Capitolo 10
NB: La storia non è mia, ma di due autrici (a una delle quali è dedicato il prologo) :)
- Ci vediamo a mensa - urlo, per farmi sentire da El sotto la doccia.
- Okay - risponde.
Sistemo la felpa che indosso, prendo la chiave della camera ed esco dalla stanza.
Mi avvio a passo svelto verso il dormitorio maschile. Spero solo di trovarlo in camera, sta per arrivare l'ora del pranzo ed io ancora non gli ho parlato.
Sento qualche fischio al mio passaggio del corridoio della zona maschile, ma non ci faccio più di tanto caso, ho altro a cui pensare.
Mi blocco, col fiatone, davanti alla porta che mi interessa, battendo leggermente tre colpi.
Sento dei passi nella stanza, seguito da un "Arrivo" da parte di Harry.
Mi rilasso un po', avendolo trovato in camera.
La porta si apre, mostrandomi il viso del riccio. Sorrido.
- Ciao - dice lui, ricambiando il sorriso.
- Ciao, posso parlarti? - chiedo con un filo di speranza.
- Io, beh ... Ecco - si gratta la testa nervosamente. - Adesso? - chiede.
Annuisco. - Sempre se puoi - non voglio essere la solita invadente.
- Harry, chi era alla porta? - riconosco la voce di Charly.
Harry volta di colpo la testa, all'interno della stanza. - Wendy - risponde. Sento dei brividi lungo la schiena.
Non posso dirgli di quello che mi è successo davanti a Charly, mi prenderà per psicopatica che non vuole essere ... corteggiata? Perchè, chi non conosce la storia potrebbe intendere il comportamento di quel pazzo come il solito ragazzo che vuole attaccare bottone.
- Oh ciao - la porta si apre di più, mostrandomi la bionda con addosso la maglia di Harry. Cosa ho interrotto?
- Scusa - rialzo lo sguardo su Harry, qualche centimetro più alto di me. - Ma stavo dando ripetizioni di matematica a Charly - si mette dritto con la schiena, nervoso.
- Oh - sussurro, sprofondando. Dovevo immaginare che stessero insieme.
- Ma è importante? Perchè se lo è ... -
Lo interrompo sventolando le mani energicamente.
- No no - mostro un sorriso. - Solo che non ho segnato degli esercizi di chimica - mi difendo.
- Aspet ... - prima che possa allontanarsi, lo blocco per un polso.
- Tranquillo - lo rassicuro. - Puoi darmeli domani a lezione - non voglio rompergli le scatole anche di domenica.
- Va bene ... ciao allora - mi salutano entrambi.
Mi allontano con passo svelto dal dormitorio maschile.
Cosa devo fare? Con chi posso parlare di quello che mi sta succedendo?
Merda.
Passo le mani nervosamente tra i capelli, stringendoli forte e rendendomi conto che non so cosa fare, dove andare, se accettare.
Arrivata all'ingresso dell'istituto, la curiosità è tanta. Mi appoggio ad una finestra che dà sul cortile: eccolo lì, una sigaretta tra le dita e il cellulare appoggiato all'orecchio.
Devo fermare il mio cervello dal cominciare a fare strani pensieri sul ragazzo. Insomma, è una bella visione, chiunque gli cadrebbe ai piedi. Chiunque non conosca il suo vero carattere.
In realtà, nemmeno io lo conosco veramente, e non sono nemmeno dell'idea di approfondire quello che già ci siamo detti.
I capelli sono sistemati in una cresta verso il cielo, scuri, forse più degli altri giorni. La mascella si serra ogni volta che la sigaretta viene messa tra le labbra, per poi rilassarsi quando il fumo esce dalla sua bocca.
Carino ...
Il cellulare che vibra nella tasca mi distrae momentaneamente: 36 messaggi, 27 chiamate perse, una in corso da un numero non salvato in rubrica.
I miei occhi si alzano, andando a finire sul ragazzo che nervosamente spegne la sigaretta con la suola della scarpa. Ha il telefono ancora all'orecchio.
Per quindici minuti di fila il mio cellulare non ha smesso di suonare. Non ho aperto nemmeno un messaggio, avendo paura del contenuto.
- Boo!!! -
Caccio un urlo spaventata, girandomi a fulminare El e la sua mania di farmi questi scherzetti. Ride.
- Mi hai fatto perdere un sacco di anni di vita - la rimprovero, posando una mano sul cuore. Batte velocemente.
- Scusa - si riprende dalle risate. - Eri così concentrata che ... - strizza gli occhi a due fessure. - Cos'è quello? - i suoi occhi si puntano sul mio collo.
Curiosa, apro una parte della finestra, sperando di specchiarmi e capire a cosa si riferisca.
Gli occhi si sbarrano quando il mio cervello elabora il significato di quella chiazza rossa presente tra il collo e la spalla. - Niente - mormoro, girandomi verso la ragazza con un sorriso sulle labbra. - Mi sono bruciata mentre passavo la piastra - invento, coprendo la prova con una mano.
- Uhm ... - sussurra El. - Facciamo finta di crederci - si avvicina, fissando fuori la finestra. - Cosa stavi guardando così tanto concentrata? - chiede poi.
Mi appoggio al marmo freddo della finestra, indicandogli con la testa il ragazzo moro, intento a spettinarsi i capelli nervosamente.
- Carino - commenta, per poi girarsi e farmi un sorriso. - E ... - mi incita a parlare.
- E ... mi ha chiesto se ci vedevamo in cortile, ma io non so che fare - ammetto, sincera, abbassando il viso.
Rialzo lo sguardo quando mi accorgo esser calato un silenzio strano. Gli occhi di El sono puntati nei miei, con ovvietà.
- Cosa aspetti ad andare? - mi chiede, inconsapevole di quello che potrebbe succedere.
In realtà, nemmeno io sono a conoscenza di quello che potrebbe accadere una volta rimasta sola col ragazzo: un minuto prima mi sfotte senza problema, il secondo dopo desidera baciarmi. Forse sono io che non capisco i ragazzi.
- Vai, tanto tra una ventina di minuti suona l'ora del pranzo - mi avverte, con un sorriso.
Forse dovrei andare.
- Vado - dico convinta, muovendo un piede dietro l'altro. Mi sembra di andare al patibolo, sento il cuore in gola, le gambi diventano gelatina.
Esco dall'istituto, stando attenta a non cadere dagli scalini.
Lo scorgo in lontananza a fissare il cellulare, sbuffando probabilmente per i messaggi e le chiamate a cui non ho risposto. Faccio qualche passo avanti, stringendomi nella felpa per il freddo. Si volta, sentendo il rumore dei miei passi e mi sorride. Gli faccio un cenno con la mano, imbarazzata.
- Sei venuta - mi sorride, mettendo in evidenza i denti bianchi che contrastavano con la pelle scura.
- Già ... - dondolo sui talloni, non sapendo che fare o cosa dire.
- Vieni, facciamo due passi - spezza quel silenzio imbarazzante che si è venuto a creare, e io lo affianco immediatamente.
- Ti ho mandato parecchi messaggi, ti ho anche chiamato - inizia lui, girandosi a guardarmi.
- Avevo il cellulare in camera. Ho la cattiva abitudine di non portarmelo dietro - dico, ed in parte la cosa è vera. Annuisce, tornando a guardare l'orizzonte, nascosto da qualche nuvola passeggera.
- Perché mi hai chiesto di vederci?– le parole escono dalla mia bocca senza che io realmente lo volessi, ma ormai è troppo tardi.
- Volevo spiegarti il perché del mio comportamento. -
Perché?
Gli faccio cenno di continuare, mentre lui si siede su una panchina e io lo affianco, girandomi a guardarlo mentre inizia a spiegare.
- Io ... non so realmente perché l'ho fatto. So solo che volevo aiutare la mia famiglia. Abbiamo dei problemi finanziari - sospira. - Ho tre sorelle, e da quando hanno arrestato mio padre sono l'uomo di casa. Avevo il dovere di aiutare mia madre a pagare le spese, solo che ho provato a farlo nel modo sbagliato - abbassa il volto, fissandosi le punte dei piedi. - Non sono un ladro, e nemmeno un assassino– il tono è affranto. –Quando sono venuti a prendermi mia madre era disperata. Ho letto nei suoi occhi la disperazione, ma anche la delusione, ed è la cosa che mi ha fatto più male. L'ho delusa– si passa una mano tra i capelli corvini, sospirando animatamente.
- Zayn ... - lo richiamo, ma non so nemmeno io perché. Non so che dirgli, mi limito a mettere la mia mano sulla sua e a stringerla, come ad infondergli coraggio. Ma non dovrebbe essere il contrario? In fondo era lui quello con una pistola in mano.
- La pistola era vera?– chiedo, con un tremolio nella voce. Ho quasi paura a sentire la risposta.
- No, non era vera. Se lo fosse stata credi davvero che mi avrebbero mandato qui?– mi dice con ovvietà, indicando l'edificio alle nostre spalle. Annuisco, assorta nei miei pensieri. L'ho giudicato male. Certo, non potevo giudicarlo diversamente dal modo in cui ci eravamo conosciuti, ma il fatto che mi fossi sbagliata mi alleggerisce un po' l'animo.
- Perché hai voluto dirmi tutto questo? - lo guardo negli occhi, quegli occhi così magnetici da rapirmi.
- Vol ...– la campanella della scuola suona, rimbombando per tutto il giardino, bloccando a metà la frase di Zayn. - Scusa, io devo andare– si alza, seguito da me. - Liam mi aspetta - mi saluta con un veloce bacio sulla guancia, per poi correre verso l'edificio.
Si volta nella mia direzione prima di chiudersi la porta alle spalle e mi sorride, per poi sparire dalla mia vista. Mi tocco la guancia con la mano.
Non capirò mai questo ragazzo.
Hello from the other side, I must've called a thousand times!!!
Buon sabato a tutti!
Ecco il nuovo capitolo, spero vi sia piaciuto :)
So che è un po' corto, perciò se volete potrei postarne un altro tra oggi e domani (fatemi sapere) :)
misslightblu x
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top