8 ottobre

» Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» prompt: incisione
» rating: giallo
» parole: 455



Parco Nazione Impenetrabile di Bwindi, Uganda



Oggi ne abbiamo presi più di trenta.
Nascosti come facoceri in fuga nella foresta di una vecchia area protetta, credevano che la sacralità del luogo bastasse per sentirsi al sicuro da noi, i nuovi signori di questo mondo.
Peccato che noi, esattamente come loro, sappiamo usare i mezzi e arrivare ovunque. La foresta di Bwindi è tutt’altro che inaccessibile; ci siamo fatti strada con i Quod, poi sono bastati i machete. I trogloditi che stavamo fiutando non avevano avuto neanche la furbizia di spegnere per bene le braci del fuoco, evitando che le ceneri volassero fino ai nostri nasi.

Umani. Così desueti.

L’oscurità fradicia della foresta pluviale, gli animali velenosi e le ore di marcia non ci hanno minimamente scalfito. Siamo in grado di camminare per decine di chilometri, dritti come mietitrebbie, senza che nulla si azzardi a toccare le nostre pelli. È questo, il bello dell’evoluzione. Ma non tutti sono stati fortunati e noi, semplicemente, ci cibiamo del più alto anello debole della catena alimentare.
Un po’ come fece Homo sapiens nei confronti di Homo neanderthalensis, e con tutte le altre specie del genere Homo col quale i sapiens incrociarono la via, così noi facciamo con i sapiens: li cacciamo seguendo tracce, sia naturali che gps; li raggiungiamo e li estraiamo dalla loro tana. Ma la fase più importante è quella della marcatura con incisione, dunque il censimento.
Ci dobbiamo assicurare che i sapiens siano immediatamente riconoscibili, essendo così simili a noi, per naturali ragioni. Basta incidere una croce sulle loro fronti, con un coltello a lama sterilizzata a fuoco ― non vogliamo che la carne marcisca prima del tempo.
Così, per noi, da “umani” diventano “incisi”, le nostre bestioline in stato di cattività. E ci siamo assicurati le riserve di grasso che servono per non perdere la testa, come accadeva in passato. 
C’è stato un tempo in cui gli umani stavano per avere la meglio, infatti. All’inizio della pandemia, era difficile trovare cibo fresco: i vecchi-noi morivano come mosche e la nuova biologia ci imponeva di mangiare carne freschissima, poiché il sangue dei morti era veleno, per noi, e lo è tuttora. All’epoca non eravamo organizzati, la fame ci spingeva verso la pazzia, ci rendeva mostruosi e vulnerabili agli attacchi frontali. 
Poi, però, i più nutriti di noi hanno cominciato a ragionare, a capire che si poteva sfruttare l’umano pregiudizio: credevano che fossimo senza cervello, vuoti come gusci raggrinziti, totalmente irrazionali e catatonici.
Non capivano quanto Madre Natura fosse dalla nostra, in realtà. E vincemmo. 
Agli umani togliemmo tutto, tutte le risorse terrestri sul nostro passaggio. Togliemmo suoli, acque, città, e la carne dalle ossa. Rimaneva loro solo il modo in cui ci avevano sempre chiamati: “zombie”.

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