Capitolo 10. Io faccio l'aspirante criminale, e voi?

Ci sono momenti nella vita, nei quali non capisci perchè effettivamente le persone non hanno minimamente idea del perchè tu stia cristonando. E questa cosa ovviamente ti fa sclerare ancora di più.

Un esempio semplice di questo fatto è stato quando William Sherlock Holmes si finse cameriere e rovesciò un'intera flute di champagne sul vestito nuovo. Tutto questo senza dimenticarci di un Arsène Lupin vestito elegante che usciva da un bagno delle donne come se fosse stata la cosa più naturale e ovvia del mondo.

E io sinceramente non riuscivo a comprendere se fossero stupidi forte perché fossero maschi, o perché fossero stupidi forte perché erano nati dementi.

- E chiamami Billy, per favore-, esordì quel coglione di Sherlock sistemandosi il papillon.

Ma sta male?

Cercai di non tremare per la rabbia.

- Vuoi dirmi che era tutto progettato? Tutto? Anche il mio vestito?-, domandai mentre le mie dita presero a formicolarmi.

- Certo-

Io strinsi forte i pugni e volli urlare. Non lo feci per il semplice fatto che il mio palmo era scattato sulla sua guancia, e prima che lui avesse potuto realizzarlo io lo stavo schiaffeggiando.

- Vaffanculo! Ma lo sapete quanto costa questo abito?! Ma poi come...con che pudore siete nel bagno delle donne porca di quella miseria?!-, strillai con tutte le forze che avevo in corpo. I due mi guardarono con gli occhi sbarrati. Lupin sembrava sul punto di svenire.

Sherlock si massaggiò la guancia, storcendo la faccia in una smorfia di dolore.

- Siete due incoscienti!-, continuai passandomi nervosamente una mano tra i capelli. I miei amici non fiatavano. Ero arrabbiata, e anche tanto.

Ma non era per il fatto che mi avevano praticamente fatto buttare nel cesso quattromila dollari, ma era che era tutto pianificato. L'avevano fatto a posta.

No ma neanche un avvertimento!

Dio Santo, che odio.

Arsène boccheggiò per qualche attimo, ma richiuse di scatto la bocca quando puntai ad entrambi il dito contro, facendoli indietreggiare.

- E ora, ditemi gentilmente che stracazzo stavate pensando!-

Non avevo più voce ma ero soddisfatta di essermi fatta valere.

Mi sentivo potente.


***


Sinceramente non parlammo mai di quel mio sfogo in bagno. Era rimasto come qualcosa che era accaduto, ma nessuno dei due miei amici osava tirare fuori l'argomento.

Arsène mi spiegò con voce tremante che tutto quello era un piano per farmi allontanare dalla festa, e siccome tutti gli ospiti dell'albergo sarebbero stati all'evento, quella era un'occasione imperdibile.

Occasione imperdibile per scassinare la porta della camera del morto.

Quella cosa non mi è mai sembrata una buona idea, a dire la verità.

Sherlock aveva anche considerato il fatto che la stanza era già stata perquisita dalla polizia. Diceva che comunque sarebbe stato piuttosto costruttivo, controllare.

Bah, io non avevo capito molto bene le loro intenzioni, dato che restava un insulso problemino: la videosorveglianza.

-Scusate, ma le videocamere? Io non voglio finire nei guai...-, borbottai mentre i due mi trascinavano nel parcheggio dell'hotel. Holmes scoppiò a ridere, quasi come se avessi detto la cosa più divertente del mondo.

- Primo, sei già nei guai. Secondo, ci pensiamo noi-

Ci fermammo di fronte alla golf car di Lupin (anche se avevo seri dubbi che fosse seriamente la sua macchina), dalla quale il francese tirò fuori un borsone di pelle. Uscì un laptop e si sistemò sul sedile del guidatore, aprendo il computer.

I lampioni allungavano le nostre ombre sull'asfalto, e la musica classica si poteva ancora sentire lievemente che rieccheggiava nell'aria.

- Cosa stia facendo?-, domandai esitante al ragazzo. Nel frattempo Sherlock si stava sistemando nervosamente la sua divisa da cameriere, guardandosi intorno.

Non mi rispose.

- Hai aperto il programma?-, domandò l'inglese sporgendosi verso lo schermo.

- Sì, un attimo-

Il programma. Certo. Il programma del quale io sicuramente dovevo conoscere la famigerata esistenza. Come no.

- Quanto ci metterai?-

- Mhm...sto cercando di individuare un codice di sblocco-

Sembrava di essere in una specie di libro giallo, e in effetti...

- Ragazzi, ma è legale?-, domandai sgranando gli occhi.

Lupin scrollò le spalle senza staccare gli occhi neri dal monitor:- Dipende dai punti di vista-, disse come se fosse stata la cosa più normale al mondo.

Dio, ti prego, perdonami.

Sherlock, sfilò dalle tasche dei guanti di pelle bianchi, che devo dire si intonavano molto con la sua divisa, e se li mise con un veloce movimento delle mani.

Cosa.diavolo.stava.succedendo.

- Okay. Ho disattivato tutto-, esordì a un certo punto il francese lanciandomi un'occhiata maliziosa, -vedi? Problema risolto-

Borbottai qualcosa. Il borsone venne intanto di nuovo sistemato sul retro e Lupin lanciò un'occhiata a una telecamera del parcheggio, per poi sorridere come un bambino.

- Sono riuscito a disattivarle per trentacinque minuti esatti. E' meglio se ci sbrighiamo-

No aspettate tutti un attimo...

- Hai appena disattivato la videosorveglianza dell'hotel?!- , dire che la mia voce si era leggermente alterata sarebbe stato un eufemismo. Ma uno di quelli pesanti.

Sherlock sbuffò, roteando gli occhi al cielo: -No, giocavamo a Solitario, Irene-

- Sei uno stronzo-

- E tu ritardata-

Io lo avrei ucciso quel coglione, poco ma sicuro.

- Calmi, rientriamo in fretta-, ridacchiò Arsène prendendoci sotto braccio e spingendoci verso l'entrata dell'albergo.

Ora che ci penso, doveva essere un'immagine davvero imbarazzante, quella di una ragazzina sottopeso con i capelli viola e un vestito bagnato, accompagnata da un ragazzo eccessivamente bello ma che sembrava quasi fuori posto con quello smoking elegante e un tipo più alto di un palo vestito da cameriere per una festa di lusso. Gìà, decisamente.

- Ragazzi-, mi fermai di scatto, spingendoli all'indietro. Il mio sguardo era fermo su una persona di fronte all'entrata. Una persona a me conosciuta.

Lupin mi lanciò un'occhiata interrogativa.

- Il mio maggiordomo...-, mormorai per non farmi sentire. Sherlock ci fece segno di indietreggiare.

- Passiamo dal retro-, disse semplicemente indicando la porta di servizio a pochi metri dall'inizio del parcheggio buio. Annuimmo e ci affrettammo ad allontanarci.

Cercai di non inciampare nei tacchi, quando il ragazzo appoggiò le mani sulla porta guardandosi intorno, prima di spingere ed entrare all'interno. Lo seguii.

Chiuse a chiave dietro di sè, e rivolse uno sguardo ad Arsène e poi a me:- Il piano è questo: tu e Irene prenderete l'ascensore ed andrete al quinto piano, ed entrerete nella stanza numero 505-

Inarcai un sopracciglio: -E tu?-

- Ci stavo arrivando...siccome sono teoricamente un dipendente di questo albergo, ho accesso a vari spazi riservati solo al personale...comunque ora non è il nostro problema primario e...-

- Tu lavori qui?-

Sherlock sbuffò schiaffandosi una mano in faccia.

- Ti sembro un lavoratore di un albergo?-

- Dai tuoi vestiti...-

- Glieli ho procurati io!-, esclamò Arsène alzando la mano, come se fosse stato fiero della cosa.

- Li hai rubati?!-, a quel punto la mia voce si era alzata di un'ottava ed ero sul punto di urlare. In cosa mi ero cacciata?!

- Definiamolo più...prendere in prestito-, il francese scrollò le spalle e mi rivolse un sorrisetto malizioso. La luce soffusa dello sbaguzzino illuminava i lineamenti dei due ragazzi, creando una specie di atmosfera strana, quasi da film di spionaggio.

Holmes ridacchiò, ma poi lanciò un'occhiata urgente al proprio orologio da polso, spingendoci verso la porta opposta: -Il tempo stringe! Su su, Lupin, tu sai cosa fare-

Prima di uscire con me, afferrò agilmente due paia di guanti di lattice dalla mensola, e me ne porse uno, senza aggiungere nient'altro.

- Cosa stiamo facendo, esattamente-, chiesi a un certo punto al moro. Sperai che avesse potuto darmi più risposte del nostro amico.

Alzò un'angolo della bocca verso l'alto, cominciando a camminare più velocemente: - Indaghiamo. A me sinceramente interessa chi era quel tizio che abbiamo trovato-

Mi guardai intorno per assicurarmi che nessuno ci stesse guardando e lo raggiunsi.

- Anche a me, ma...-

Il ragazzo premette sul pulsante di chiamata dell'ascensore e girò il volto verso il mio.

- Dopodomani pomeriggio ci sarà uno spettacolo in paese, più precisamente nel circo di mio padre-

Sussultai quando le porte automatiche si aprirono. Entrammo nell'abitacolo, e lui non accennava neanche per sbaglio di distogliere lo sguardo.

- Deve essere bello...-, biascicai puntando gli occhi dritti di fronte a me. Sentivo di star arrossendo, e anche in maniera quasi vergognosa.

- Mi piacerebbe vederti, in platea-

Credo di aver appena sentito un coro di angeli cantare sopra le nostre teste...

Deglutii a fatica.

- Bene-

- Bene-

Le porte dell'ascensore si aprirono quattro piani dopo, e noi ne uscimmo completamente in silenzio. E io pensai di poter definitivamente prendere il volo per Marte o qualche altro pianeta lontano, quando le nostre dita si sfiorarono per una frazione di secondo.

Scossi la testa e mi morsi il labbro. No, basta, non dovevo più pensare a lui. Era solo un amico.

Solo uno stupidissimo amico.

Già.

Lupin indicò una porta in fondo al corridoio illuminato a giorno. La stanza 505.

L'entrata di essa era sbarrata del nastro adesivo giallo con scritto in grassetto qualcosa come CRIME SCENE DON'T CROSS. Senza contare che era chiusa dalla chiave elettronica come ogni alloggio del Royal Hotel. Sbuffai, ma il ragazzo accanto a me non sembrò farci affatto caso.

Tirò fuori dalla tasca quella che era la tessera dell'albergo, e la avvicinò al sensore, sbloccando la serratura. Passò sotto una delle strisce di nastro e mi fece cenno di seguirlo.

Notai che aveva indossato i guanti.

- Tutto questo è illegale-, borbottai scuotendo la testa.

- Mettiti i guanti và-, disse semplicemente rivolgendomi un sorriso dolce.

Agli ordini, francese figo dei miei stivali...oh ma cosa diavolo sto dicendo. Credo che alla fine sarei dovuta proprio visitare quello psicologo al quale mia madre mi voleva mandare tempo fa...

Mi guardai intorno, e con le mani tastai l'interruttore della luce sul muro, ma le dita di Arsène si bloccarono sul mio polso di scatto.

Oh Maria.

- Potrebbe entrare qualcuno da un momento all'altro-, e tirò fuori il cellulare per poi accendere la torcia e illuminare la stanza.

La prima cosa che vidi era l'immenso e strambordante caos che regnava. Vestiti sparpagliati a terra, fogli accartocciati sul letto, e la valigia aperta in mezzo allo spazio.

- Credi sia stata la polizia?-, domandai sentendo i battiti del cuore accellerare improvvisamente.

- Ne dubito-

Anche il bagno era a soqquadro. Tutto.

- A mia madre verrebbe un colpo vedendo uno scenario del genere-, mormorai abbassandomi sulle ginocchia, raccogliendo un taccuino da terra. Aveva la rilegatura di cuoio marrone e sembrava di buona fattura. Arsène si sporse per guardare cosa avessi preso.

- Sembra proprio che qualcuno stesse cercando qualcosa di valore, qua dentro...-

- Documenti?-

- Soldi-

Alzai la testa, incontrando il suo sguardo: -Come fai a saperlo?-

- Chiunque fosse questa persona cercava roba importante...soldi, e forse anche tanti. Tutte le valigie sono spalancate e svuotate, ogni pantalone e ogni giacca sono stati perquisiti. Qui si era alla ricerca di banconote...-, borbottò puntando la luce sul letto.

Rimettendomi in piedi, strinsi il quadernetto tra le mani e non riuscii a fare a meno di pensare come il ragazzo di fronte a me avesse disattivato con qualche battito di tastiera un intero sistema di videosorveglianza.

Mi schiarii la voce e affiancai Arsène senza smettere di guardarmi intorno.

- Ma prima, come...-

- Hai presente William con la divisa da cameriere, no? Entrando dal retro è passato inosservato, dato che l'hanno scambiato per un lavoratore dell'albergo. Gli ho chiesto di passare casualmente per l'ufficio della sicurezza e scannerizzarmi su una chiavetta qualcosa come tutto il database...-, disse scrollando le spalle.

Certo. Tutto molto chiaro, tesoro.

- Dove hai imparato?-

- Mio padre...oltre a fare l'artista e il funambulo, beh...-, si grattò la nuca, -...è appassionato di tecnologia-

Annuii, ma poi mi ritrovai a sussultare sul posto.

O mio Dio...

- Qualcosa non va?-, chiese e improvvisamente era fin troppo vicino al mio viso e io sicuramente non potevo reggere. Mi schiarii ancora una volta la voce, e feci un passo indietro, evitando le sue occhiate.

- Ma...ma se per Sherlock è stato così facile entrare...-, biascicai mentre un brivido mi attraversava la schiena, -...allora quanto lo sarà stato per l'assassino?-

E con questi pensieri posso dire che sto diventando una specie di aspirante criminale edizione minorenni dai capelli colorati. Voi invece?


HOLAAA. Mi scuso per la mediocrità di questo capitolo, ma davvero, è un periodo di merda per aggiornare. La scuola è cominciata e così finisce anche la mia vita sociale già quasi nulla.

Voi come va la passate? Vi è piaciuto questo...coso?

Ah e...AVETE VISTO ENOLA HOLMES?! Aiuto no, è stato bellissimo, helppp.

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