Capitolo 7.
Quando la timidezza ti pervade, è quasi impossibile che questa rimanga dormiente dentro di te. È una specie di enzima che inibisce ogni sentimento, ogni pensiero, ogni emozione.
Ti permette solo di sorridere in modo imbarazzato, di avere un dialogo minimale con le altre persone, di tingere le tue guance di una colorazione calda, che può sembrare gradevole a chi non ne è abituato.
La timidezza ti prelude tante cose.
È proprio difficile essere timidi.
Osservavo i lampioni accesi lungo Kensington Street, con le mani nelle tasche del cappotto e la borsetta che strusciava contro le mie gambe, coperte solo da calze color carne sottilissime.
Aveva smesso di piovere e ormai era buio, il cielo costellato di stelle.
«Sei sempre così pensierosa?»
Adam per fortuna ruppe quel silenzio che mi costringeva a pensare.
A volte fa davvero male pensare.
E io penso sempre troppo.
Accennai un "no" con la testa, volevo dirgli che non ero sempre così noiosa, che era solo perché non ero abituata a stare con qualcuno di diverso da Ronnie.
«Haley, che succede?»
Mi prese il polso dolcemente e mi tirò a sé.
«Ehi, guardami.» Non ci riuscivo. Ero quasi paralizzata.
Le lacrime stavano cominciando a rigare il mio viso.
Per quale motivo piangevo? Beh, difficile da spiegare.
Eppure avevo finalmente trovato qualcuno che sembrava interessato a me, mi voleva portare fuori a cena, era felice quando mi vedeva, cercava di consolarmi.
Perché sono così sbagliata?
Tra i singhiozzi cominciai a raccontare ad Adam tutta la mia vita. La mia infanzia tormentata, tutto il dolore che provavo da bambina quando gli altri mi escludevano, quando mi dicevano: «sei diversa da noi, Haley.»
Le scuole medie, il periodo peggiore della mia breve ed infima esistenza.
Poi le superiori e la morte di mia nonna.
Lui stava ad ascoltare con gli occhi verdi lucidi, ma sempre fissi nei miei, come per dimostrarmi che lui poteva sopportare tutto questo, come in passato avevo fatto io.
«Adesso penserai che io sia solo un'egoista. Dovevamo andare a cena e ti ho tenuto qui ad ascoltare i miei stupidi problemi.
Scusami tanto.»
Ad un tratto tutta la mia timidezza era svanita, aveva lasciato posto ad un sentimento diverso, misto alla vergogna.
«Non scherzare, Haleybella. Se sfogarti ti ha fatto sentire meglio, ora sto meglio anche io.
Mi dispiace davvero per tutto quello che hai passato.»
Nonostante le lacrime, sorrisi. E quello era uno dei sorrisi più sinceri e belli che io avessi mai fatto.
«Ecco, sei stupenda così.» mi disse, con un filo di voce.
Si avvicinò a me cauto. Mi mise una mano sulla guancia. Le nostre labbra erano a pochi centimetri di distanza. Potevo sentire il suo fiato caldo sul viso: limone. Merito dell'aperitivo di prima.
Mi allontanai velocemente, accompagnata da una risata isterica.
«Non so nemmeno quanti anni hai, o se Adam è il tuo vero nome. È la prima volta che mi fido così tanto di uno sconosciuto. Il fatto è che c'è qualcosa in te...»
«Anche in te c'è quel qualcosa Haley. Non mi era mai capitato prima, e ti posso assicurare che di ragazze ne ho avute abbastanza.» disse con un ghigno.
Lo guardai male, e lui sorrise di più, lasciando intravedere i denti perfettamente allineati. Sorrisi anche io.
«Non so per quale motivo, non so nemmeno come hai fatto, ma mi hai davvero incantato, Haley Lancaster, e ne sono felicissimo.»
Una brezza leggera attraversava le chiome degli alberi lungo Kensington Street e così come le foglie muoveva i miei lunghi capelli.
Mi resi conto che il cappotto non bastava più, cominciava a fare davvero freddo.
Guardai l'ora, mentre asciugavo le ultime lacrime.
20:30.
Si stava facendo davvero tardi, e io non avevo nemmeno il cellulare per avvisare mia mamma.
«Okay, penso sia ora di andare.» Dissi, comunque sperando mi rispondesse che no, non me ne potevo andare ora, non avevamo ancora finito la nostra conversazione.
Non sapevamo ancora abbastanza l'uno dell'altro.
«Si, hai ragione...Vuoi che ti accompagni? Ho la macchina parcheggiata vicino al bar di prima.»
Accettare oppure no?
«Non ti preoccupare, Adam. Abito qui vicino.
Buonanotte.»
Gli stampai un bacio sulla guancia, in quel mio momento di follia.
Poi mi allontanai, senza far vedere la delusione che tingeva il mio volto, senza far vedere che sapevo che il mio posto era lì, insieme a lui.
«Buonanotte, Haleybella.»
Avevo già fatto una trentina di passi, quando mi urlò da dietro:« comunque ho vent'anni, visto che ci tenevi a saperlo!»
Non risposi, facendo finta di non aver sentito.
Per i miei diciassette anni di età, venti sembravano davvero tanti. Soprattutto a me che di ragazzi ne avevo frequentati pochi.
Ma non mi importava. Ero intenzionata a vederlo ancora e ancora. Non volevo fermarmi proprio adesso.
Era da tanto che non camminavo da sola di sera. Era da tanto che non mi sentivo così felice.
Era da tanto che aspettavo questo momento.
Arrivata a casa, mia madre per fortuna non disse nulla. Corsi in camera e trovai il mio cellulare abbandonato sul letto, proprio dove l'avevo lasciato.
Lo presi e lessi il messaggio di Adam. Ancora mi chiedo come abbiamo fatto ad incontrarci, quella sera.
So solo che è stata una serata magica.
Da: me.
* io ne ho diciassette;)*
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