto desiderato. Vado poi in bagno per darmi una risciacquata al viso. Mi soffermo un attimo a guardarmi allo specchio. Io mi chiedo come Nicolas faccia ad amarmi. Chi vorrebbe stare con una che si mette a fare risse? Che rischia solo per proteggere qualcuno? Un pazzo, questa è la risposta. O qualcuno che non ha niente da perdere. Mi sfioro il livido che ho sull’occhio. Non mi rendo conto che sto piangendo, di nuovo. “Sono così stupida…” penso. Ho bisogno di parlare con qualcuno. Esco dal bagno e vado in salotto. Prendo il mio telefono che avevo lasciato sul divano e lo accendo. La prima cosa che trovo sono 23 chiamate perse da Daniel, 18 da Nico, 5 da Jessica, 3 da Max e 2 da Charles. Per non parlare poi dell’enorme quantità di messaggi che decido di ignorare. Chiamo qualcuno di cui posso fidarmi e che so che non esiterà ad aiutarmi. <Pronto?>. La sua voce con quel caratteristico accento italiano mi raggiunge all’orecchio. <Francesco?> dico cercando di trattenere le lacrime. <Chris? Ehm… Ciao. Non mi aspettavo che fossi tu> mi dice imbarazzato. <Potresti venire a casa mia, adesso?> gli chiedo io. <Ehm… Sì certo, dammi qualche minuto. Ma è successo qualcosa?> mi chiede preoccupato. <Ti spiego quando sei qui> gli dico io. <Ok… 10 minuti e sono lì> dice per poi riattaccare. Sospiro e mi passo le mani tra i capelli. Che casino che sono, mamma mia… Puntuale come sempre, dopo dieci minuti mi bussa alla porta. Gli lascio appena il tempo di entrare che lo abbraccio fortissimo. Non ci vuole molto perché ricomincio a piangere. <Shh va tutto bene Chris, ci sono io adesso> mi accarezza piano i capelli. Quando mi sono calmata, mi fa alzare lo sguardo verso di lui e sussulta al mio aspetto. <Chris cosa è successo?> mi chiede preoccupato. Ci sediamo sul divano e gli racconto brevemente quello che è successo. <Mi dispiace così tanto…> mi dice e io riesco a malapena a trattenere le lacrime. Francesco non esita ad abbracciarmi di nuovo. <Glielo hai detto a Daniel e a Nico?> mi chiede. Io scuoto la testa. <Chris glielo devi dire! Saranno preoccupatissimi! Se vuoi li avviso io…> <No, no, no Fra, no! Se lo scoprono mi uccidono!> gli dico spaventata. Sono terrorizzata all’idea che lo sappiano perché non ho idea di quale sarà la loro reazione. La mia paura è che potrebbero impedirmi di fare boxe. <Christine loro non ti diranno niente! Vorrebbero solo sapere come stai. Non ti impediranno mai di fare boxe> ribatte lui. “Sapevo che avrebbe capito che si trattava di quello…”. Io sospiro. <Che ne dici se chiamiamo almeno Daniel, mhm? Sto qui io con te> mi dice accarezzandomi la spalla. Alla fine, mi convinco. Prendo il telefono e cerco il numero di Daniel. Schiaccio il tasto verde e aspetto che risponda. Nel frattempo, stringo la mano a Francesco. <Daniel?> mormoro quando sento dei rumori dall’altra parte. <Dio Christine! Cosa è successo? Perché non mi hai risposto? Stai bene?> mi chiede in fretta. <Daniel…> cerco di dire, ma le lacrime minacciano di uscire di nuovo. <Chris mi stai preoccupando…> mi dice dall’altra parte. Io guardo brevemente Francesco che mi sorride rassicurante. Cerco di continuare. <Daniel… Sono andata in ospedale perché ho fatto una specie di… rissa> gli dico. <COSA?!> mi grida. <Daniel… ti prego…> <No, niente “ti prego”! Cosa ti salta in testa di fare una rissa?! Ma sei impazzita o cosa?!> <Daniel non gridare! Tu pensi che l’abbia fatto apposta?! Stavo difendendo una donna al supermercato da uno fuori di testa e quello, quando sono uscita, mi ha dato della puttana e io gli ho dato un pugno! Poi quello mi ha dato un pugno in uno occhio e sullo stomaco! Perché non ti fidi mai di me, che cavolo!> esclamo io nervosa. Lui sospira dall’altra parte. Dopo qualche istante di silenzio mi chiede <Stai bene ora?> <Adesso sto meglio> gli rispondo io. <Mi hai fatto preoccupare, sai> mi dice poi. <Lo so Daniel. Mi dispiace…> dico poi con la voce incrinata a causa delle lacrime che hanno ricominciato a scendere lungo le mie guance. <No Chris, non ti devi scusare. È anche colpa mia che ti ho accusato subito. L’importante ora è che stai bene. Nico lo sa?> mi chiede poi. <No…> mormoro io in risposta. Lui sospira di nuovo. <Glielo devi dire Chris. Oggi mi ha chiamato non so quante volte perché era preoccupatissimo che non ti sei fatta sentire> <Daniel, glielo puoi dire tu? Io non ce la faccio…> <Ok, va bene, glielo dirò io quando ci vedremo all’Hungaroring. Adesso devo andare che Cyril mi sta chiamando. Ci risentiamo ok?> <Ok… Ciao> <Ciao>. Chiudo la chiamata con un peso in meno sul cuore. <Allora? Com’è andata?> mi chiede Francesco con un sorriso. <Bene, credo. Mi ha detto che glielo dirà lui a Nico> gli rispondo. Lui annuisce piano. La cosa che mi piace più di Francesco è che capisce la situazione al volo e ti dà solamente dei semplici consigli, non ti obbliga a parlarne per forza. <Guardiamo un film, che ne dici?> propone poi. Io annuisco e accendo la televisione, scegliendo su Netflix un film da guardare. Mi raggomitolo accanto a lui e Fra mi stringe più a sé. “Non so cosa farei se non avessi un amico come lui…”
 
Francesco pov’s
Spengo la Tv silenziosamente. Ho visto gli ultimi 10 minuti di “Top Gun”, uno dei film preferiti di Christine, da solo perché lei si è addormentata sfinita sulla mia spalla. Ha avuto una giornataccia poverina. Se penso solo a quell’idiota che ha potuto farle questo mi viene voglia di andarlo a cercare e di restituirgli il favore. Le sollevo un poco la testa giusto per potermi alzare. La prendo delicatamente in braccio e mi dirigo verso la sua camera da letto. Lei mette le braccia intorno al mio collo e appoggia la testa sulla mia spalla. La metto a letto e le rimbocco le coperte. Anche se ha l’occhio nero e qualche livido qua e là, rimane comunque una delle ragazze più belle che abbia mai visto. Mi siedo sul bordo del letto e la osservo mentre dorme. Vorrei svegliarmi con lei la mattina, vorrei dormire con lei questa notte, vorrei stare con lei, ma non posso. Lei ama un altro, non ama me. Lei non prova gli stessi sentimenti che provo io per lei. Ma, nonostante ciò, il mio amore per lei non è diminuito, anzi, si è rafforzato ancora di più. Io la amo. La amo tantissimo. Le accarezzo la guancia, spostandole alcune ciocche di capelli ribelli e la bacio sulle labbra. È un bacio leggero, del quale probabilmente lei non si accorgerà. Sorrido e vado in salotto dove mi siedo sul divano. Non ho intenzione di andarmene. Le avevo promesso che sarei stata con lei e non ho intenzione di lasciarla, anche se questo vorrà dire dormire sul divano. Guardo qualcosa sui social e decido di mettere un post su Instagram utilizzando una mia foto che ho fatto ieri. Dopo ciò, essendo ormai le 23:45, mi sdraio sul divano cercando di mettermi in una posizione comoda e mi addormento.
 
@francescoberruti
 

Ogni rinuncia fatta per amore è sempre un dono d’amore.

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Spazio autrice:
Lo so mi state tirando a dietro il calendario, però in fondo mi amate, lo so!❤😘 Ma ho voluto fare questo capitolo particolare perché se no sarebbe stato una noia mortale. Sono riuscita anche ad anticipare i tempi di pubblicazione del capitolo, grazie anche al fatto che oggi ho fatto l'ultima verifica e che quindi mi posso ritenere in vacanza, yuppie!🤪 Che nel frattempo nella mia amata pianura Padana sta piovendo, però dettagli. Spero che nonostante tutto vi sia piaciuto! E quindi... cosa ne pensate di Francesco? Come la prenderà il nostro Nicolas? Chi lo sa...
Non vi resta altro che scoprirlo nei prossimi capitoli!!!
A presto!❤🥰
Martina

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