Capitolo 38
Airplanes - B.o.B. ft. Hayley Williams.
«Perchè mi hai aspettata?» Mi volto nella sua direzione, osservandolo ancora in piedi, immobile da dov'era prima.
«Stavo per andarmene.» Dice, girando il suo volto verso destra e distogliendo il suo sguardo dal mio.
«Non hai risposto alla mia domanda.»
Harry rilascia un rumoroso sospiro, e riporta i suoi occhi nei miei. «Non lo so.» Ammette.
Si passa una mano tra i capelli prima di continuare. «Dovevo assicurarmi che stessi bene.» Sussurra.
Il cuore prende a battermi forte contro il petto, alle sue parole. Il silenzio cala su di noi, mentre mi avvicino lentamente a lui.
«Cosa sta succedendo, Harry?» Gli chiedo a voce bassa, a un passo da lui. Porta i suoi occhi nei miei, che li accolgono come tutte le volte in cui mi guarda.
«Devo fare una cosa.» Dice, a pochi centimetri dal mio viso. «Ti va di venire con me?»
Annuisco istantaneamente, quasi senza pensarci, e insieme andiamo verso la sua moto, parcheggiata sul retro del cortile della scuola.
Senza esitazione prendo il casco che mi porge Harry, provocando un sorriso sul suo volto. Credo si aspettasse che mi opponessi o qualcosa del genere, come tutte le altre volte. Aspetto che salga prima lui, per poi raggiungerlo e aggrapparmi al suo corpo. Il suo profumo invade le mie narici, riportandomi ancora una volta alla notte trascorsa a casa sua.
Insieme usciamo dalla scuola, e senza neanche sapere dove mi stia portando, poggio la testa sulla sua schiena, che si tende a quel gesto.
Più o meno venti minuti dopo la moto di Harry si ferma in uno spiazzale dove ci sono alcune auto sostate, e cerco di scorgere qualche segnale o qualche indicazione, che mi porti a capire dove siamo.
Lascio scendere prima lui, che mi aiuta a fare lo stesso, dopo essermi sfilata il casco dalla testa.
«Dove siamo?» Domando, mentre lo seguo verso l'uscita dello spiazzale.
«Vedrai.»Dice, voltandosi minimamente nella mia direzione, per poi tornare a guardare davanti a sé.
Entriamo in una piccola struttura, dove due file di sedie collegate tra loro sono al centro della stanza, e dei grandi dispositivi in metallo sono poggiati alla parete.
«Ancora qui, Styles?» Un uomo saluta Harry, che ricambia con un cenno del capo.
«E vedo che sei venuto in compagnia.» Continua.
«E' soltanto un'amica.»Taglia corto. «E'arrivato qualcosa?»
L'uomo lo guarda con sconforto, mentre scuote la testa, abbassando il capo. «Niente, mi dispiace.»
Sul volto di Harry si apre un sorriso amaro, e riesco quasi a percepirlo come se celasse dolore, delusione. Ma non riesco a capirne il motivo. E non riesco capire cosa aspettasse Harry, nè il motivo per cui siamo qui. Non so neanche che posto sia questo.
«Hai comunque qualcosa?» Chiede l'uomo a Harry. Lui tira fuori quella che credo sia una lettera, dalla tasca della sua giacca.
«Fai tu stesso, ormai sai già tutto.» Dice poi ancora l'uomo, indicando la serie di dispositivi alla parete.
Harry si volta nella mia direzione, per poi andare verso uno di quelli, dove lascia scivolare quella lettera al suo interno.
«Vedrai che prima o poi avrai le tue risposte, ragazzo.» L'uomo da una leggera pacca sulla spalla ad Harry, che abbozza un sorriso.
«Andiamo.» Harry prende la mia mano nella sua, cogliendomi pienamente di sorpresa, mentre sto ancora cercando di dare una spiegazione a tutto ciò, e sul perché abbia voluto portarmi qui, insieme a lui.
Guardo l'uomo ancora una volta, che mi sorride debolmente, per poi uscire da quel posto.
«Harry, dove siamo?» Gli domando, le sue dita ancora attorno alle mie.
Si stacca da me, avvicinandosi alle gradinate e sedendosi. Lo raggiungo e mi siedo accanto a lui, osservando il suo profilo, mentre guarda un punto indefinito davanti a sé.
«E' una centrale.» Inizia. Io continuo ad osservarlo, in attesa che prosegua. «Una casella postale, ma non come le altre.»
«Cosa intendi?»
«Le lettere che vengono imbucate e mandate qui, sono dirette o provengono dal carcere centrale di Londra.»
I miei occhi si spalancano istintivamente, mentre poi un cipiglio prende forma sul mio volto. Harry ha domandato a quell'uomo se avesse qualcosa per lui, dopodiché ha imbucato una sua lettera. La domanda è una soltanto.
«Harry, per chi era quella lettera?»
Si volta nella mia direzione, e il verde trasparente dei suoi occhi diviene più scuro, più intenso, mentre continua a sostenere il mio sguardo.
«Mio padre.» Involontariamente porto una mano a coprirmi la bocca, e le mie labbra si dischiudono.
«Harry ..» Sussurro, quando lui riporta il suo sguardo lontano da me. «Mi dispiace.»
«Non sei obbligata ad esserlo.» Risponde freddamente.
«Da quanto tempo è lì?»
«Diciassette anni.» Diciassette anni. Praticamente tutta la mia vita.
Vorrei chiedergli il motivo per cui è lì, ma sono sicura che se Harry avesse voluto dirmelo, lo avrebbe già fatto. Così provo a portare la conversazione su un altro piano.
«Da quanto gli scrivi?»
«Sempre.» Si volta per guardarmi, ma riporta subito il suo sguardo verso il basso, proseguendo prima che possa replicare. «Avevo soltanto un anno o poco più quando è finito dentro, e ricordo che mia madre mi ha detto la verità su di lui soltanto quando ho compiuto dodici anni.»
Porto una mano sulla sua, coprendola. Harry la afferra, tenendola stretta.
«Harry, non devi farlo se non vuoi davvero.» Non voglio spingerlo a fare qualcosa di cui non è sicuro. Si sta aprendo con me sul suo passato, sulla sua vita, rivelandomi un'ennesima parte di lui.
«All'inizio gli mandavo qualche foto, e dei disegni.» Un sorriso si apre appena sul suo viso, a quel ricordo. «Poi, a sette anni gli scrissi la prima lettera.»
Intreccia le sue dita alle mie, che osserva, mentre continua a raccontare.
«Gli ho scritto così tanto, Claire. E non ho mai avuto una riposta da parte sua. Neanche una, neanche una volta.» Si volta verso di me, e con la mano libera cattura una lacrima caduta sulle mie guance.
«Non piangere.» Sussurra. Non mi ero neanche resa conto di starlo facendo.
«Mi dispiace tanto, Harry.»
«Non è colpa tua.»
«Un giorno ti risponderà, ne sono sicura.» Gli assicuro, ma lui scuote quasi impercettibilmente la testa.
«Non ne sono così sicuro come lo ero una volta.»
«Eppure continui a scrivergli. Di cosa gli parli?» Immaginarlo mentre lo fa, mentre le sue dita muovono velocemente la penna sul foglio. E' una cosa bellissima.
«Della mia vita, di mia madre. Ma adesso per me scrivergli è diventato uno sfogo.»
«Hai mai pensato di incontrarlo?»
Harry si volta di scatto, irrigidendosi. «No.»
«Perché? Potrebbe darti in una sola volta tutte le risposte che non ti ha mai dato.»
«E' proprio questo il punto.» Dice. «E'da diciassette fottuti anni che è lì dentro, e che continuo a scrivergli, e non mi ha mai degnato di una risposta. Non ha mai risposto a suo figlio.»
Le parole di Harry sono piene di dolore, e di rancore. Fa quasi male sentirlo parlare in questo modo.
«Potrebbe avere le sue ragioni.» Sibilo, non sapendo quale potrebbe essere la sua reazione alle mie parole.
«Non lo incontrerò, Claire.» Lascia andare la mia mano, e fa scorrere entrambe le sue nei suoi capelli.
«Dobbiamo andare.» Dice, alzandosi.
Senza dire una parola, seguo i suoi stessi movimenti, e mi incammino dietro di lui, verso lo spiazzale.
Harry ferma la sua moto nel viale di casa mia, invece che nel suo, come fa sempre. Mi sposto dal suo corpo scendendo dal veicolo e restituendogli il casco, che indossa subito.
«Grazie, Harry.»
«Non farci l'abitudine, Rain.» Il sorriso che si apre sul suo volto tradisce il suo tono duro e freddo. Ricambio il suo sorriso e in un attimo e già ripartito, volando sull'asfalto.
Mi prendo un momento per ricompormi ed equilibrarmi, prima di entrare in casa.
«Ciao, tesoro.» Mi saluta mia madre, dalla cucina. Devo aver perso completamente le cognizioni di tempo, come ogni volta che sono con Harry.
«Ciao, mamma.» Le sorrido.
«Dove sei stata?»
«Avevamo ancora delle cose da fare a scuola.» Mento.
«E come sei tornata?»
«Con Harry.» Rispondo troppo velocemente, prima di rendermi conto del significato delle mie parole.
«Harry, il ragazzo che abita dall'altra parte della strada?»
«Sì, mamma, lui.» Annuisco, e sul suo volto si apre un sorriso, mentre io riesco quasi a leggere i pensieri che le stanno attraversando la mente.
«Mamma, non è come credi.» Scuoto la testa, prima di affrettarmi a salire su per le scale, diretta in camera mia.
«Come vuoi.» Scrolla le spalle, ma so che quel sorriso abbellisce ancora le sue labbra.
Mi cambio velocemente ed entro nella doccia, dove l'acqua scorre sul mio corpo, bagnando e inumidendo ogni centimetro di esso. Penso all'intera giornata trascorsa, al suo inizio, e a come ha avuto fine. Penso alle parole di Charlie, e al segreto di Harry.
Devo prendere una decisione, anche se credo di conoscere già la risposta. Ma auto convincersi di questa non è una cosa che avrei mai pensato di dover fare.
Charlie oggi mi ha detto che mi ama. Mi ama. E mentre pronunciava quelle parole, quelle che mai nessuno mi ha detto, e che ho soltanto letto o immaginato, sognato, non riuscivo a crederci.
Non sono riuscita a dare a quelle parole il peso che meriterebbero in realtà.
Eppure, è come se adesso fossi inevitabilmente, legata ancora a Charlie.
La sua dichiarazione è stata inaspettata, e dopo ciò che è accaduto alla festa, non avrei creduto che sarebbe venuto da me in quel modo, implorandomi soltanto per prestargli attenzione e dargli ascolto.
Mi ha chiesto di perdonarlo, e mi è sembrato davvero convinto di ciò che diceva.
Era pentito di quello che mi ha fatto, ed era disposto a dimenticare ciò che c'è stato tra me ed Harry, pur di rientrare a far parte della mia vita.
Credo che se non avessi trovato Harry ad aspettarmi, adesso probabilmente saprei già cosa fare. Probabilmente avrei già preso una decisione. Ma lui era lì, e perchè aveva bisogno di sapere che stessi bene.
Le sue parole continuano a vagare nella mia mente, mentre continuo a ricordare il movimento delle sue labbra mentre le pronunciava. E' cambiato così tanto, come il nostro rapporto.
Quel giorno, alla festa, dopo avermi lasciato in quella camera, credevo che fosse uscito definitivamente dalla mia vita, per le mie parole non dette. Ma poi è arrivato ancora una volta, pronto a rifugiarmi tra e sue braccia, con il loro calore. E oggi sarebbe stato pronto a rifarlo, se ne avessi avuto bisogno. Mi ha chiesto di andare con lui, e senza neanche pensarci, senza neanche essere a conoscenza di dove mi avrebbe portata, l'ho seguito.
E ha fatto qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Mi ha parlato, parlato per davvero. Si è aperto sulla sua vita, sul suo passato, spogliandosi del suo dolore, trattenuto dentro di lui, con me. Ha afferrato la mia mano quando io ho cercato la sua, come se la stesse aspettando, come se ne avesse bisogno. E mi ha stretta a lui, incrociando le nostre dita, mentre continuava a lasciarsi trasportare dai suoi ricordi. Sembrava così diverso, mentre le parole lasciavano le sue labbra.
Non avrei mai immaginato Harry scrivere delle lettere, ma mi piacerebbe davvero leggerne una. Mi piacerebbe leggere le emozioni che si nascondono dietro ogni parola scritta, indelebili ormai su di un pezzo di carta.
Avvolgo un asciugamano intorno al mio corpo, scuotendo i capelli bagnati. Lascio il bagno con solo quell'asciugamano a coprirmi. Attraverso il corridoio a piedi nudi, rischiando più volte di scivolare.
Sono davanti alla mia camera, la porta è leggermente socchiusa. Ricordavo di averla chiusa del tutto, ma probabilmente è stata soltanto un'impressione.
Spalanco la porta, entrando nella stanza. E poi sussulto, quando mi rendo conto di non essere sola.
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