Capitolo 49 : Il capo

Nella sala affollata, l'ansia era palpabile mentre io, Sherlock e Arsenè ci nascondevamo negli angoli, cercando di non attirare l'attenzione tra le molte persone vestite di scuro.

Le ombre danzavano sulle pareti, rendendo difficile distinguere i volti dei presenti. La tensione nell'aria era intensa, mentre ci chiedevamo chi fossero quelle persone e cosa stessero facendo lì.

"Ma chi sono tutti ?" sussurrai a Sherlock, il mio respiro affannato tradiva la mia crescente preoccupazione.

"Non ne ho idea, Irene," rispose Sherlock a bassa voce, il suo sguardo scrutava attentamente la folla. "Dobbiamo stare all'erta."

Arsenè annuì concordando, mentre osservava il flusso di persone con sguardo vigile.

"Sembra una specie di riunione segreta. Ma di cosa parleranno?"

Poco dopo, una figura entrò nella sala e si avvicinò a noi. Inizialmente tesi, ci rilassammo quando riconoscemmo il volto familiare di Mark, che dovetti presentare a Sherlock e Arséne perché non lo conoscevano.

La presenza di Mark aggiunse un senso di sicurezza e fiducia alla situazione, e ci riunimmo a lui, pronti ad affrontare insieme l'ignoto.

"Che cosa sta succedendo qui?" chiesi a Mark, cercando di nascondere la mia ansia.

Mark scosse la testa con un'espressione preoccupata. "Non ne sono sicuro, ma dobbiamo stare attenti."

Tra il vociare sussurrato, le voci dei presenti si mescolavano, formando un mormorio inquietante. Contammo mentalmente le persone presenti, cercando di capire quanti fossero e cosa potessero nascondere. La fabbrica semidistrutta amplificava l'eco delle loro voci, creando un'atmosfera sinistra e surreale.

"Ma dove sarà finito George?" chiese Sherlock a bassa voce, il suo viso contratto dalla tensione.

Prima che potessimo scambiare altre parole, le luci nella sala si spensero improvvisamente, avvolgendo tutto nell'oscurità. Il mio cuore iniziò a battere più forte, ma le parole rassicuranti di Sherlock e Arsenè mi tranquillizzarono.

"Tranquilla, Irene," disse Arsenè.

"Abbiamo la pistola e il nostro ingegno. Ce la faremo." disse invece Sherlock.

Continuammo a discutere a bassa voce, cercando di capire chi fosse il capo e cosa stessero tramando le persone presenti nella sala.

Con l'aiuto di Mark, ci preparammo mentalmente a fronteggiare qualsiasi sfida si presentasse, determinati a scoprire la verità nascosta dietro l'intricata situazione in cui ci eravamo trovati.

All'improvviso, una voce risuonò nella sala, ordinando a tutti di stare dritti in silenzio e di accendere le piccole fiaccole che ognuno aveva in mano.

"Preparatevi," disse la voce con tono deciso, "il capo sta per arrivare."

Restammo immobili, pronti ad affrontare l'incontro con il misterioso leader che controllava le sorti di quella strana riunione.

Nella sala buia e affollata, l'atmosfera era carica di tensione mentre tutti noi, avvolti nell'oscurità, aspettavamo il misterioso arrivo del capo.

La voce dell'uomo che aveva ordinato il silenzio echeggiava nell'aria, mentre io, Sherlock, Arsène e Mark rimanevamo immobili, pronti ad affrontare ciò che sarebbe seguito.

All'improvviso, una porta che nessuno di noi aveva notato si aprì silenziosamente, lasciando entrare una figura avvolta in un mantello che copriva il viso. La persona era seguita da guardie del corpo, ognuna con una fiaccola accesa.

Tuttavia, la fiaccola del capo era significativamente più piccola, rendendolo ancora più enigmatico.

"Signor capo, è un piacere rivederlo," sussurrarono le persone presenti, lasciando intendere che il loro leader era familiare per loro. Il capo rimase in silenzio, il suo volto nascosto sotto il mantello.

Il signore che aveva parlato in precedenza prese nuovamente la parola, esprimendo il desiderio di ascoltare il capo. Tuttavia, annunciò che il capo non desiderava parlare con molti, poiché erano emerse informazioni negative riguardo ai piani del gruppo.

In particolare, si riferì a un certo "ragazzo K" che aveva commesso errori gravi, soprattutto quella mattina, senza specificare di cosa si trattasse.

Nella mia mente, l'idea che "K" potesse significare la lettera K di Kent, il cognome di George, iniziò a formarsi. Il sospetto cresceva quando il "ragazzo K" prese la parola e riconobbi la sua voce come quella di George.

"Mi dispiace," disse George, con voce impastata. "Non ero in me. Mi ero ubriaco e mi sono lasciato prendere dal momento."

Il capo confermò che la versione di George e disse inoltre che in quanto uno dei suoi tre suo vice e aveva il diritto di agire come aveva fatto, ma avrebbe dovuto evitare di spaventare la vittima.

Mentre la voce del capo risuonava nella stanza, Sherlock, Arsène e Mark sembravano confusi, ma io, avevo il cuore pesante dietro una verità che solo io conoscevo. Quando finalmente la realizzazione colpì anche loro, scambiammo sguardi carichi di significato.

"George," dissi a bassa voce, riconoscendo la voce del ragazzo K. "E' lui."

Gli altri annuirono, realizzando l'importanza della scoperta. Eravamo nel posto giusto, al momento giusto, e il mistero iniziava finalmente a sciogliersi di fronte ai nostri occhi.

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