25 ottobre
» Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
» prompt: sospiro
» rating: verde
» parole: 1156
Corfù, Grecia
Dopo anni di repressione forzata, m'esce un po' di sollievo.
Il sud Italia mi è sempre stato stretto, mi soffocava. Su quest'isola i miei peccati sembrano invece essere la normalità, leciti, ordinari. Da tempi mitologici, infatti, in Grecia l'omosessualità è stata riconosciuta e accettata come si accetta il vento che smuove le onde. Con sacrosanta naturalezza.
Qui posso essere me stesso, finalmente, posso trovare il mio Achille. Lontano dagli occhi accusatori del paesino natale.
Benitses è la città sul mare perfetta per festeggiare. Sono solo, partito in fretta e furia – con ancora il cartellino del prezzo attaccato alla valigia nuova, per intenderci.
Stasera c'è un'afa da togliere il fiato, ma non basta a placare la mia voglia predatoria. La Gay Street è un via-vai luccicante, popolato da coppie di qualunque etnia e sessualità. Mette un senso di leggerezza, sento una felicità che formicola sottopelle.
Entro nel primo locale carino che vedo, all'esterno campeggia una scritta a caratteri minimali: στεναγμός.
Sembra un posto di lusso. Le vetrate nero affumicato non lasciano intravedere nulla, all'interno. Una sottile linea di neon rosso ricalca l'entrata.
«Stenagmós.»
«Eh?» mi volto verso chi ha parlato. Un tizio mulatto in tenuta da turista giapponese se ne sta a fissarmi a braccia incrociate, mentre – come me – decide se entrare o meno.
«Significa "sospiro".» Lo sconosciuto ammicca. «Capito, no? Un locale chiamato "Sospiro"... Usa l'immaginazione, dolcezza.»
Lo guardo confuso, parlando in inglese e alzando il mento all'italiana: «Scusa, te l'ho forse chiesto? Non credo.»
«Rilassati, amico. Sei a Corfù, mica nel tuo paese bigotto» ribatte serenamente. Si avvia all'ingresso e mi fa cenno di precederlo con un gesto da gentleman dell'Ottocento. «Lì dentro ce n'è, di roba, per darsi una calmata, sai... sei proprio un bel bocconcino. Quanto hai? Diciotto? Diciassette?»
«Spiacente, ma sono più adulto e vaccinato di quanto pensi. Comunque, mi hai convinto, ma togliti dai piedi. Non sei il mio tipo.» Dato che avrai almeno quarant'anni più di me, aggiungo mentalmente, ma evito di fare ancora l'esaurito. Spero solo che non mi si attacchi al culo gente come lui.
Credo proprio di aver trovato il tipo di pub che cercavo. E il mio intuito non sbaglia, una volta dentro.
Un buttafuori controlla i miei documenti, poi mi lascia scorrazzare. Il salotto è una fusione tra una disco-pub e un lounge-bar, dai toni soffusi e meravigliosamente eleganti. L'ocra, il nero e il rosso degli arredi si miscelano sapientemente, e la gente è proprio bella, al contrario di quanto mi pronosticavo di fuori: i miei coetanei attirano di più l'attenzione, modestamente. La carne fresca non delude mai, anche se apprezzo anche quella un po' stagionata, lo ammetto – ma non i vecchi intraprendenti vestiti da turista giapponese, per cortesia.
Metto le chiappe su uno sgabello imbottito, a ridosso del bancone, e ordino qualcosa a base di gin.
Modestamente, non serve che io mi sforzi troppo. So già che, presto o tardi, qualcuno verrà a bussarmi sulla spalla.
«Hey, sei da solo?»
Eccolo qua; una voce americana, stentata, mi picchietta il timpano destro. Mi giro con aria da sufficienza, ma... cambio velocemente atteggiamento. Ci vuole meno di mezzo secondo per far impazzire i neuroni del mio cervello e spingermi a tirarmela decisamente di meno: è un fottuto Adone.
Avrà sì e no la mia età. Bingo. Biondo e con gli occhi scuri, come si dice dalle mie parti "occhi neri, capelli biondi, bellezza di tutti i mondi". Pelle abbronzata... e in faccia è come piace a me: liscio come il culetto di un moccioso. Bingo numero due. È gay e mi è appena attaccato alle calcagna. Bingo numero...? Ho perso il conto. Ho già il sangue da un'altra parte. Meglio se mi sciacquo la gola col drink.
«Sì. Anche tu?»
«Il secondo giro offro io» mi fa, sorridendo, adorabile. Ma si vede che non vuole perdere tempo in chiacchiere di circostanza. Poggia l'avambraccio tatuato accanto al mio busto e viene subito al sodo, lasciandomi un po' spiazzato. «Ci sono delle stanze, dopo il corridoio. Si noleggiano per una notte, e... mi piacerebbe passarla con te. Ti va?»
Batto le palpebre, rincitrullito. «Perché no?»
Ecco il lato della comunità gay che più amo e, insieme, più detesto. Per carità, capiterà anche nel mondo etero, ma quando entri un locale a libera sessualità non fai neanche in tempo a bere un dannato bicchiere di qualcosa che già vieni visto come una preda da qualcuno, che attacca immediatamente bottone senza ritegno. Umanamente è un po' triste... ma mi sta benone!
Il barista mi fa l'occhiolino. Sorrido e prendo la mano del biondino, mi lascio condurre in paradiso.
Non so neanche come si chiama. Mi importa? Bo, so solo che l'odore della sua colonia mi fa girare la testa e che stasera i miei freni inibitori li ho buttati a mare. Facciamo appena in tempo a raggiungere la stanza da letto e a barricarci dentro, che la nostra voglia esplode come Napoli a Capodanno.
Nel buio, ci lanciamo sul materasso, due atleti olimpici, praticamente. Accendo la luce rossa accanto alla testata, per godermi la vista. Mi gira la testa, la sento pesante, nel dubbio... la affondo volentieri tra le sue cosce.
Mi sveglio come un pupo sazio nella culla.
Ho un sorrisetto stampato in faccia. Coso, - non so ancora come si chiama – sonnecchia; un angioletto al mio fianco, nudo e illuminato dal gentile sole mattutino. Gentile-sole-mattutino, signori. Divento proprio un poeta, dopo una notte di sano sesso tra cowboys.
«Mh, hey.»
«Hey» gli sorrido, poi decido di capirci qualcosina in più. «Io sono Giovanni. Tu di dove sei?»
Lui mi guarda, battendo le palpebre. All'improvviso, ha un'espressione indecifrabile sulla faccia: un misto di incredulità e... una certa gioia?
Si puntella sui gomiti, portandosi all'indietro questi meravigliosi riflessi dorati. «Non ci credo. Anch'io mi chiamo Giovanni.»
E lo dice in italiano.
In italiano?
Scoppio a ridere, con uno strano senso di leggerezza e felicità puerile. «Sei italiano? E quando me lo dici? Ci siamo detti cose zozze in inglese maccaronico tutta la notte! Oh, che figata» lo tiro con un braccio attorno alle spalle e gli spalmo un bacio in fronte. «Fratello! Non ci credo, lo stesso nome!»
Ridiamo e ci abbracciamo come a una partita di calcetto vinta. Ho trovato un pezzo di paradiso all'estero... ed è italiano. Il Karma mi starà dicendo che il mio paese è il più bello del mondo, e che l'estero non ha niente di meglio da offrirmi?
«Giovanni e Giovanni, una barzelletta!» commenta, tutto pimpante. «Pensare che cercavo solo la scopata di una sera, invece ho trovato un compatriota.»
«Sai che ti dico? È fottutamente bello parlare la stessa lingua. Mi sento a casa.»
«Ma va...» sussurra, accarezzandomi le labbra con un dito. «Mi fa strano averlo preso nel didietro da uno che si chiama come me.»
Lo guardo, e in lui rivedo il sole della mia Sicilia. «Farebbe ancora più strano se ti chiedessi di continuare questa vacanza insieme, vero?»
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