Chapitre 8

📍4 aprile 2019

<<State attenti, mi raccomando...>> ci dice Jean Jacques, mentre io e Pierre usciamo dalla porta d'ingresso <<E soprattutto fate buon viaggio.>>

<<Grazie Jean...>> rispondo, tirandomi su la cerniera della giacca, dopo aver controllato per l'ultima volta la temperatura sul termometro. Dopo che mi sono imbottita di antibiotici, la febbre è scesa ad un misero 37. Meglio così.

<<Allora, secondo i miei calcoli, arriveremo a Parigi per le dieci, e l'aereo parte alle dieci e dieci. Quindi, ci conviene cominciare ad andare...>> mi informa il pilota Red Bull, controllando l'orologio al polso ed estraendo le chiavi dell'Aston Martin dalla tasca.

<<Va bene.>> annuisco, sistemando gli occhiali da vista sul viso e sentendo addosso lo sguardo stupito dei Gasly <<Che succede?>>

<<Non ti avevamo mai vista con gli occhiali!>> risponde Madylin, regalandomi un veloce abbraccio ed un sorriso <<Stai benissimo!>>

<<Li indosso solo quando sono... particolarmente stanca. Ecco, diciamo che tutti quegli antibiotici non hanno contribuito al mio stato di salute attuale, ma la donna che è morta era una mia amica. Devo esserci.>>

Pascale mi sorride, porgendomi un sacchettino <<Qui dentro ci sono delle medicine, sicuramente quelle che avevi a Londra si saranno rovinate. Portale con te, ti potranno essere d'aiuto.>>

<<Grazie.>>

<<Dai, andiamo... sta per cominciare a piovere.>> Pierre prende subito la macchina, mentre io saluto un'ultima volta i Gasly.

<<Con Pierre vi vedrete tra due giorni, io credo resterò qualche giorno in più a Londra.>> comunico loro, caricando la mia valigia <<Ci sono alcune cose che devo risolvere, meglio farle ora...>>

<<Non ti preoccupare, Chris... prenditi tutto il tempo che vuoi. Però, ti aspettiamo.>>

Annuisco, salendo a bordo e sistemandomi sul lato passeggero. Pierre rivolge un cenno alla famiglia, per poi mettere in moto. Accende il riscaldamento, in modo da farci rimanere entrambi al caldo, partendo.

Attraversiamo il cancello e già percepisco un peso all'altezza del cuore.

Notando, forse, la mia espressione, Pierre allunga il braccio verso di me, afferrandomi la mano e portandola sopra il cambio assieme alla sua.

<<Raccontami qualcosa...>> parlo, attirando la sua attenzione <<Qualcosa di bello... quello che vuoi.>>

<<Okay...>> mi risponde, pensando per qualche istante a cosa dire <<Penso tu abbia capito che né Philippe e Alex né Maddy e Will sono proprio miei fratelli, siamo fratellastri... ecco. C'è stato un giorno in cui noi "uomini" abbiamo fatto credere a Madylin di essere stata adottata. Ci eravamo preparati tutto! Persino dei finti documenti di adozione.>>

<<Sul serio?>>

<<Oh sì... e lei ci ha creduto davvero, almeno fino a quando papà non le ha spiegato che era tutta una presa in giro. Ci siamo beccati due schiaffi ciascuno, ma ne è valsa la pena.>>

<<Povera Maddy!>>

<<Sì, in effetti... siamo stati davvero perfidi con lei quella volta! Ma per "vendetta", mamma ci tenne a stecchetto per due giorni.>> sorrido al sentire quella storia, scuotendo poi la testa.

<<Pascale ha fatto benissimo!>>

<<Raccontami qualcosa tu, invece. Quello che vuoi...>> mi dice ed io non posso fare a meno che cedere.

<<Quando ero piccola, avevo una passione, che era cantare. Cantavo sempre, ovunque. Mi piaceva tanto, e mi avevano detto anche di essere brava. Ci credevo con tutto il cuore. Poi, un giorno, c'è stata una recita, ero in terza elementare. Recitavo la parte dell'angelo che, cantando, narrava un po' la storia, ed ero sospesa con dei fili.>>

<<Ho già capito cosa succederà...>>

<<Sì? Beh, quei fili si ruppero proprio mentre stavo eseguendo l'assolo più importante. Sono caduta sopra un ragazzino travestito da pianta.>> mentre parlo, lui scoppia a ridere <<E il suo microfono si è conficcato nel mio collo, hai presente la punta finale? Ecco, quella. Se noti bene, ho ancora la cicatrice. Mi ha sfiorato la succlavia di sinistra...>>

<<Uhhh, doveva far male!>>

<<Terribilmente! Mi portarono subito in ospedale. Probabilmente, se mi avesse preso peggio, sarei potuta morire dissanguata. Ho avuto davvero fortuna quella volta lì.>>

<<E poi?>>

<<Da quel giorno non ho più cantato veramente e tanto come facevo prima... l'ultima volta che l'ho fatto, è stato anni fa per il compleanno di una mia amica...>> termino il mio racconto <<La cosa divertente? Che la mia maestra diede la colpa a me!>>

<<E lo trovi divertente? Hai un senso dell'umorismo fin troppo particolare!>> mi prende in giro Pierre, cambiando la marcia e facendomi così ricordare di avere ancora la mano sotto la sua.

<<Bah, lascia perdere... sono una abbastanza sfortunata!>> sbuffo, ricordando quel momento <<Ma dimmi, com'è guidare in Formula 1?>> cambio argomento, distogliendo e portando la mia attenzione su di lui.

<<Unico.>>

<<Cioè?>>

<<Immaginati una gara così... il circuito è una montagna e la macchina sono i tuoi piedi. Stai facendo una scalata, ed ogni secondo che sprechi è un momento in meno per goderti il percorso. Poi, quando finalmente sei arrivato in cima, assisti al panorama, con l'arietta fresca sul viso e una sensazione di potenza. E poi ti guardi intorno, notando che ci sono persone che continuano a gridare il tuo nome per sostenerti. Ecco, questa è la Formula 1 per me. Emozione.>>

Rimango zitta per un attimo, riascoltando nella mia testa le splendide parole che ha detto il pilota. Trovo il paragone azzeccatissimo. Non avrebbe potuto sceglierne uno migliore.

<<Wow...>> sussurro <<Devi amare proprio tanto questo sport...>>

<<Certo che sì!>>

<<E tu? Non hai mai amato qualcosa da matti?>>

<<Sì... sì, certo.>> mormoro, portandomi istintivamente la mano alla tasca dove c'è il mio badge <<Oh, ti avverto... quando arriveremo a casa mia, non spaventarti.>>

<<Perché dovrei?>>

<<Perché incombi nel pericolo di ritrovarti ad ogni lato foto di Sam Claflin.>> lo informo, mentre lui sospira, per non scoppiare a ridere.

<<In quelle foto è nudo?>>

<<COSA? No!>>

<<Oh, okay allora.>>

<<Ma...>>

<<Eh beh, se piace a te...>>


Solo quando metto piede nell'aeroporto - di uno degli aeroporti - della capitale mi rendo effettivamente conto di essere tornata a casa.

Inspiro profondamente, recuperando la mia valigia. Ho dovuto lasciare a Rouen la mia pistola e i miei coltelli, nascondendoli attaccandoli con una quintalata di scotch sotto la rete del letto, quindi sono disarmata.

Beh, dai, riuscirò ad arrivare a casa senza incombere in un omicidio, no?

Le ultime parole famose... di sicuro.

Prendendo un Taxi, io e il pilota - che si è dovuto infilare gli occhiali da sole e il berretto per non farsi riconoscere - arriviamo a casa mia, che è proprio come me la ricordavo.

Non è altro che una villetta tipicamente inglese, ma per me è unica. Qui è dove sono nata, dove sono cresciuta, dove sono diventata chi sono. Mi fermo a qualche metro dalla porta, allungando il braccio e sfiorando con le dita il portone. Qui è dove Sophia ed io combattemmo insieme la prima volta...

Sospiro, prima che Pierre possa dire qualcosa, estraendo le chiavi e aprendo la porta. Mi fermo, allungando una mano dentro e cliccando il bottone subito a sinistra dei cardini, disattivando così ogni sistema di sicurezza.

Prima di partire da Londra per Rouen, ho cambiato la scritta nel campanello, per le evenienze. E ho tolto ogni singolo dettaglio che potesse collegare Chris Robin ad Althea Blythe.

Faccio accomodare il francese, scusandomi per la polvere che c'è in giro. Ma sai, non vengo qui dal giorno in cui sono partita... trovarci della polvere credo sia il minimo.

Ci togliamo le scarpe, infilandoci le pantofole. Questa è un'usanza che ho assorbito dal Giappone, ti consente di non portare dentro dei microbi esterni!

Apro le finestre, lasciando circolare un po' d'aria pulita.

Quanti ricordi che mi provoca questa casa...

<<Questi erano i tuoi genitori?>> mi chiede Pierre, indicando una fotografia appoggiata sulla libreria. Ci siamo noi tre, in spiaggia alle Maldive. Avevo 15 anni quando è stata scattata quella foto, ci eravamo andati per le vacanze estive. Mia mamma abbraccia mio padre da dietro, che le sorride dolcemente, mentre tiene me in braccio. Io sto facendo una smorfia, mentre reggo tra le mani un cappello di paglia.

Annuisco, avvicinandomi <<Erano belli, no? Soprattutto mia mamma, era bellissima...>>

<<Anche tu...>>

<<Eh?>>

<<Anche tu sei bellissima, proprio come lei...>> sussurra lui, poggiando la mano sulla mia spalla. Muovo la testa, incrociando i suoi occhi.

<<Sai che non devi dirlo solo perché sono triste, no? Non ho bisogno di compassione...>> replico, con lo stesso tono, tornando a guardare il mio viso sorridente in foto. Non ricordo di aver più riso così, come quel giorno.

<<Lo dico perché è così...>>

<<Vieni dai, ti faccio vedere dove dormi stanotte...>>

<<Guarda che se vuoi posso rimanere di più...>>

<<No, tu hai il Gran Premio, quindi non pensarci nemmeno!>> esclamo, afferrandolo per il braccio e trascinandolo fino alla stanza adibita.

Lui fa per sedersi sul letto, quando improvvisamente lo vedo sprofondare, fino a rimanere a gambe all'aria <<Ma cosa...?>>

Lo aiuto a tirarsi su, togliendo poi le coperte e notando l'enorme buco sul materasso <<E questo... come diamine... perché c'è un buco?!>>

<<Ah, non lo so! Il materasso è il tuo!>>

Non riesco a trattenere le risate per la scena a cui ho assistito <<Oddio, con questa le ho ufficialmente viste tutte!>> commento, per poi portarmi le mani ai fianchi <<Pierre, io in realtà non ho un'altra stanza dove farti dormire...>>

<<Oh beh, ma non...>>

<<Oppure possiamo fare così, tu dormi nel mio letto ed io sul divano.>>

<<Semmai il contrario! Questa è pur sempre casa tua, sul divano ci dormo io.>> controbatte, passandosi una mano tra i capelli e poi replicando la mia posizione.

<<Ma tu sei l'ospite!>>

<<Morra cinese?>> propone, sorridendomi.

<<Andata!>>

<<Se vinco io, sul divano ci dormi tu. Se vinci tu, ci dormo io?>>

<<Sì!>> confermo, iniziando a giocare.

Dopo cinque partite in pareggio, finalmente riesco a far vincere Pierre. Ripeto, è pur sempre l'ospite, è giusto che dorma lui comodo!

<<Bene...>> parlo, sfregandomi le mani <<Il funerale ci sarà oggi alle tre e mezza, quindi ho tutto il tempo per prepararmi psicologicamente. Ho cercato di ridere prima, perché so che dopo sarà un inferno.>>

Pierre non mi risponde, però sento il suo sguardo mandarmi a fuoco la pelle. Perché è così che funziona tra noi: il silenzio vale mille volte più.


| Pierre |

Non posso fare a meno di notare quanto Chris sia bella, anche se in una giornata per lei orribile.

Anche vestita di nero, con solo un filo di trucco - a sua detta "per non mostrare le mie occhiaie da zombie" - e il morale sotto i piedi, resta sempre la donna più bella che io abbia mai visto.

Ha lasciato sciolti i capelli, fermando con un piccolo fermaglio alcuni ciuffi dietro la nuca. Indossa un tailleur nero e un paio di tacchi, più bassi del solito.

Continua a guardarsi allo specchio, ma il suo sguardo è perso. Lo vedo...

Si accorge di me solo quando le passo effettivamente dietro, risvegliandola dal suo stato di trance.

Le lascio aggiustarmi il colletto della giacca, nonostante sia perfetto, perché non me la sento di contraddirla.

Senza dire una parola, arriviamo fino alla Chiesa di Santa Margherita, che è gremita di persone. Ci sono uomini, donne e persino bambini, tutti con la stessa espressione di Chris.

<<Devo chiederti un favore, Pierre...>>

<<Certo, dimmi...>>

<<Ho bisogno che tu resti qui.>> mi dice l'inglese <<Questa è una cosa che voglio fare da sola. Ti dispiace?>>

<<No, non preoccuparti. Lo capisco. Ti aspetto qui allora, tu vai...>>

<<Sei un tesoro, Pierre. Grazie.>> mi stampa un bacio sulla guancia, allontanandosi e avvicinandosi piuttosto ad un gruppo di persone. Tra di loro ce n'è anche una che conosco, Federica.


| Althea |

<<Kir...>> mi basta sentir pronunciare il mio nome in codice per riassumere il solito atteggiamento freddo. Davanti a me, il capo.

<<Capo...>> mormoro, glaciale <<Lei non aveva la febbre, invece?>>

<<Al, zitta...>> mi sussurra Bone, tirandomi una leggera gomitata <<Sta scherzando, capo...>>

<<No, non sto scherzando. Non mi è piaciuto affatto quello che ha detto ieri. Oggi non le parlo da Kir, ma da Althea. Sophia era una nostra amica, e lei ha avuto il coraggio di dirmi che la missione è più importante. Sì, forse è più importante, ma non per me. Perché Sophia Torres ha dato tutto quello che aveva, anima e corpo, in ogni singola missione... e lei, con quella sola frase, rivolta poi a me, l'ha disonorata!>> dichiaro, non distogliendo gli occhi da quelli di Fawkes <<Non accetto compromessi!>>

<<Althea...>> anche Iside vuole farmi stare zitta, ma ormai quello che dovevo dire l'ho detto. E non mi pento. Non l'ho mai fatto, mai lo farò.

<<Hai ragione.>> è la risposta del capo <<Hai ragione, Althea. Ci ho pensato per tutta la notte, e non posso dirti altro se non Hai ragione. Perché la verità è che se Sophia non ci fosse stata, probabilmente non sarei il capo. Ti chiedo scusa, Althea, in quanto capo e in quanto amico.>>

Annuisco, passandomi la lingua sulle labbra <<Sono io a dover chiedere scusa a lei. Ero arrabbiata, furibonda a dire il vero, e mi sono sfogata. Avrei dovuto mantenere il controllo...>>

<<Al, è morta una donna che per tutti noi era una sorella... puoi smettere di essere Kir , nessuno ti biasimerà. Perché vedi, siamo distrutti, dal primo all'ultimo.>> mi dice Bone, afferrando le mani a me e Iside, che fa lo stesso con Federica <<Non è vero, capo?>>

<<Certo...>>

<<Mi siete mancati, ragazzi...>> sussurro, abbracciando i due agenti segreti <<Markus, Demetra...>>

<<Quanto tempo era che non pronunciavamo i nostri rispettivi nomi!>> scherza il primo, per smorzare la tensione <<Ma anche tu ci sei mancata, Althea. No, aspetta, quello non è Pierre Gasly?>>

<<Chi?>> domanda Demetra, guardandosi intorno.

<<Il ragazzo appoggiato al muretto che sta parlando al telefono, non è il pilota?>>

<<Che ci fa Pierre qui, Al?>> mi chiede Federica <<Lo sai che è pieno di agenti? Lo sai come funzionano le nostre cerimonie, ad un certo punto indosseremo tutti i nostri distintivi. Ti vedrà!>>

<<Ha insistito per venire con me, non ho potuto dirgli di no. Soprattutto perché sto cercando di non sembrare una malata mentale a quella famiglia...>> spiego, non voltandomi ma osservando Pierre con la coda dell'occhio <<Non vi preoccupate, gli ho chiesto di rimanere fuori. Lo so che portarlo qui è un grosso rischio per la mia identità.>>

<<Ci fidiamo di te, Althea. Sai sempre quello che fai, per cui non preoccuparti.>>

<<Grazie capo.>>

Una musica triste e lenta ci arriva alle orecchie, facendoci capire che ormai è ora di entrare in chiesa.

Non mi guardo indietro nemmeno per un secondo, camminando fino al secondo banco. Davanti, ovviamente, sua madre e suo padre, assieme a suo marito, che ha gli occhiali da sole indosso e non accenna minimamente a toglierseli.

Capisco questa sensazione. E la odio.

La funzione comincia e tutti rimaniamo ad ascoltare, con lo sguardo che troppo spesso ricade sulla bara chiusa. Sophia...

Solo quando è il momento dell'elogio sembriamo tutti svegliarci da un torpore. Il capo è il primo ad andare e a prendere parola <<Sophia Torres è stata una donna incredibile, gentile, generosa, ironica, coraggiosa, schietta... era determinata e il suo unico obiettivo nella vita era che le persone fossero in pace. Lottava con tutta sé stessa per ciò che riteneva giusto e per questo era un esempio, un modello da seguire, da venerare... non posso credere di dover dire addio ad una persona così, ad un'amica. Agente dell'FBI Sophia Torres, agente Tonks, ti auguro di trovare la strada per il paradiso.>>

Il capo abbandona l'altare e subito dopo tocca a me e Federica. Nonostante nessuna delle due stia bene fisicamente, non potremmo mai non dire nulla. Prima comincio io <<Fidelity, Bravery,  Integrity.>> il motto dell'FBI <<Tre parole che da sole riassumono la vita di Sophia, non solo il suo essere un agente segreto, ma più in generale. Lei era fedele, coraggiosa... non si è mai fermata davanti a niente, perché non aveva paura. L'ho invidiata tanto in vita mia, ho sognato di poter essere come lei... ma mi sono resa conto solo dopo che è impossibile. Perché una persona come lei era da inventare.>>

<<La prima volta che ho conosciuto Sophia, l'ho odiata. Sì, l'ho odiata. Difficile a credersi, eh? Ma non perché mi fosse antipatica, ma perché anche io desideravo tanto un carattere come il suo, una personalità così sicura di sé, così bella, così colorata. Quando eravamo tristi, Tonks ci dava l'energia per risollevarci. E sapere che non sarà più così mi distrugge, ma so anche che lei non vorrebbe mai vederci tristi, perché starebbe male. Proprio per questo, sorriderò, e continuerò ad avere il suo nome in bocca, per raccontare al mondo quanto Sophia Torres fosse magnifica!>> aggiunge Federica, indicando la bara con la mano.

<<Ricordo bene quando affrontammo una vicenda di stupro. Una ragazzina, di poco più di 16 anni, era stata violentata e toccò a Sophia catturare il colpevole. L'aggressore per difendersi disse che era stata quella ragazza a provocarlo, perché era vestita in modo provocante, perché lo aveva sedotto... e tutte idiozie del genere. Avrò per sempre in testa le parole che Tonks disse in tribunale, la sua testimonianza mi ha scavato dentro, arrivando fino al cuore. Disse esattamente così: "Le donne non sono donne perché c'è un uomo al loro fianco, le donne sono tali dal momento stesso in cui nascono. E come tali, hanno dei diritti: quello di vestirsi come vogliono è uno di questi! Una gonna non è un invito! Un paio di pantaloni strappati non equivale a dire <<Coraggio, vienimi a prendere!>>". E vinse. Sophia vinse la causa. Probabilmente è stato in quel momento che tutti si sono accorti del suo vero valore...>> sentenzio, lasciando poi continuare Federica. Da lontano, vedo entrare Pierre. Perché lo ha fatto?

<<La mia amica ha ragione... Sophia Torres è stata un'eroina, una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro questa società. Lei è stata la luce in un barlume di oscurità. Lei... ma ora sono sicura di una cosa, con la sua luce, Sophia sta riscaldando degli angoli di paradiso. Perché lei era così. Era buona.>>

Terminiamo il nostro discorso, mentre un applauso invade la chiesa. Torniamo a sederci, con un piccolo sorriso malinconico in volto.

Sono abbastanza soddisfatta di quello che ho detto, anche se Sophia si sarebbe meritata molte più parole. Come ho già detto, era una persona sensazionale, dal buon cuore e dal grande spirito. Mi mancherà terribilmente.

Solo dieci minuti dopo la funzione termina, e tutti noi agenti alziamo il braccio destro verso l'alto, con il distintivo dorato nella mano. Faccio attenzione il più possibile a non farmi vedere da Pierre, ma pur sempre con orgoglio.

<<Addio, Sophia.>> bisbiglio, abbassando lo sguardo <<Mi mancherai, amica mia.>>

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