Chapitre 27
📍 23 giugno 2019
Mai avrei pensato di passare questa giornata diventata così triste a guardare una gara di Formula 1. E dire che questo sport mi è sempre piaciuto fin da bambina, quando la domenica guardavo le macchine rosse correre insieme a mio padre.
Oggi, invece, quella che sto guardando non è una macchina rossa, ma una macchina blu. E quello che sto guardando non è un pilota rosso, ma uno blu.
Inutile dire che ho sempre tifato per la Ferrari, indipendentemente da chi c'era alla guida o dall'andamento della stagione. Negli ultimi due anni, tuttavia, ho accantonato la visione, tanto che non ho presente nemmeno quale sia il volto di Charles Leclerc, o quali siano quelli di Lando Norris e George Russell.
Mi ricordo che da bambina volevo essere un meccanico, per poter aiutare Michael Schumacher. Poi, quando la mia famiglia mi rivelò il suo segreto, tutto è cambiato. Chissà, magari se le cose fossero andate in modo diverso, oggi sarei l'ingegnere che tanto agognavo di essere.
La gara è al giro 48, mancano solo pochi giri alla fine e Pierre non sta lottando per il podio come sperava.
Ho come il presentimento che quello che tanto teme il francese presto possa diventare realtà. Insomma, la prestazione non è esattamente degna della macchina. Però Pierre è un bravissimo pilota, e si merita quel sedile molto più di qualsiasi altra persona.
Rimango a guardare la fine della gara senza più prestare attenzione ad altro.
Il francesino fastidioso taglia il traguardo in decima posizione.
Aspetto un'inquadratura che lo mostri nel suo box, ma questa non arriva. Mi immagino già la sua delusione.
Pierre è un perfezionista. Da quando lo conosco, penso di non averlo mai visto lasciare qualcosa a metà. Non posso nemmeno immaginare quanto sia frustrante per lui questa situazione, ma capisco quella sensazione opprimente. Quella consapevolezza di risultare fallimentare per qualcuno.
Mi auguro che presto riesca a mostrare sé stesso.
Osservo il mio cellulare, abbandonato a cinquanta centimetri da me, sul lato del divano. Sono indecisa su cosa fare, e indugio con la mano allungata in sua direzione per qualche secondo.
<<Farò del mio meglio e ti dedicherò il risultato.>>
Quelle parole mi risuonano in testa più del dovuto.
Però, forse, sono proprio queste a spingermi a cliccare sull'icona di FaceTime e successivamente sul contatto che più e più volte ho rinominato.
"Frenchman 🖤" è stato il risultato finale, che tuttora è così.
Aspetto che squilli battendo nervosamente il piede contro il cuscino del divano. Un po' ho aspettato, ormai dovrebbe aver recuperato il telefono e tutti i suoi aggeggi.
Sto per attaccare, quando il suo faccione appare nel mio schermo.
<<Hey.>> mi dice soltanto, a mo' di saluto. La sua espressione è abbattuta, e mi sembra anche di notare un particolare luccichio nei suoi occhi.
Il mio obiettivo adesso è farlo ridere, in qualsiasi modo.
<<Allora, francesino irritante, se ti dico che sei stato bravo, per caso cominci con una querela di motivazioni opposte?>> domando, retoricamente, facendogli roteare gli occhi e sbuffare <<Okay, lo prendo come un sì. Dunque questa cosa da dirti è da depennare. Allora, uhm... che noia, Pierre, lasciatelo fare un complimento ogni tanto!>> esclamo, provocandogli rapidamente un sorriso.
E una sensazione di gioia mi si propaga nel petto.
<<Senti chi parla, è arrivata quella gentile!>> è la sua risposta, pungente ed un po' ironica.
Gli rivolgo una smorfia <<Io sono acida di carattere, tu no. Questa cosa non va bene. Gli equilibri sono sfasati!>> sorrido, facendogli un occhiolino.
<<Mi dispiace per la gara, ti ho fatto perdere tempo.>>
<<Perdere tempo? Assolutamente no! E poi, sarà anche soltanto un punto, ma è un punto dedicato a me, dunque ti vale doppio!>> affermo, vantandomi un po' <<Sul serio, eh, dillo pure alla FIA!>>
Per qualche secondo Pierre non mi dice niente, ma continuiamo a guardarci. Sembra proprio come se fossimo uno davanti all'altra.
<<Grazie, petite.>> mi dice, passandosi la mano sul viso e sospirando ancora.
<<Ci riuscirai, francesino, te lo assicuro.>> bisbiglio, talmente piano che dubito che lui abbia sentito. Però, il sorriso luminoso che mi rivolge mi fa intendere il contrario.
<<Sapevi, però, di non poter restare.>> la frase di Markus di qualche giorno fa mi torna in mente. Si, sapevo anche di non potermi innamorare di lui, ma è successo. E sono inevitabilmente legata a Pierre, forse in modo ancora più profondo di quanto mi aspettassi. Vederlo così abbattuto riesce a distruggermi dentro.
Se questo significa essere innamorati, allora prima di lui non ho mai amato nessuno.
<<Tu sei troppo fiduciosa.>> replica <<E poi, è un decimo posto. Significa esattamente metà griglia, ed è una schifezza. Comincio seriamente a pensare di essere una schifezza anche io...>> quel tono da cucciolo triste mi stringe il cuore in una morsa.
<<Apri le orecchie, non te lo dirò mai più...>> se proprio vuoi definirti spazzatura, sei la spazzatura più bella, vorrei dirgli, ma so che poi sarebbe troppo evidente ciò che provo per lui e non mi pare il caso <<Non. Sei. Spazzatura.>> scandisco <<Sei bravo, anzi, bravissimo. C'è qualcuno che parla francese nelle vicinanze?>> finora abbiamo sempre parlato in inglese.
<<No, nessuno, perché?>> passa a parlare nella sua madrelingua.
<<Perché sei incredibile.>> affermo <<E c'è bisogno che qualcuno te lo dica senza che tu ti faccia prendere da qualsiasi tipo di agitazione. Sei incredibile, punto. Non si discute al riguardo.>> le sue guance diventano rosse all'istante, nonostante stia facendo di tutto per contenere il rossore.
<<Lo dici solo perché mi vuoi bene, anche se non lo ammetti.>>
<<Perché non dovrei ammetterlo? In fondo è così.>> annuisco, sinceramente <<Sei stato bravo, francesino, lo sei stato davvero tanto. Puoi anche non crederci, ma è così. Non ti abbattere, okay?>>
<<Okay.>>
<<Adesso ti lascio andare, buon ritorno a casa.>> gli auguro, salutandolo con un cenno della mano.
<<A te.>> mi lancia un bacio con la mano e poi attacchiamo insieme la videochiamata.
Oh Pierre...
Quando mi siedo al bancone del pub, sono ormai le nove di sera.
Ho passato il resto del pomeriggio, dopo la gara, a casa di Lexie. O meglio, a quella che era la sua casa.
Vedere quelle foto mi ha provocato un senso di dolore terrificante. Non è più la stessa cosa senza di lei.
Lex e Fede sono state la mie migliori amiche per tanto tanto tempo. La Grey era il sole, Federica la mia pianta, ed insieme formavano l'ossigeno che mi permetteva di respirare. Ma ora... ora è come se fossi in apnea.
Chiedo al ragazzo dietro al bancone dello Sherry. Ho bisogno di bere.
La persona vicino a me, tuttavia, necessita di alcool più di me <<Tutto bene?>> chiedo.
<<Sto aspettando una persona, ma non so nemmeno che faccia abbia.>> dice, sorridendo amaramente <<E sto soltanto perdendo tempo.>>
<<Come si chiama? Magari posso aiutarti a vedere se è nei paraggi!>> mi propongo, dopotutto è meglio aiutare qualcuno piuttosto che bere e bere per non affrontare la mancanza di Lex.
<<Non so nemmeno questo. L'unica cosa che so di lei è che la migliore amica della mia ragazza.>> sussurra, rubando il mio Sherry e bevendolo. Si scusa con gli occhi, ma lo lascio fare.
<<Non conosci la sua migliore amica? Strano...>>
<<La mia ragazza è morta anni fa.>> mi racconta, facendomi venire la pelle d'oca <<Non ho mai avuto occasione di conoscere le sue due più care amiche. So che una sarebbe venuta qui oggi e speravo di incontrarla, di capire cos'è successo quel giorno... è stato il fratello della mia ragazza a dirmi che molto probabilmente lei si sarebbe presentata qui.>>
<<Mi dispiace per... per lei, insomma.>>
<<Non ho potuto nemmeno dirle addio.>> mormora <<Non ho potuto dirle niente, a dire il vero. È stata l'unica vittima in quell'incidente.>>
<<Cos'è successo?>>
<<È successo che i suoi amici e suo fratello si sono salvati, ma lei no. E il motivo per cui voglio incontrare quella ragazza è perché voglio dirle che la odio. La odio per non essere morta al suo posto, la odio per essersi salvata. La odio per non aver salvato la sua amica.>>
Quell'affermazione mi secca la gola all'istante.
Capisco quello che prova... anche io mi... e se... e se la ragazza che lui voleva incontrare...
<<L'elicottero su cui viaggiava è precipitato.>> e a quella frase confermo la mia teoria. Sono io la persona che stava aspettando <<E tu, tu perché bevi?>>
<<Per il tuo stesso motivo...>>
<<Anche tu hai perso una persona che amavi?>>
<<Sì, sì... ma la mia persona è anche la tua.>> dico, portando il suo sguardo confuso su di me.
<<Che... che vuoi dire?>>
<<Lexie Grey era la mia migliore amica.>> rivelo, stringendo nel pugno il bordo della mia giacca <<Sono io la ragazza che stavi aspettando.>> riesco a tenere lo sguardo alto per qualche miracolo.
<<Cosa?>> la sua è una domanda retorica, si capisce perfettamente dal tono di voce.
<<Mi dispiace.>> mormoro, facendo per alzarmi. Ma mi afferra il braccio.
<<Quando hai capito che parlavo di te?>>
<<Il brivido che tuttora continuo ad avere è iniziato quando hai detto che la tua ragazza è morta anni fa. Non so spiegarmi il motivo, ma è come se l'avessi capito.>> tento di spiegargli, guardandolo <<Mi spiace.>>
<<Perché hai deciso di dirmi chi sei? Mh? Ti ho detto che avrei voluto dirti che ti odio per non averla salvata, allora perché me l'hai detto comunque?>>
<<Credi che io non mi odi per non essere morta al posto di Lex?>> anche la mia è un'affermazione retorica <<Credi che io non sappia di aver portato via al mondo una persona meravigliosa? Sono stata io a proporre il paracadutismo quel giorno. Abbiamo provato a toglierle il resto dell'elicottero di dosso, che l'aveva schiacciata, ma non l'avremmo salvata nemmeno con un miracolo. Siamo rimasti in quella foresta per giorni...>> ho le lacrime agli occhi, lo ammetto <<Con vicino il suo corpo, con gli animali che tentavano di mangiare ciò che ne restava, con noi completamente feriti e doloranti. Abbiamo temuto di morire, e abbiamo pensato di lasciare andare.>>
<<Perché non l'avete fatto, allora? Cosa vi ha spinto a lottare per vivere?>>
<<Perché Lexie non ce l'avrebbe mai perdonato.>> dichiaro <<Perché avendo la possibilità di salvarci e avendo ceduto, lei ci avrebbe odiato. E dopo averla persa, non avremmo potuto perdonarcelo.>>
<<Quali... quali sono state le sue ultime parole?>>
<<Ci ha detto addio... è riuscita a farlo.>> stacco il braccio dal suo il più gentilmente possibile, mentre recupero la mia borsa e lancio qualche sterlina sul bancone <<Mi dispiace, devo andare.>>
Corro via il più velocemente possibile, rallentando in prossimità di casa mia. La conversazione con quel ragazzo, di cui non conosco nemmeno il nome e di cui Lex non mi aveva mai parlato, mi ha lasciato un grande vuoto nel petto.
Estraggo il telefono, componendo soltanto #1 e chiamando.
<<Pr...>>
<<Come cazzo ti è venuto in mente di spedire quel ragazzo da me?!>> grido quasi a Markus, nervosa fino alla punta dei piedi <<E senza dirmi niente, poi!>>
<<Allora ci hai parlato...>>
<<Certo che ci ho parlato!>> affermo <<E sai cosa mi ha detto? Che mi odia, per non essere morta al posto di Lex. Come se io non mi odiassi già abbastanza!>> scuoto la testa, sferrando un calcio al cancelletto in ferro di fianco a me <<Spiegami perché me l'hai spedito.>>
<<Perché voleva parlare con te, Ally. Ci teneva davvero.>>
<<Non ero nemmeno a conoscenza della sua esistenza.>> bisbiglio <<Perché Lex non me l'ha mai presentato?>>
<<Ricordi cosa ci stavamo dicendo prima di salire su quell'elicottero?>> mi domanda, provocandomi istintivamente un ricordo doloroso.
<<Che saremmo dovuti andare a cena quella sera... ma non vedo come questo possa... OH!>> esclamo, realizzando <<Perché Lex avrebbe dovuto...>>
<<Fare un annuncio, esatto.>> Markus conclude la mia frase <<Ora hai capito?>>
<<Sì, ma avresti almeno potuto avvisarmi...>> sentenzio, attraversando la strada <<Non hai idea di quanto mi abbia fatta sentire colpevole quell'incontro...>>
<<Lo immaginavo, ma lui aveva davvero bisogno di sfogarsi. E non ha potuto incontrare né me, né tantomeno Dem e Federica. Eri tu l'unica opzione.>>
<<In sostanza, mi hai mandato alla ghigliottina senza nemmeno avvisarmi.>> sintetizzo in breve le sue parole <<Farai così anche quando sarai capo, o ti degnerai almeno di dirmi contro chi mi manderai?>>
<<Non prendertela, Althea. Era necessario per lui.>>
<<Necessario?>> ripeto, scandalizzata <<Necessario per lui, ma non lacerante per me?! Devo ricordarti quanto la morte di Lexie mi abbia...>> mi interrompo quando noto la persona appoggiata al muretto in pietra davanti a me.
<<Ally, ci se...>>
<<Ti chiamo domani.>> attacco di colpo, spegnendo il cellulare con una semplice mossa.
Faccio un passo in avanti, e lui fa lo stesso.
<<Pierre...>> sussurro <<Che ci fai qui?>>
<<Avevo bisogno di te, suppongo.>> risponde, alzando le spalle <<Scusa se mi sono presentato qui senza avvisare ma sentire la tua voce oggi pomeriggio è stata l'unica cosa che mi ha impedito di saltare giù dal balcone.>> il cuore mi batte più velocemente nel petto.
<<Ormai, però, ti ho insegnato ad atterrare...>> gli faccio presente, sorridendo un po' <<Non sarebbe stato un problema, o sbaglio?>>
Pierre inclina le labbra in sù, incrociando di nuovo il mio sguardo e togliendomi il respiro.
<<Possiamo entrare? Qui fuori si gela...>>
<<Da quanto tempo stai aspettando?>> domando, facendogli cenno di seguirmi. Mi fermo davanti alla porta, estraendo le chiavi e infilandole nella serratura. Entriamo e velocemente chiudiamo tutto. Mi tolgo la giacca.
Le sue braccia si avvolgono intorno alla mia vita, stringendomi <<Non importa quanto ho aspettato, l'importante è averti trovata.>> mormora, poggiando la fronte sulla mia spalla.
<<Se fossi rimasta a dormire da Federica, supponiamo, cosa avresti fatto?>> sto cercando di smorzare la tensione. C'è bisogno davvero di specificare quale tensione?
<<Probabilmente ti sarei entrato in casa abusivamente.>>
<<Senza chiavi?>>
<<Sono dentro la pietra vicino lo zerbino, giusto?>> ipotizza lui, stupendomi <<Ci ho preso, vero? Ti ho vista molte volte a casa fare lo stesso, però sotto la pietra. Dato che sei imprevedibile, penso sia ovvio siano dentro. Ci ho preso?>>
<<Incredibilmente sì.>> annuisco, allentando di poco la sua presa su di me e voltandomi, restando faccia a faccia con lui.
<<Mi conviene allora prendere lezioni dalla detective...>> dice, scherzosamente, chinandosi in avanti e facendomi toccare con il sedere contro il divano.
<<Forse sì...>>
Mi spingo verso di lui, baciandolo e lasciandomi andare. Al diavolo tutto, stasera. Poggio le mani sul suo petto, spostandole poi lentamente dietro la sua testa. So di averlo colto di sorpresa, perché non si aspettava che il primo passo l'avrei fatto io.
Porto le sue mani al bordo della mia maglia, chiudendo le sue dita e portandolo ad aiutarmi a toglierla. Pochi secondi dopo, anche la sua vola in qualche angolo del pavimento.
La sensazione delle sue labbra sulla mia pelle è una di quelle che ricorderò per sempre. È come se ormai l'avessi marchiata nel cuore, così come la sensazione di quando ci apparteniamo.
<<Sei bellissima.>> Pierre, con i capelli scompigliati. Con il corpo sudato. Con le labbra calde di baci. Pierre, che non smette mai di stupirmi. Pierre, quella persona di cui tanto sono innamorata. Quella che mi sta facendo sfiorare il paradiso giorno dopo giorno. Quella che non mi lascia mai cadere, anche se lui è il primo a soffrire.
Semplicemente Pierre.
<<E tu un grandissimo idiota.>> replico, prima di baciarlo ancora.
<<Mh.>> ride lui, sfiorandomi il collo e la spalla con le labbra e facendomi rabbrividire <<Un idiota che ti piace, però.>>
<<Mh.>> faccio a mia volta.
Una.
Due.
Tre stoccate.
<<Forse.>> bisbiglio, ansimando ed aggrappandomi a lui <<Forse mi piaci...>>
<<Forse, ovvio.>>
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