Capitolo 44 : Rivelazioni ?

Avviso: questo capitolo contiene scene di tensione emotiva e violenza, che potrebbero risultare disturbanti per alcuni lettori.

Il mattino seguente, mentre mi preparavo per la giornata, udii un bussare insistente alla porta. Alzai lo sguardo dallo specchio, incuriosita e leggermente preoccupata, e mi avvicinai alla porta con passo incerto. Quando aprìi, rimasi sbigottita nel vedere George davanti a me, visibilmente instabile e con lo sguardo annebbiato dall'alcol.

"George, cosa ci fai qui?" chiesi con un filo di voce, cercando di nascondere il timore che cresceva dentro di me.

George si avvicinò con fare minaccioso, il suo respiro pesante riempiva l'aria di tensione.

"Irene, vieni con me, adesso," disse con voce roca, lasciando trasparire una luce oscura nei suoi occhi.

Il terrore mi avvolse in una morsa, rendendo difficile anche solo respirare. Osservai i suoi movimenti, veloci e bruschi, mentre si avvicinava sempre di più. Le sue mani tremavano, e il suo sguardo trasudava una determinazione sinistra che mi fece rabbrividire.

"George, per favore, vai via," implorai, cercando di mantenere la calma nonostante la crescente sensazione di panico.

Ma le sue intenzioni erano chiare, trasparevano nei suoi occhi dilatati e nel modo in cui si avvicinava sempre di più.

"George, ti prego, lasciami in pace!" gridai, tentando di allontanarlo con il solo potere delle parole.

Ma George non sembrava intenzionato a desistere. Con uno sguardo torvo, afferrò il mio braccio con forza, tirandomi verso di lui con violenza.

"Vieni con me, Irene .... ora "disse George con tono sinistro e ambiguo, lasciando intendere qualcosa di oscuro.

Urlai, il terrore si diffondeva dentro di me come un veleno letale. Sentii la presa di George stringersi sempre di più, la sua voce riempiva l'aria con minacce incomprensibili.

Fu solo grazie all'intervento rapido e deciso di Sherlock e Arséne che fui liberata dalla presa di George. I miei due amici, che erano nella stanza accanto, avevano udito le mie grida e si erano precipitati nel mio aiuto, loro ddue amici si gettarono su George con forza, trascinandolo via dalla porta mentre lui imprecava e lottava per liberarsi.

La paura mi paralizzava, e le lacrime rigavano il mio viso mentre mi rendevo conto della gravità della situazione. Era stato un attimo, ma mi aveva lasciato segni indelebili, il terrore che avevo provato ancora pulsava dentro di me come una ferita aperta.

Con un sospiro tremante, mi accasciai sul pavimento, cercando di riportare il respiro sotto controllo. Sherlock e Arséne mi raggiunsero poco dopo, preoccupati e ansiosi di assicurarsi che stessi bene.

Mentre Sherlock e Arséne mi confortavano, George non riuscii a trattenere le sue parole velenose

"Tua madre non sarà contenta di sapere che non hai ascoltato," mormorò con un ghigno, il suo sguardo freddo come il ghiaccio. Mi lasciò tremante e confusa, incapace di capire perché avesse menzionato mia madre, rapita in circostanze misteriose.

Sherlock e Arséne erano sbigottiti quanto me ma decisero che era meglio portarr George nella loro stanza e lasciare che l'effetto dell'alcool svanisse.

Quando i miei due amici tornarono si avvicinarono a me, raccolsero i miei frammenti spezzati con gentilezza e compassione, e insieme ci allontanammo dalla porta.

Ancora scossa dall'incidente, camminammo silenziosamente lungo le strade della città, il freddo mattutino tagliava l'aria con il suo pungente morso. Le mie gambe tremavano leggermente, ma la presenza di Sherlock e Arséne mi dava un senso di sicurezza.

"Sei sicura di voler continuare questa indagine, Irene?" chiese Sherlock, la sua voce grave e preoccupata.

Annuii lentamente, fissando lo sguardo davanti a me con determinazione.

"Sì, Sherlock. Non possiamo permettere che George o chiunque altro metta a rischio la nostra missione. Abbiamo ancora tanto lavoro da fare, e non possiamo permettere che nulla ci fermi."

Sherlock annuì comprensivo, ma il suo sguardo rifletteva ancora preoccupazione. "Dobbiamo rimanere uniti e vigili, Irene. Il pericolo è sempre dietro l'angolo, e dobbiamo essere pronti a affrontarlo."

Arséne si unì al discorso, aggiungendo con il suo solito tono leggero

"Siamo una squadra, e insieme possiamo superare qualsiasi ostacolo. Nessuno ci fermerà finché non avremo raggiunto la verità."

Con un sorriso di gratitudine, continuammo il nostro cammino, pronti ad affrontare tutto ciò che il destino avrebbe posto sul nostro cammino.

Ci sedemmo su una panchina nel tranquillo parco cittadino, osservavamo il fluire armonioso delle persone intorno a noi. Il loro passo sicuro e la serenità dipinta sui loro volti contrastavano con il tumulto che ribolliva dentro di me. Accanto a me, Sherlock e Arséne, i miei fedeli compagni, erano immersi nei loro pensieri tanto quanto lo ero io.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top