Spilliamoci d'amor.
Premessa: I fatti narrati potrebbero non rispecchiare interamente la realtà.
Buona lettura.
Gino e Tatiana erano intenti a confezionare i grandi abiti da sera importati direttamente dalla Francia.
Ogni anno, un'infinità di abiti colorati e pieni di piume venivano ordinati al Madame de rouge e confezionati con grande meticolosità. Purtroppo ogni membro di quella grande attività portata avanti da Madame Bonnè, una donnetta francese e grassoccia, si dileguava subito dopo le undici. E questo significava che Gino e Tatiana dovevano rimanere fino a notte tarda a finire il lavoro. A Gino piaceva quel lavoro, non poteva rifiutare le richieste della signora Bonnè, e inoltre non aveva di che sfamarsi senza di esso.
Tatiana, dal canto suo, era più combattiva, e affrontava Madame ogni volta che poteva traendone solo minacce di licenziamento.
Ma a Madame Bonnè servivano quei due incompetenti, poiché nonostante la facessero disperare più volte al giorno, alla fine erano gli unici a rimanere e a finire quel lavoro noioso ma tanto utile. Così quando era sul punto di urlare loro che dovevano andarsene immediatamente faceva un gran respiro e li ignorava.
Le notti per Gino e Tatiana ormai erano diventate un movimento continuo di mani che stiravano, impacchettavano e assemblavano. Capitava a volte che uno dei due portasse qualcosa da casa e cenasse lì, ma il più delle volte preferivano il take-away. Così, quando nessuno dei due aveva voglia delle solite minestrine e cotolette ordinavano due pizze grondanti di mozzarella, peperoni, salsiccia e ogni sorta di ingrediente ipercalorico.
Gino viveva da solo con il suo barboncino Gustavo, e quando la notte rimaneva a lavorare lo lasciava dalla sua cara vicina Nunziata che amava sfamare quel cagnolino con le sue torte alla crema pasticceria.
Era una vicina adorabile ma troppo insistente, così quando Gino non la vedeva tirava giù boccate di sollievo che a casa gli erano impossibili da fare.
Gino Casseruola odiava il suo cognome e ogni cosa che apparteneva alla sua famiglia.
Era bianco come uno straccio e magro quasi quanto il suo Gustavo. Non aveva più di trenta anni, ma le disgrazie e la sedentarietà lo facevano sembrare più vecchio di qualche anno. Beveva il latte ogni ora del giorno e tutti sospettavano che fosse quella la causa del suo colorito smorto. La cosa che amava di più era stare seduto sul divano con una tazzona di latte e un CD anni 80' che risuonava per la casa. Odiava le mosche. Amava, invece, il rumore della pioggia che batteva sul ripiano della finestra aperta.
Un'altra delle cose che amava di più erano le notti che passava con Tatiana. Avrebbe voluto passarle in casa davanti a un bel film abbracciato a lei ma il suo destino sembrava beffeggiarlo quando e come voleva.
Ogni tanto escogitava dei trucchetti per sfiorare il suo braccio o per baciarla accidentalmente ma era troppo impacciato, così rinunciava subito. Gino aveva la fobia di tante cose.
La più strana e recente era la fobia alle spllatrici.
Ne aveva una paura matta.
Ogni volta che dovevano spillare buste lasciava fare il lavoro a Tatiana vergognandosi tanto.
In una notte afosa di metà giugno confidò questo suo segreto a Tatiana:
<<Ti voglio dire una cosa, ma bada a non riferirla a nessuno.
Specialmente a Bonnè>>
<<Ma no, lo sai che so mantenere i segreti. Parla su.>>
<<Beh..ho scoperto di avere una fobia, una strana però.>>
<<Le tue fobie sono tutte strane Gino..>> disse prendendolo in giro.
<<Questa è la più strana, credimi!>>
Mentre Tatiana masticava la sua chewingum al lampone posò la pila di abiti che teneva in mano e si alzò, dirigendosi verso Gino.
Gli mise un braccio intorno alle spalle confortandolo:
<<Ehi, tu lo sai che a me puoi dire tutto.>>
<<Promettimi una cosa.>>
<<Certo, tutto quello che vuoi.>>
<<Non ridere. O almeno trattieniti.>>
<<Ci proverò.>> rispose lei mettendosi una mano davanti alla bocca.
Il tutto avvenne in poco tempo. Gino confidò il suo segreto e Tatiana dopo svariati minuti di silenzio si buttò a terra in preda alla ridarella. Così finirono tutti e due a ridere. Da lì Tatiana capì perché ogni volta che si dovesse spillare qualcosa Gino fosse intento a fare altro, pallido e tremante.
Gino Casseruola disse che il tutto era iniziato 5 anni prima, alla festa di inaugurazione del Madame de Rouge. Era nuovo, non conosceva nessuno né tantomeno aveva voglia di farlo, così se ne stava appartato in un angolo della sala a pensare, mentre i suoi colleghi mandavano giù ogni sorta di pasticcino a ritmo di suoni caraibici.
Odiava la musica di quel genere e la crema all'interno dei pasticcini e inoltre non sapeva come interagire con altri essere umani, quindi risultava facilmente antipatico agli occhi di chi lo guardava.
In preda alla noia decise di fare un giro dell'azienda. Si portò dietro un bicchiere di vodka alla mela per avere un po' di compagnia e per perdere per una sera quel suo atteggiamento sempre ordinario. Era vestito di tutto punto, con pantaloni grigi stirati meticolosamente e una polo nera estremamente semplice. Teneva gli occhiali verdi e quadrati fin sopra il naso e quando era nervoso se li toccava insistentemente.
A parte la sala di inaugurazione che aveva assunto l'aria di una piccola discoteca, tutto il resto dell'azienda sembrava brulicare di spettri. Era buia, e la parte fifona di Gino voleva tornare immediatamente indietro.
Buttò giù un grande sorso di quella vodka che gli bruciò la gola talmente forte che tossì e tossì. Credeva di essere più sicuro adesso, così si caricò di coraggio ed entrò nella stanza delle impacchettature.
Accese la luce e guardò meravigliato la pila di abiti che riempiva di colori la stanza.
Si avvicinò al carrello e cominciò a sfiorare le piume e i tessuti di seta immaginandoli addosso a sé stesso e a una lei immaginaria.
Prese una tutina azzurra con un cappello piumato, destinata forse a una festa in maschera, e se lo appoggiò addosso camminando con grazia e facendo riverenze.
Gira di qua e gira di lá sbatté la testa contro un mobiletto su cui vi erano appoggiate le spillatrici.
Esso vacillò portando Gino a indietreggiare velocemente. Riuscì a scansare il mobiletto, ma le spillatrici appoggiate sul ripiano finirono tutte addosso a Gino e gli provocarono bernoccoli e graffi su tutto il corpo. Dolorante e impaurito cadde in un sonno profondo, fatto di spillatrici giganti con denti affilati che lo inseguivano.
Si svegliò solamente l'indomani mattina con un gran mal di testa seduto su di una sedia di legno.
Aveva dormito lì e anche male.
Qualcuno lo aveva visto e spostato su quella sedia, ordinando le spillatrici sul mobiletto.
Inizialmente credette di aver sognato tutto quanto, ma quando cercò di alzarsi un dolore in ogni parte del corpo lo colpì in pieno, costringendolo a risedersi. Esaminò le braccia e notò i graffi rilasciati la notte prima, capendo che in realtà era accaduto veramente. Da lì in poi nacque in lui una reversione per le spillatrici, non riusciva ad avvicinarsi a loro senza avvertire un senso di nausea. Così, ogni volta che a lavoro doveva maneggiarle o stare nella loro stessa stanza correva in bagno a sciaquarsi la faccia. Era ridicolo e non riusciva ad ammettere a sé stesso che aveva una paura matta per quelle dannate spillatrici.
<<Quindi mi stai dicendo che hai paura di loro solo perché una volta ti sono cadute addosso? Ma è ridicolo Gino!>>
<<Lo so...ma non posso farci nulla, è una reazione strettamente naturale. Le vedo e puff, mi sento male.>>
<<Sei andato da qualcuno? Non so...un medico?>>
<<No, che vuoi che ne sappiamo i medici. Al massimo uno psichiatra ci vorrebbe.>>
<<Secondo me non sbagli, magari ti potrebbe aiutare.>>
<<Non lo so, non lo so...so solo che non ne posso più!>> disse Gino toccandosi nervosamente la stanghetta degli occhiali.
<<Voglio fare un esperimento>>
<<Che intendi dire...?
Oh, no no, non pensarci neanche>> disse lui mentre Tatiana prendeva lentamente una spillatrice dal ripiano.
Tatiana era una donna poco esigente, amante delle pantofole e dei mercatini delle occasioni, come era solita chiamarli lei.
Amava frugare in mezzo a quella confusione in attesa di trovare qualcosa di eccezionale a poco prezzo. Una volta, in una bancarella di antiquariato comprò un ciondolo a forma di scarabeo, dicendo a tutti che le avrebbe portato fortuna.
La fortuna in realtà non arrivò ma non si diede mai per vinta.
Tatiana non era bella, ma molti uomini amavano passare del tempo in sua compagnia, per via della sua intelligenza. Era molto alta e magra quanto bastava. Capelli castani, lisci e un grande neo al centro della guancia che le provocava sguardi curiosi.
Amava la sua vita, ma ogni tanto le prendevano degli attacchi di nostalgia perché si sentiva tanto sola. Il suo lavoro le piaceva e amava il fruscìo leggero che emettevano gli abiti che man mano impacchettava.
Odiava essere al centro dell'attenzione, e ritrovarsi in mezzo a tantissima gente, così quando stava sola con Gino si sentiva molto meglio.
Tatiana Colombina aveva a cuore ogni animale esistente sulla terra. Delle persone poco le importava, tranne una: Gino.
Negli ultimi 2 anni aveva iniziato a manifestare un affetto morboso per quell' ometto cadaverico, ma cercava in tutti i modi di nasconderlo.
L'occasione però le si presentò una sera, quando Gino le accennò a proposito di una strana fobia.
Un'idea stramba le venne subito in mente! Voleva proprio vedere se anche lui provava dell'interesse per quella donna tanto strana.
Così decise di attuare il suo piano:
<<Ascolta Gino, io voglio aiutarti, lasciami fare!>>
<<No, allontanati con quel coso dalle mani, Tatiana dico sul serio, non farlo...>> disse Gino mentre indietreggiava impaurito.
<<Gino, fidati di me.>>
Preso alla sprovvista da quelle parole si fermò improvvisamente vedendo negli occhi di Tatiana una luce diversa.
Lei continuava ad avvicinarsi con in mano la spillatrice, ma Gino non la vedeva, aveva gli occhi puntati solo su di lei, su quei cerchi neri sprizzanti sicurezza.
Quando furono talmente vicini da sfiorarsi ambedue i nasi Tatiana gli prese la mano, e continuando a guardarlo negli occhi se la portò sulla sua, che continuava a reggere l'oggettino tanto temuto. Appoggiata la mano pallida sulla spillatrice Gino sussultò ma non cercò di allontanarsi, un'altra forza lo teneva incollato sul pavimento.
<<Puoi prenderla tu se vuoi.>> disse lei riferendosi all'oggetto.
Gino non seppe rispondere, il suo corpo era immobilizzato e la sua mano tremava al tocco misto della spillatrice fredda e della mano calda di Tatiana.
Dopo minuti che sembravano ore si sentì il rumore di qualcosa che cadeva per terra.
Nessuno però ci badò.
Aggrovigliati occhi negli occhi sfiorarono le proprie fronti:
<<Posso baciarti...?>> si sentì nell'aria.
<<Non vedevo l'ora.>>
End.
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