Capitolo 8

Per passare il tempo, iniziai a guardare fuori dalla finestra.

Catturai ogni singolo particolare e  lo impressi nella mia memoria.

Se fossi riuscita a telefonare a mio padre, in qualche modo, avrei dovuto fargli capire dov'ero.

Il sole illuminava ancora il cielo e tutto il circondario.

Il terreno era arido, con qualche ciuffetto di erba qua e là.

A una trentina di metri dal luogo dove ero imprigionata c'era una strada, talmente inutilizzata che neanche le lucertole ci passavano.

Era deserta.

Aspettai che passasse qualche macchina, ma in quasi un'ora scorsi soltanto un camion di trasporto.

Provai ad urlare, per farmi sentire, ma la finestra era chiusa, ed il vetro di cui era fatta era discretamente spesso.

Urlai con tutta l'aria che avevo nei polmoni... ma niente.

Non avevo speranze.

Nessuno sarebbe venuto a salvarmi.

In quel momento iniziai a piangere e a disperarmi.

"Non mi merito tutto questo" pensai "Cosa ho fatto di male?"

Mi lasciai andare, iniziando a singhiozzare e a versare lacrime senza fermarmi.

Se Lauren fosse stata lì, avrebbe assistito alla scena più pietosa del secolo.

Ero debole, vulnerabile, e facilmente manipolabile.

Gli occhi mi bruciavano, il naso mi pizzicava, e non riuscivo a respirare bene.

Era una sensazione orribile.

Le forze stavano lentamente lasciando il mio corpo e, senza accorgermene, mi addormentai, con le lacrime agli occhi.

Non mi ricordo cosa sognai, né quanto dormii... so solo che appena mi svegliai mi sentii strana.

La prima cosa che i miei occhi videro non appena si aprirono fu un colore bianco pastello uniforme.

Ci misi un po' a riavviare tutti i sensi, ma dopo qualche secondo capii che c'era qualcosa di morbido sotto la mia schiena e che non ero più seduta.

Piegai la testa di lato, e mi accorsi di essere distesa su un letto.

La sedia su cui ero legata era davanti a me, e sopra ad essa c'era Lauren a cavalcioni.

Aveva le braccia conserte appoggiate sopra lo schienale, il mento appoggiato sul suo braccio destro, e mi fissava.

Volevo dire qualcosa, ma non mi venne in mente niente.

Prima di poter parlare, lei si alzò, distogliendo lo sguardo da me.

<< Ho la tua cena >>

Sparì per un attimo dietro la porta che collegava la mia stanza alla sua e tornò poco dopo con un contenitore bianco.

<< Mettiti a sedere, e non fare nessun movimento brusco >> mi ordinò, chiudendo la porta alle sue spalle a chiave.

Deglutii e feci come mi aveva detto.

Probabilmente aveva paura che scappassi visto che mi aveva liberata.

<< Non farmi pentire di ciò che ho fatto, okay? >> disse Lauren, sedendosi sulla sedia e porgendomi il contenitore con il mio cibo.

Io lo afferrai, lo aprii e trovai una ciotola di riso cinese e accanto un tramezzino con tonno, insalata e pomodori.

<< Volevo comprarti solo un panino come quello che ho mangiato io, ma alla fine ho deciso di comprarti qualcosa anche dal cinese >> spiegò lei.

La guardai negli occhi, e nel suo sguardo leggevo chiaramente un "mangia".

Iniziai a mangiare il riso, che era ancora leggermente caldo.

Mugolai di piacere non appena arrivò al mio stomaco vuoto da giorni.

Era una sensazione inebriante.

Divorai la ciotola di riso in neanche cinque minuti, sotto gli occhi attenti e vigili di Lauren.

Chiusi gli occhi per concentrarmi sul calore e il sapore meraviglioso di quel piatto.

"Non mangerò niente di simile per altri tre giorni" sdrammatizzai.

Riaprii gli occhi e mi fiondai sul tramezzino, ma prima di addentarlo, guardai lei.

<< Perché mi hai liberato? >> le chiesi.

Lei sorrise.

<< Non crederti speciale o cose così, eh. Semplicemente volevo che mangiassi con le tue mani. Non volevo imboccarti >> affermò.

Si soffermò a guardarmi le labbra.

<< Anche se non mi sarebbe dispiaciuto >> aggiunse a bassa voce, con un ghigno dipinto sul volto.

Feci finta di niente di non aver sentito, comportandomi da offesa.

Lei si mise a ridere, e continuò a guardarmi mentre mangiavo.

<< La smetti di guardarmi? Non riesco a mangiare se mi fissi in quel modo >>

Lei inarcò un sopracciglio.

<< A me non sembra che ti abbia dato noia quando ti sei divorata in tre minuti un piatto intero di riso alla cantonese... >>

Non aveva torto.

Feci spallucce e la ignorai.

Dopo aver mangiato anche il panino, Lauren si alzò dalla sedia e si avvicinò a me.

Iniziai ad avere paura per quello che voleva fare, ma mi tranquillizzai non appena afferrò il contenitore vuoto per buttarlo.

Ero troppo paranoica.

<< Alzati >> mi ordinò << Lentamente >>

Mi alzai dal materasso morbido, riprovando la sensazione di stare in piedi.

<< Rimettiti a sedere, senza fare cazzate >>

Scossi la testa.

<< Non voglio tornare a stare legata su quella sedia >>

Si avvicinò, passo dopo passo, fermandosi a neanche un metro da me, facendomi notare la leggera differenza di altezza tra di noi.

Lei era più alta di me, e mi guardava dall'alto verso il basso con due occhi di ghiaccio.

<< Siediti su quella sedia >> sibilò con voce fredda.

<< No! >> urlai, tirandole uno spintone.

Lei perse leggermente l'equilibrio, ma senza cadere.

Io, nel frattempo, corsi verso la porta e provai ad aprirla, fallendo stupidamente perché l'aveva chiusa prima.

Mentre strattonavo come una pazza la maniglia, due mani mi afferrarono per i fianchi, alzandomi di peso e buttandomi per terra.

Una volta a terra non feci in tempo a dire niente che mi trovai Lauren seduta sopra di me, con la pistola in mano.

In quel momento l'adrenalina e la paura pulsavano a mille nei miei vasi sanguigni, non facendomi più pensare.

Il mio cervello era come spento.

L'ultima cosa che ricordo è che lei alzò verso il soffitto la pistola e mi colpì fortissimo in testa, facendomi svenire.

Quando mi risvegliai, mi trovai legata.

<< Fanculo >> affermai, cercando di liberarmi.

La testa mi faceva un male della madonna, e sentivo del liquido scendere dal lato sinistro della mia faccia.

Mi asciugai strusciandomi contro la mia spalla, guardai il tessuto e vidi che era rosso.

Stavo sanguinando.

"Cazzo" pensai, rimanendo sconvolta dalla brutalità con cui mi aveva colpito "Uff, la mia maglietta preferita"

Guardai in giro per la stanza, non percependo la presenza di Lauren.

<< Vieni qui, stronza! >> gridai a pieni polmoni << Vieni qui! >>

Dopo neanche un minuto entrò, con una vecchia valigetta del pronto soccorso in mano.

<< Vedo che ti sei svegliata >> disse tranquilla.

<< Mi hai fatto sanguinare la testa, cazzo. Fa male, mi brucia! >> mi lamentai.

Lei appoggiò la valigetta e si mise in ginocchio davanti a me.

La aprì e iniziò a cercare il materiale per disinfettarmi.

Prima di iniziare, mi lanciò uno sguardo gelido.

Le sue iridi verdi avevano una sfumatura azzurro chiaro.

Sembrava di guardare il mare del circolo polare artico.

<< Mi hai dato problemi >> affermò con tono serio e autoritario << E se non esegui subito i miei ordini come hai fatto oggi... farò di peggio >>

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