Capitolo 2.
Ovviamente non serve dire che ho sempre avuto problemi con il sesso maschile.
I ragazzi per me erano figure sconosciute, già parlare con qualcuno di loro senza arrossire o dire cavolate era un traguardo.
Certo, ho avuto qualche storiella poco seria, di qualche mese, ma niente in confronto a Ronnie o alle sue amichette del cuore, le sue fotocopie. Mi è sempre piaciuto chiamarle così. Qualsiasi cosa Ronnie pensasse di fare, loro la stavano già facendo un minuto dopo.
Mi sono sempre tenuta lontano da soggetti del genere, ragazze che pur di apparire e farsi notare buttavano la loro personalità per prenderne una nuova, in prestito.
Io per lo meno sono sempre rimasta me stessa, tanto l'effetto finale è stato lo stesso. Sconosciuta io, sconosciute loro. Era sempre Ronnie al centro dell'attenzione.
«Haley Lancaster?»
Mi trovavo nel giardino più bello del mio quartiere, in Ohio. Gli aranci erano in fiore e c'era un profumo delicato di lavanda, che mi stuzzicava il naso. Starnutii.
Mi voltai, e non riconobbi il ragazzo alto con gli occhi verdi davanti a me. Penso di aver fatto una faccia strana, perché rise e allungò la sua mano verso di me.
Haley stai tranquilla.
Mi ripetevo.
Respira, Haley.
«Ti chiami Haley, vero? Piacere, Adam.»
Rimasi imbambolata per parecchio tempo e, ovviamente, avvampai all'istante. Mi sentivo le guance esplodere.
Il ragazzo indossava un completo sportivo e aveva le scarpe da ginnastica. Qualche perla di sudore gli scorreva sui lineamenti quasi perfetti. I capelli erano castani e mossi, qualche ciuffo gli ricadeva sul viso.
«Si...» si??? Ma dai Haley.
«Tutto okay? Tieni, ti è caduto questo.» E mi allungò una tessera. La tessera della biblioteca.
Ri di co la.
Ecco, non è solo colpa mia se le mie relazioni con il mondo vanno sempre male, la sfiga gioca sempre un ruolo importante nel farmi fallire miseramente.
Presi la tessera; le mie mani sfiorarono la sua pelle leggermente abbronzata.
«Grazie.» Risposi, con la temperatura corporea a mille.
«Figurati, la biblioteca è qua vicino?»
Mi stava davvero chiedendo dove fosse la biblioteca? Gli interessava davvero?
«Ehm» panico. Ma perché era diventato cosi difficile parlare?
«È a duecento metri da qui, svolta a destra e poi...a destra. Noo scusa, a sinistra e poi a destra. Ehm...»
Che confusione in quel momento. Tutta colpa del suo sorriso, che continuava smagliante a fissarmi dal suo viso.
«Mi accompagni?»
Quella domanda arrivò come una secchiata di acqua gelida. Ero incredula.
No, non posso farcela.
«In realtà dovrei andare...»
E anche in quest'occasione la mia parte timida aveva avuto la meglio, aveva vinto lei.
Sfoderando uno dei miei più imbarazzati sorrisi, ancora stringendo la tessera in mano, mi girai, sperando che Adam non mi seguisse.
«Sarà per la prossima allora.»
Disse con voce dolce. Non mi voltai, non dissi nulla. Nella mia testa c'erano un turbinio di emozioni indecifrabili. Avrei voluto dirgli: «Aspetta, vengo con te, ti accompagno.»
Ma come al solito, la mia bocca non rispose ai comandi.
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