Capitolo 7. Ho trovato un fottuto morto
Sherlock, Lupin e io ci fermammo a pochi metri dall'uomo. Aveva i capelli incrostati di sale e appiccicati sulla faccia, leggermente paonazza. Indossava una semplice maglietta e delle bermuda sporche di sabbia e alghe. Gli occhi erano sbarrati.
Lo fissai. Doveva avere all'incirca l'età di mio padre e teneva la mano sinistra sul petto.
Le mie dita erano ancora ancorate al braccio di Lupin per l'agitazione, mentre il ragazzo teneva le sopracciglia aggrottate e guardava spaventato il corpo a pochi metri da noi. Holmes invece sembrava completamente a proprio agio.
-State qui-, disse a un certo punto, intimandoci con lo sguardo.
- Stai atten...-, ma Arsène mi fece cenno di tacere.
Come nulla fosse si staccò da noi e in un paio di lunghe falcate raggiunse l'uomo, per poi abbassarsi e poggiare l'indice e il medio della sinistra sul lato del collo, per controllare il battito.
Alzò gli occhi su di noi un paio di secondi dopo. -E' morto-, esordì.
E io pensai che le ginocchia mi potessero cedere.
- Mo...morto?-, balbettai.
Avevo trovato un fottutissimo cadavere. Santa madre di Dio.
- Morto-, ripetè Sherlock, per poi fare cenno all'amico di avvicinarsi per dare un'occhiata anche lui.
Il francese infatti non ascoltò le mie suppliche di non lasciarmi da sola in mezzo a una spiaggia deserta, dove avevamo rinvenuto un diamine di morto stecchito, quindi mi feci coraggio affiancandolo con dei passi incerti nella sabbia.
Raggiunsimo Holmes, il quale aveva già cominciato ad esaminare l'uomo con un bastoncino che aveva raccolto poco prima. Non sapevo ancora che sarebbe diventato il più grande investigatore di tutti i tempi, ma sapevo che sembrava saper esattamente come guardare i morti.
- Che fai?-, chiese Lupin inarcando un sopracciglio.
- Sto cercando di capire chi sia-, disse semplicemente, -pensi che dobbiamo girarlo?-
Un conato di vomito mi risalì dallo stomaco fino alla gola, bloccandosi a metà strada per la mia bocca. Mi portai una mano sulla pancia, sicura che avrei vomitato. O urlato.
- Non provate nemmeno a toccarlo! Mio Dio...-, biascicai.
Nel frattempo Arsène si era inginocchiato accanto all'amico. Ora sembrava molto incuriosito dalla faccenda.
Piantai i piedi scalzi ancora di più nella sabbia bollente, per poi tirare fuori il cellulare. - Io...io chiamo la polizia-, continuai.
Mi ignorarono.
Cominciai a digitare il numero sulla tastiera, quando puntai lo sguardo nell'angolo destro del telefono e realizzai: -Fanculo, non c'è campo-
- Buongiorno-, borbottarono all'unisono.
E ovviamente non perdevano neanche un'occasione per prendermi in giro. Ma che simpatici.
Comunque, mentre io ero persa in chissà quali pensieri, Sherlock cominciò a parlare, facendo osservazioni che a dir poco mi spiazzarono.
- Vestito di marca...una polo firmata...bermuda forse della stessa marca...-, fece muovendo il bastoncino di legno lungo il petto dell'uomo, quasi come se stesse illustrando un piano.
Lupin inclinò la testa di lato. -Questa marca è abbastanza diffusa tra le persone molto benestanti dell'Inghilterra-
- Lusso, quindi. Sicuramente allora...-
- Ragazzi!-, insistetti.
Ma zero. Niente. Nada.
- Deve aver preso questa barca in noleggio...-
- Lupin, che dici! Deve essere sicuramente la sua barca privata! Vedi? Non c'è alcuna stampa del punto di noleggio sul dorso dell'imbarcazione-, sbottò Holmes, quasi infastidito.
Il francese sollevò il polso del morto, cosa che mi provocò non un paio di brividi. -Guardate...c'è il segno dell'abbronzatura. Aveva un orologio-
-Aveva-, mormorò l'altro.
Poi entrambi, quasi automaticamente si sporsero ancora di più verso il cadavere, per analizzarne la barba. Era incolta ma raffinata. Ciò confermava la tesi della ricchezza. O era quella del buon gusto in fatto di stile? Non avevo capito molto bene.
Io intanto non ce la potevo fare. Non potevo rimanere a fissare un diamine di morto senza fare niente. Anzi. Mi faceva venire i brividi di orrore e il cuore che batteva all'impazzata contro la gabbia toracica di certo non era d'aiuto. Indietreggiai, guardandomi intorno con circospezione. Improvvisamente sentii anche freddo.
Non mi capacitavo come potessero essere così...così presi bene dalla situazione. Pazzi.
- Sul serio, ragazzi...dobbiamo chiamare aiuto...-, borbottai tornando sui miei passi.
In quell'esatto istante però Sherlock Holmes si alzò e tenendo gli occhi fissi sul suolo si avvicinò alla barca. Guardò qualcosa sulla sabbia con le sopracciglia aggrottate.
- Sherlock, cosa...-, ma prima che potessi finire la mia frase, le parole mi morirono in gola. Feci ancora un passo indietro quando vidi qualcuno in fondo alla spiaggia, dalla parte della casa Ashcroft, che accendeva il motore di una barca mentre fissava me. Noi. Il morto.
Aveva un grosso cappello di paglia che gli copriva la faccia, cosa che mi impossibilitò riconoscerlo, ma ero sicura che ci stesse guardando. Ne ero certa.
Fu in quell'esatto istante che un'ondata di panico mi invase di colpo.
Indicai la figura e gridai. Gridai con tutte le forze che avevo nel mio corpo da quattordicenne.
- Scappiamo!-
Sherlock e Lupin scattarono in piedi guardandosi intorno terrorizzati.
Forse li avevo spaventati.
Li afferrai per le braccia e li incitai a correre, correre via dalla spiaggia. Superammo la distesa di cedri, addentrandoci nella stradina stretta costeggiata da palme altissime. Corsimo fino a perdere fiato, con ancora i trucchi di scena tra le mani e l'immagine del morto di fronte agli occhi.
Ci fermammo solo quando ci ritrovammo probabilmente ad un chilometro dal luogo della nostra fuga. Gesù Cristo. Pensai di essere sul punto di sputare un polmone.
- Sì può... sapere che è... successo?-, sbottò Sherlock appoggiandosi al tronco di un albero cercando di riprendere fiato.
Arsène invece era talmente paonazzo che l'idea che potesse stramazzare a terra mi sfiorò più di una volta. Sbattei le palpebre.
- C'era un uomo...un uomo che guardava noi...il morto...-, biascicai portando una mano all'altezza del petto. Il francese inarcò un sopracciglio.
- Abbiamo corso...per un...un uomo strano?-, domandò Lupin scivolando a terra. Sherlock invece inclinò la testa all'indietro appoggiando il capo al tronco, ed evidentemente esausto, ignorò l'amico: -Sicura?-
Annuii, cercando anche io di respirare.
Poi Holmes aprì il pugno, mostrando un piccolo oggetto a forma di capsula che doveva avere la grandezza di una falange. Non sembrava neanche una pallottola, perchè non era di metallo.
- Cos'è?-, domandai esitante.
- Proiettile di ricino-, disse, -viene sparato da oggetti a prima vista innoqui che possiedono però un pneumatico nascosto che è capace di uccidere con questi.-
- Se non...sbaglio è un potente veleno naturale-, aggiunse Arsène.
Tutti e tre a quel punto ci guardammo in silenzio, ma ero quasi sicura di sentire i nostri cuori battere all'impazzata. Eravamo terrorizzati, ancora dei ragazzini che non ne sapevano ancora niente di omicidi, cacce all'assino e grandi casi.
Ma in quell'esatto istante probabilmente qualcosa scattò nei nostri animi.
- Sicura sicura di aver visto un uomo? Non poteva essere che ne so...un cane?-
- Non ci sono cani sull'isola, Arsène, Dio Santo!-
-Sono sicura-, dissi io lanciandogli un'occhiataccia.
Guardammo il proiettile avvelenato. Chi ci aveva osservati? Chi era il morto? Cosa dovevamo fare? Chi dovevamo avvertire?
La mano di Lupin allora si strinse attorno alla mia. -Non diciamo niente-
Ma cos'è? Hanno entrambi la capacità di leggermi nel pensiero? Cristo, ma manco in Twilight!
-Non facciamo niente perchè noi non siamo mai stati su quella spiaggia e non abbiamo mai visto nessun morto. Giusto?-, continuò scrutandoci attentamente.
Ma si è fumato qualcosa?
- Non possiamo...noi...-, tentai, ma loro mi avevano già liquidata con un gesto della mano.
- Restano però le impronte-, fece Sherlock non degnandomi nemmeno di uno sguardo. I due sembravano in mondo tutto loro. Bah. Io lo dico che i maschi sono tutti strani.
-Tra qualche minuto la marea salirà e le tracce saranno coperte-
Holmes annuì. -Resta il fatto che qualcuno ci ha visti...-
Incrociai le braccia al petto, e soffiai dagli occhi alcune ciocche di capelli viola. Quella situazione non mi piaceva, eccome se non mi piaceva.
- Dobbiamo avvertire qualcuno, accidenti!-
- Aspettiamo che sia lui a farlo. Noi non faremo niente-, disse Sherlock scuotendo la testa. Strinsi i pugni e rabbrividii.
- E siamo sicuri...sicuri che avvertirà la polizia?-
Ci fu un attimo di silenzio, nel quale persino il vento sembrò tacere.
William Sherlock Holmes mi guardò con quei suoi occhi grigi e pronunciò le parole che più avevo temuto di sentire: -Se non va allora, con molta probabilità, tu hai visto l'assassino Irene-
Trattenni il respiro.
-E che lui ha visto noi-
No, ma io dico: tutte a me oh.
***
Quella notte sognai di tutto e di più. Cadaveri, spiagge deserte ed inquietanti, Arsène Lupin senza maglia e tipi inquietanti con il viso coperto. Adesso non ricordo molto bene, ma credo anche mia madre che beve del tè, non ne sono sicura.
Comunque, quando mi svegliai i ricordi della giornata precedente mi investirono in pieno. Dannazione. Io volevo solo starmene in vacanza. In pace.
Che odio.
La sera prima, quando ero tornata in hotel con un'espressione funerea e la propensione di litigare con i miei genitori livellata a zero, stranamente non aveva destato alcun sospetto tra gli adulti di casa Adler. Probabilmente pensarono che fossi stanca.
Stranamente anche mia madre non disse nulla.
A quei tempi non potevo ancora sapere molte cose. Cose che avrei scoperto solo col passare dei mesi e degli anni. Cose come che non ero affatto americana e quelli con i quali vivevo da quattordici non erano i miei veri genitori.
Ma per quello ci sarebbe stato ancora tempo.
Comunque, dopo essermi data una rinfrescata in bagno, il signor Nelson bussò alla porta della mia stanza.
- I vostri genitori la aspettano già sotto-, disse semplicemente facendo capolino dal corridoio.
- Arrivo-, mormorai solamente. Il mio maggiordomo inarcò un sopracciglio, perplesso.
- Si sente bene, signorina Irene?-
Alzai finalmente gli occhi su di lui, stringendo tra le mani il vestitino a pois che volevo indossare quel giorno e sospirai. Stavo bene? Certo che no. Come accidenti riuscivo a sentirmi bene quando avevo trovato un uomo morto e stecchito nel bel mezzo di una spiaggia. E non escludiamo il fatto che potevo aver anche visto l'assassino.
Ma sì dai. Stavo egregiamente. Sopra le stelle. Al settimo cielo.
- Certo. Perchè non dovrei?-, e le mie parole sarebbero potute essere anche convincenti se non fosse stato per il fatto che dal tono di voce sembravo Genivieve Adler sul punto di un esaurimento nervoso.
L'uomo trasalì leggermente, forse a causa del mio aspetto osceno, e senza dire nient'altro si dileguò borbottando qualcosa. Cosa, non mi è dato sapere.
Quando scesi nel ristorante del Grand Royal Hotel, mia padre stava già imburrando una fetta di pane biscottato e il giornale giaceva già finito e chiuso accanto a lui. Mia madre invece sorseggiava con mia grande sorpresa una spremuta d'arancia.
Ansia.
La donna alzò leggermente lo sguardo su di me e storse le labbra sottili in una smorfia indispettita: -Hai un'aspetto orribile, Irene. Sembra tu abbia visto un morto-, disse.
Ahh, l'ironia della sorte.
- Grazie, madre. Sarà l'aria dei tropici-, feci scoccando la lingua contro il palato. Mio padre annuì, come per confermare le mie parole. Bah.
Orazio ci servì come tutte le volte, con tutta la calma del mondo.
- Che ci aspetta oggi?-, domandò la mia genitrice con anche troppa enfasi nella voce, al signor Nelson.
L'uomo sospirò pesantemente: -C'è un po' di movimento in paese. Anzi, anche qua in hotel, signora-, rispose con fare solenne. Mi guardai intorno: effettivamente aveva ragione. Mi accorsi solo allora delle persone che correvano avanti e indietro di fronte al portone principale e alla hall, quasi con urgenza.
Leopoldo sembrò interessarsi, perchè alzò gli occhi dal suo burro e ci scrutò: -Che è successo, di grazia?-
- Eventi spiacevoli, diciamo-
La mia mente collegò le sue parole allo scorso pomeriggio. Che avessero trovato...
- Eventi spiacevoli?-, chiesi a mia volta, incalzante. Anche se probabilmente sapevo perfettamente a cosa si stesse riferendo.
Il maggiordomo si prese un attimo prima di rispondere definitivamente, quasi come se pesasse il fatto di dirlo o no, pensando forse che non era un argomento molto approppiato da dire a tavola.
- Hanno trovato un uomo morto in spiaggia. A quanto parte alloggiava nel nostro albergo-
Mia madre trasalì e io pensai di poter sputare qualcosa.
Porca di quella paletta.
Alla fine del nostro pasto, i miei insistettero a farmi accompagnare in camera, forse qualcosa di dettato dall'ansia causata. E intanto, più attraversavamo l'hotel, più potevo ascoltare diverse versioni di fatti. La polizia a quanto pare doveva arrivare a momenti, e io avevo un urgente bisogno di scrivere ai miei amici, e informarli di ciò che avevo scoperto.
Allora era vero che il cadavere era uno dai tanti quattrini. Alloggiava qui, accidenti!
Mi ritrovai a pensare all'uomo misterioso della spiaggia. E se era lui l'assassino? E se aveva già scoperto dove alloggiavamo e non aspettava altro che...eliminare anche noi?
Gesù. Perchè diamine mi sono messa a parlare in aeroporto? Certo volte riesco ad essere così...così...
- Sembra un po' turbata, signorina Irene-, esordì a un certo punto Orazio.
- Sì, sarà tutta questa faccenda del morto...sai com'è...-, borbottai evitando il suo sguardo. Ci mancava solo che scoprisse che avevo passeggiato sulla scena del delitto con un paio di ragazzi dalla dubbia sanità mentale.
Poi mi venne un dubbio: e se fosse stato lui l'uomo misterioso e...
No, sto divagando.
Anche se...
- E lei non ne sapeva proprio niente, giusto?-, domandò ancora.
Scoppiai a ridere. -Chi? Io?-
- No, mia madre-
Alimentai la mia risata. C'ho per caso un esaurimento?
- Orazio, non dire stupidaggini! Perchè mai, io, dovrei sapere qualcosa sul morto?-
Scrollò le spalle con nonchalance. -Così, dato che fa molti giri con i suoi nuovi amici...-
Rabbrividii e senza dire nient'altro corsi nella mia stanza, chiudendo la porta a chiave alle mie spalle. Dio Santo che ansia che mette quell'uomo.
Comunque, mentre ero comodamente sdraiata sul mio letto, pensando a quanto fosse strana la mia famiglia, e io in generale accadde qualcosa che manco nei peggiori film horror.
Il mio armadio cominciò a parlare.
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