CAPITOLO X


Non riuscì a dormire e quando la mattina andò in bagno a lavarsi e si guardò allo specchio vide due grandi occhiaie grigie che le cerchiavano gli occhi scuri: aveva un aspetto orribile, così ringraziò di vivere da sola, almeno nessuno la avrebbe vista in quello stato.  Cercò di rendersi presentabile, aprì l'armadio e ci guardò dentro... niente, assolutamente niente da mettersi. Almeno questa è l'impressione che aveva lei. Alla fine, ancora in pigiama, che di fatto consisteva in una maglietta lunga, cercò il cellulare e poi frugò nella borsa sperando di trovare il biglietto da visita di William, una volta afferratolo digitò i numeri sullo schermo del telefono e lo chiamò, sperando di non disturbarlo. Lui le rispose quasi subito, la sua voce era perfettamente fresca e per nulla assonnata; Elisabeth gli chiese se gli andava di fare colazione insieme, nello stesso bar del giorno prima, e gli spiegò che era per poter parlare a quattrocchi di un "dubbio" che le era venuto. William accettò la proposta senza esitazione ed Ellie era pronta a scommettere che il tutto era accompagnato da un sorriso cortese... quell'uomo era davvero gentile.


Alle dieci in punto si trovarono al bar, William le chiese cosa preferisse e andò al bancone ad ordinare la colazione per tutti due, che poi portò al tavolino dove Elisabeth si era seduta. – Pancake e spremuta d'arancia – disse porgendole le vivande – grazie – disse Ellie afferrandole, lui aveva preso un cappuccino... una scelta non molto inglese, ma in fondo non erano i suoi gusti culinari che le interessavano. – Allora, di che cosa volevi parlarmi? – chiese lui sorridendo, prima di prendere un sorso dalla sua tazza fumante – ah... bhe... ecco... - Ellie non sapeva bene come iniziare il discorso, abbassò lo sguardo, visibilmente in difficoltà – puoi chiedermi qualsiasi cosa Elisabeth, non aver paura – la voce di William era dolce e comprensiva, improvvisamente Ellie sentì lo sguardo dell'uomo su di se, così si fece forza e disse:  - non ho potuto fare a meno di notare il tuo accento inglese e... bhe, tu e Peter siete amici dall'età di tre anni ma... insomma... lui non ha il tuo stesso accento e non mi ha mai detto di essere inglese e in effetti, a pensarci bene, non mi ha mai detto nulla del suo passato e... e di lui in generale -  - te l'ho detto, Peter è molto riservato. Dagli tempo. Vedrai che quando sarà pronto ti dirà tutto quello che vorrai – disse William, una risposta perfettamente pulita e allo stesso tempo evasiva: le aveva detto tutto e niente. – si, ma non puoi dirmi nemmeno se è inglese? È una cosa stupida... ma saperlo mi farebbe piacere - Elisabeth cercò di ribattere, voleva avere delle risposte; l'uomo che le sedeva difronte la guardò un po' indeciso sul da farsi e alla fine le rispose con tono gentile e comprensivo – si, io e Peter siamo inglesi. Lui si trasferì quando aveva quindici anni, per questo non ha più l'accento. Io rimasi a Londra, ma... - William esitò, per un momento il suo viso si rabbuiò, era come se fosse stato colpito da un improvviso e triste ricordo – ma venni a Los Angeles un mese fa, per lavoro, ero partito un paio di giorni prima del previsto per fare una sorpresa alla mia ragazza, che vive lì... peccato che la sorpresa me la abbia fatta lei – Ellie si sentì in colpa, non avrebbe mai voluto fargli ricordare qualcosa di doloroso, così provò ad accennare un "mi dispiace", ma lui, da vero gentleman, le disse che non doveva preoccuparsi – in fondo è stato meglio così, sai? Se non fossi venuto qui, in America, non avrei ottenuto il mio nuovo lavoro... - - ah si?- chiese curiosa Elisabeth  – si. Ero venuto qui per un convegno, come ti ho accennato prima, dovevo parlare di cose scientifiche noiosissime e... bhe, per farla breve una persona molto importante è rimasta colpita dalle mie ricerche e dal mio progetto e mi ha assunto come ricercatore nella sua azienda. Io amo Londra, ma era un'opportunità alla quale non potevo rinunciare. Sarei dovuto stare a Los Angeles, ma all'ultimo mi hanno detto di venire a New York - - e ne hai approfittato per passare a trovare Peter? – chiese Ellie – In realtà lui in quel periodo sarebbe dovuto essere in Europa, io gli avevo detto che sarei stato a L.A e, bhe, quando per puro caso lo trovai in un pub, proprio qui a NYC, una sera che avevo deciso di uscire...bhe, ne rimasi molto sorpreso e così anche lui: entrambi credevamo che l'altro fosse da tutt'altra parte! Quando Peter scoprì che non avevo ancora un posto tutto mio  si offrì di ospitarmi fino a che non avessi trovato un appartamento solo per me...– rispose William sorridente, poi guardò l'orologio: doveva andare. Salutò Elisabeth e le disse di non preoccuparsi e di chiamarlo, senza esitare, se mai avesse avuto altri problemi, "dubbi" o semplicemente voglia di fare due chiacchere. Ellie lo salutò e subito dopo uscì anche lei dal bar, andò alla fermata del pullman e scese un po' prima: aveva voglia di camminare e l'aria fresca era certamente un toccasana per la sua mente che si trovava ancora in uno stato decisamente confusionale! D'altra parte non aveva scoperto nulla di sorprendente sul passato di Peter, ora sapeva soltanto che era inglese anziché americano... gran bel lavoro Sherlock! In quel momento desiderò avere lì con sé il suo Watson e, contro ogni aspettativa, vide John proprio dall'altra parte della strada, così lo chiamò. – Non dovresti essere al lavoro? – gli chiese non appena il ragazzo ebbe attraversato la strada – e tu non dovresti essere a casa? – disse ridendo John guardandola divertito – ogni tanto esco anche io, sai? – Ellie lo spintonò – allora... giorno libero? Indovinato?- gli chiese poi – esatto annuì il ragazzo, poi le fece notare che si stava avvicinando mezzogiorno  e le chiese se le andava di pranzare con lui  – andiamo da me, sempre se ti va...- disse – certo! È da tanto che non mangiamo insieme e poi il mio turno inizia alle tre! Ho un sacco di tempo!- rise Elisabeth e poi aggiunse – così finalmente vedrò la residenza O' Brian!- e le scappò un'altra risata, sapeva quanto l'amico odiava sentirsi chiamare per cognome – va bene, va bene... Cavendish... ma non esaltarti troppo! – disse John spintonandola amichevolmente e guidandola verso casa sua. Una volta arrivati davanti alla porta di ingresso il ragazzo si fermò: - sei pronta? – chiese sorridendo in modo quasi diabolico – prontissima! – disse Ellie e scoppiò a ridere, pregustando il momento in cui avrebbe scoperto com'era l'appartamento di John. Alla fine lui prese un mazzo di chiavi dalle tasche dei pantaloni, inserì quella giusta nel chiavistello, girò tre volte e aprì la porta dicendo – benvenuta nel mio regno signorina Cavendish! – e scoppiò a ridere; Elisabeth gli diede una leggera spinta ed entrò, ritrovandosi in quello che doveva essere il salotto. Era tutto arredato in stile "metropolitano" e dalle finestre entrava una tenue luce che illuminava naturalmente ogni singolo angolo della stanza. – Allora, ti piace? – le chiese l'amico – è uguale a te – rispose Ellie continuando a guardarsi in giro – bhe, allora è bellissima! – scherzò John, poi la portò in cucina – siediti dove vuoi – le disse, poi andò verso il frigo lo aprì  e prese letteralmente delle cose a caso che poi buttò in padella a scaldare – vuoi avvelenarmi per caso? – chiese Elisabeth ironicamente, osservando il guazzabuglio bollire in pentola; John rise e mentre stava attento a non far bruciare il tutto le assicurò che era la sua "specialità" e che, ovviamente, era buonissima. Dopo qualche minuto fu pronto, iniziarono a mangiare e Ellie fu costretta ad ammettere che l'intruglio dell'amico non era poi così male; alla fine si misero a parlare e la ragazza confidò a John quello che aveva scoperto su Peter – ah si? – disse lui – non lo avrei mai detto. Comunque, continua a non piacermi - - lo so, lo so... - sorrise Elisabeth – ma ti ci dovrai abituare - - sai che non lo farò mai... - l'amico la guardò serio – non credo che mi abituerò mai al suo modo di fare...- aggiunse poi prendendo una forchettata della sua "specialità" – non capisco proprio come faccia a piacerti...- -John...- Ellie cercò di ribattere, ma il ragazzo continuò a parlare, nonostante avesse ancora del cibo in bocca – insomma, è così... strano e misterioso! Ha quel modo di fare... bha... - - ok, non ti piace. Lo accetto – si arrese Elisabeth – perché non lo lasci perdere ed esci con Edward invece? - -Edward?!- Ellie diventò improvvisamente rossa – si... perché no scusa?- la ragazza non rispose – è un bravo ragazzo – disse John – e un amico – aggiunse sottolineando stranamente la parola amico – ah si? E da quando siete amici? – chiese la ragazza cercando di controllare il suo tono di voce il più possibile – dal concerto al Dave's. è una di quelle persone con cui fai subito amicizia... - rispose John – ah... certo! Ovvio... - l'amico la fissò con sguardo indagatore – va tutto bene?- le chiese sospettoso, Elisabeth si lasciò scappare una risatina isterica – ah... si, certamente... - il ragazzo continuò a guardarla e alla fine Ellie cedette – ok...ok... hai vinto, ma non fissarmi più a quel modo per favore! – supplicò, mentre diventava bordeaux – quindi? – incalzò John – bhe... può darsi che il tuo "amico" Edward mi abbia...ecco... baciata... ma è finita lì. Niente di importante. - -ah sì?- l'amico la guardò, squadrandola,  per niente convinto dall'ultima parte della sua "confessione"  – a me non sembra... data la tua reazione...- -ma che reazione?!- sbottò Elisabeth ancora più rossa in viso; avrebbe voluto sprofondare e John, da parte sua, non la stava decisamente mettendo a suo agio perfido bastardo...pensò, ma senza volerlo davvero offendere: era uno di quegli insulti affettuosi che ci si scambia tra amici – bhe... non so se ti sei accorta – disse lui ridendo leggermente mentre la guardava – ma sei più rossa di un pomodoro!- e scoppiò definitivamente a ridere, facendo infuriare Ellie che gli lanciò un pezzo di pane in faccia – dai! Smettila di prenderti gioco di me! – disse e poi aggiunse – mi conviene andare. Con te faccio i conti più tardi! - .



***                                                                                                                                                                          


Stava coprendo il suo turno al Dave's quando al bancone si presentò una faccia conosciuta: era il ragazzo che presentava i cantanti al "locale più in vista di New York", proprio dove si era esibita  quasi un mese fa, la sera in cui aveva conosciuto John; ricordò che era stato molto gentile e che le aveva detto che magari "il capo" la avrebbe richiamata – Elisabeth Cavendish? – chiese gentilmente – si – rispose Ellie – ho buone notizie per te allora – disse sorridente il ragazzo – abbiamo provato a contattarti, ma non rispondevi mai al telefono... così mi hanno mandato a cercarti. Ti va di esibirti di nuovo da noi? Perché mi hai riconosciuto, vero? Dimmi di sì, o avrò fatto una gaffe terribile... - Elisabeth rise, si vedeva che era abituato a parlare con le persone e che faceva soltanto finta di essere in imbarazzo – ma certo! – rispose la ragazza e poi aggiunse – e si, mi ricordo te!-  


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