Capitolo 48 : L'inseguimento
L'oscurità della notte avvolgeva la città mentre seguivamo furtivamente le tracce di George attraverso i vicoli bui e desolati.
Il suono dei nostri passi era appena udibile sopra il fruscio del vento, mentre ci addentravamo sempre più nel labirinto urbano alla ricerca della verità nascosta.
"È giù per questo vicolo," sussurrai, indicando un'ombra in lontananza che sembrava corrispondere alla figura di George.
Sherlock annuì silenziosamente, i suoi occhi brillavano di determinazione mentre seguiva il percorso indicato da me.
"Rimaniamo vicini, ma non facciamo rumore," ordinò con voce bassa ma decisa. "Non possiamo rischiare di farci scoprire."
Con cautela, ci muovemmo attraverso i vicoli bui, cercando di rimanere invisibili mentre ci avvicinavamo sempre di più a George.
A un certo punto, ci trovammo di fronte a una recinzione alta e arrugginita che ostruiva il nostro passaggio.
"Sembra che dobbiamo passare da un'altra parte," mormorò Arséne, guardando la recinzione con un'espressione determinata.
Annuimmo rapidamente, formando un piano.
"Andremo intorno alla recinzione dalla parte opposta. Dobbiamo essere veloci e silenziosi." disse Sherlock con tono risoluto.
Con un movimento coordinato, ci dirigemmo verso un vicolo laterale, sperando di trovare un varco nella recinzione o un modo per superarla. Il mio cuore batteva forte nel petto mentre ci avvicinavamo sempre di più al nostro obiettivo, sapendo che il tempo stava scadendo e che dovevamo agire con prontezza.
Dopo alcuni minuti di ricerca frenetica, finalmente trovammo un punto debole nella recinzione, abbastanza grande da permetterci di passare attraverso. Con gesti rapidi, ci stringemmo l'uno accanto all'altro, superando la recinzione e continuando il nostro inseguimento senza esitazione
Mentre ci appostavamo dietro ad alcune macerie per non farci trovare Arséne fece un passo falso e le macerie caddero con un fracasso assordante, mandando in frantumi la nostra copertura.
Il cuore ci si fermò in petto mentre rimanevamo immobili, ascoltando attentamente ogni rumore proveniente dall'esterno. Poco dopo, udimmo delle voci avvicinarsi rapidamente, e il sangue si gelò nelle nostre vene.
Due figure apparvero tra le ombre, parlando in toni sommessi. L'eco delle loro voci risuonava tra le macerie, rendendo difficile distinguere le parole esatte.
Tuttavia, una voce sembrava familiare, e un brivido di riconoscimento corse lungo la mia schiena. Era la voce di George?
Prima che potessimo fare altro, le due figure si avvicinarono alle macerie, pronte a investigare sul rumore. La mia mente urlava di fuggire, ma le mie gambe erano come pietra sotto di me.
Fortunatamente, l'arrivo di una terza persona interruppe il loro tentativo di indagare ulteriormente.
"Il capo ci sta cercando, smettetela di perdere tempo," disse con urgenza, interrompendo la loro ricerca.
Con un sospiro di sollievo, le due figure si allontanarono rapidamente, lasciandoci di nuovo nell'oscurità. Il mio cuore batteva forte nel petto mentre ci rialzavamo, ancora tremanti dall'emozione.
"Chi è questo capo?" chiesi con voce appena sopra un sussurro, la mia mente brulicava di domande senza risposta.
Sherlock mi guardò con determinazione negli occhi.
"Seguiamoli," disse con fermezza, indicando la direzione in cui le figure scomparse. "Forse ci porteranno a George e alla verità che stiamo cercando."
Dopo aver atteso il momento opportuno, ci spostammo cautamente da dietro le macerie, pronti a seguire i tre uomini misteriosi che ci avevano preceduti. Attraversarono il buio della notte, guidati solo dall'eco lontano delle voci che risuonavano tra le rovine della fabbrica semi-distrutta.
La fabbrica appariva come un'ombra del suo passato glorioso, con pareti screpolate e macchinari arrugginiti che giacevano inerti. Il terreno era disseminato di detriti e il silenzio era interrotto solo dal vociare echeggiante che proveniva dall'interno.
Mi muovevo con cautela nella fabbrica semi-distrutta, accanto a Sherlock e Arséne, conscia del pericolo che ci circondava. Le voci che risuonavano nell'aria conferivano all'ambiente un'atmosfera inquietante, mentre ci addentravamo sempre più nel cuore della struttura abbandonata.
"Sono molte più persone di quanto pensassimo," sussurrò Arséne, il suo tono rifletteva una leggera preoccupazione.
Sherlock annuì silenziosamente, i suoi occhi scrutavano attentamente l'ambiente circostante, sempre in cerca di indizi o di pericoli imminenti.
La mia mano, come quella dei miei amici, stringeva con fermezza la pistola che avevo preso precauzionalmente prima di avventurarci in questa missione, pronta a difendermi in caso di necessità. Conoscevo il temperamento deciso di Sherlock e la sagacia di Arséne, ma sapevo anche che in situazioni come questa, la prudenza era la nostra migliore alleata.
Ci muovevamo con agilità, cercando di rimanere il più possibile nell'ombra e di non attirare l'attenzione dei presenti. Ogni passo era studiato e misurato, mentre ci avvicinavamo sempre di più alla fonte del vociare.
Infine, raggiungemmo una vasta sala dove il tumulto delle voci raggiunse il suo apice. Le ombre delle persone danzavano sulle pareti creando un effetto sinistro, mentre ci nascondevamo negli angoli, pronti a osservare e a intervenire se necessario.
Il cuore mi batteva forte nel petto, mentre la tensione nell'aria diventava sempre più palpabile.
Con uno sguardo determinato a Sherlock e Arséne, ci preparavamo mentalmente a fronteggiare qualsiasi sfida ci aspettasse, consapevoli che la verità che cercavamo si celava proprio dietro l'angolo.
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