Capitolo 67
Era passata poco più di un'ora, e ancora non ci eravamo prese una pausa.
Io e Lauren stavamo correndo ininterrottamente da 60 minuti di fila, cosa che io non avevo mai fatto prima.
Il mio esercizio fisico si limitava a qualche scemenza in palestra, nulla di più.
Eppure le mie gambe ancora sostenevano il passo svelto e agile della ragazza di fronte a me.
È incredibile ciò che può generare la voglia di sopravvivere, l'adrenalina, tutte quelle scarire di paura e terrore puro.
Non mi sentivo più nessun muscolo, neanche quello più piccolo che nessuno usa, eppure continuavo a correre.
Riuscii miracolosamente a non inciampare su qualche rametto e su qualche radice sporgente.
La mia mente iniziò a vagare, forse ad andare un po' di matto.
Il mio cervello cominciava ad essere poco ossigenato, e cominciai a ricordare tante cose:
il dolce respiro di Lauren sulla mia pelle quando dormivamo insieme, io che gioco con la mia sorellina Sofi, la mia vita prima di tutto quel casino, Lauren che mi tiene per mano, quel soprannome che le era scappato per sbaglio, alle proposte di sposarla alle quali non avevo risposto...
"Il mondo è così ingiusto" pensai.
Fu quello il momento in cui finalmente mi fermai, con le gambe spezzate dalla fatica, stroncate dal peso del mio stesso corpo esile.
Lauren mi guardò, con il respiro pesante e gli occhi pieni di spavento.
<< Cos'hai? >> mi chiese preoccupata.
Io scossi la testa.
<< Ho paura di perderti >>
Lei mi guardò dritta negli occhi... e non rispose.
Anzi, deglutì rumorosamente.
Anche lei aveva paura, anche lei provava le stesse emozioni negative che mi stavano affliggendo in quel momento.
<< Camila >> mormorò con voce spezzata << Ho paura di perderti anch'io, e questa è l'unica cosa che mi sta facendo andare avanti. L'idea di poterti perdere mi uccide, e non voglio che questo accada. E perciò corro. Corro verso la nostra libertà >>
Mi accarezzò dolcemente i capelli, spostando con l'indice una piccola e impercettibile ciocca dietro il mio orecchio.
Appoggiò le sue labbra soffici e calorose sulle mie, facendole combaciare in un bacio lento ma passionale.
Chiusi gli occhi per qualche istante, e tutto sembrò congelarsi in una calda pace interiore.
Lei mi faceva stare bene.
Bene davvero.
Mi sentivo al sicuro semplicemente in un sul bacio.
Quanto mai potevo amarla quella donna?
Eppure la vita è strana. Il giorno prima sei vivo e il giorno dopo sei morto.
E non è mai giusto, nè sbagliato. Perchè se le cose devono finire, finiranno.
Se lo dice il destino, così sarà fatto.
Ricominciammo la nostra corsa verso il confine, e ormai mancava davvero poco.
Cambiammo sentiero un paio di volte, sperando di beccare la strada che poteva farci passare il più inosservati possibile.
I piedi di entrambe erano doloranti, i nostri muscoli erano in frantumi, l'acido lattico si stava formando, ma continuavamo a tenerci strette per la mano.
Perchè credevamo in noi e nel nostro amore.
<< Dovrebbero mancare pochi minuti >> ansimò Lauren.
Parlò a fatica, ma riuscii comunque a percepire quel tono tipico di chi sta per esplodere di gioia.
Sorrisi, ma non durò molto perchè sentii un forte sparo dietro di me.
<< Cazzo >> imprecò Lauren, abbassandosi istintivamente.
Si girò per controllare di chi eravamo sotto tiro.
Ci rifugiammo dietro a dei folti cespugli.
<< Non sono dei miei... Quello sparo... Noi non utilizziamo fucili >>
Non ebbi nemmeno il tempo di realizzare che mi afferrò per la mano e riprendemmo la nostra fuga.
Che però, aimè, durò poco.
Stavamo correndo, il più veloce possibile.
E ci ritrovammo circondati.
Io ero di fianco a lei, mentre lei mi teneva per mano.
Spuntarono uomini vestiti in giacca e cravatta ovunque.
Lauren sembrò impietrita.
<< Non sono dei miei >> sussurrò << Peggio... >>
Mi guardò, bianca come un cencio.
<< Sono di tuo padre >>
Tutto ciò che accadde in seguito, accadde troppo velocemente.
Io stessa; io che ho vissuto quella scena, tutt'ora, non riesco a crederci.
Gli uomini di mio padre erano dietro, alla nostra sinistra e davanti a noi.
E inoltre, davanti a noi, c'era anche lui.
Mio padre.
Mi sembrò una vita che non lo vedevo. E non ero felice di vederlo, come speravo.
Tutt'altro, l'idea di avercelo davanti mi fece gelare il sangue nelle vene.
Aveva un'espressione seria, più seria del solito, scolpita nelle sue giovani rughe.
Alzò la testa, in segno di sfida.
<< Avete giocato con il capo della mafia sbagliato, prendendovi mia figlia >> disse mio padre, con tono arrabbiato << Ora ne pagherete le conseguenze. Tutta la tua banda da quattro soldi senza valori che ha messo su il tuo capo... iniziando da te, mia cara >>
Inclinò il collo abbastanza da far scrocchiare le ossa, tenendo fisso lo sguardo su di lei.
<< Hai rapito mia figlia.>>
In quel momento il tempo sembrò rallentare.
Il mio cuore si fermò non appena vidi mio padre tirare fuori la sua pistola.
La puntò verso Lauren.
Non mi diede neanche il tempo di parlare che sparò.
Quel rumore assordante non lo dimenticherò mai.
In quell'istante sentii la presa della sua mano farsi sempre più lenta, la mia mano farsi sempre più vuota.
Mi girai verso di lei e la vidi cadere a terra.
L'aveva presa dritta al cuore.
L'incredulità del momento fece posto alla disperazione, e in una frazione di secondo mi buttai giu per terra, raccogliendo la sua testa e appoggiandola sul mio braccio.
Scontrai i suoi occhi.
Erano deboli, troppo spenti.
Le lucciole che brillavano stavano lasciando spazio a qualcosa di più oscuro.
In quel momento iniziai a piangere.
Credevo di aver finito le lacrime, ma a quanto pare sono come il peggio: non hanno fine.
<< Lauren >> singhiozzai << Lauren, ti prego, resisti >>
Dalla sua bocca iniziò a colare sangue.
<< N-No, ti scongiuro >> mugolai, prendendo il suo viso freddo tra le mani.
Era pallida.
Lei accennò un sorriso amaro.
<< C-Camz >>
Solo quel soprannome mi spezzò il cuore.
<< Ti ho sempre amata... e non smetterò mai >>
A quel punto non riuscii a trattenermi e mi lasciai andare in un pianto isterico.
Non potevo crederci, non poteva accadere sul serio.
Non poteva finire così, avevamo un'intera vita di fronte a noi.
Non doveva andare così, dovevamo sposarci, avere figli, una famiglia, essere felici.
Io e lei.
Alla fine il mio pensiero di concentrò su una cosa.
<< Sì >> dissi ad alta voce, guardandola dritto negli occhi.
<< Cosa sì? >>
<< Sì, voglio sposarti >>
Lei sorrise ancora una volta, sempre più amaramente.
Sapeva che non sarebbe sopravvissuta, sapeva che stava morendo, sapeva che non ci sarebbe stato un futuro con me al suo fianco.
Lo intuii, sapevo che lo stava pensando, i suoi occhi me lo stavano dicendo chiaro e tondo.
<< Ti prego, non lasciarmi >> singhiozzai.
Lei strinse le labbra e le piegò in un sorriso.
Una lacrima le rigò la guancia.
<< M-Mi dispiace >> riuscì a dire in un sussurro, prima di spengersi definitivamente.
Il suo respiro si era fermato.
Il suo cuore aveva smesso di battere.
I suoi occhi guardavano verso l'infinito, nel vuoto, spenti. Oltre di me.
Trattenni il respiro per qualche secondo, prima di liberarmi con un grande urlo di disperazione.
Continuai a stringerla tra le mie braccia, per catturare quel poco calore corporeo che le era rimasto.
Quel calore che non avrei mai più sentito.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top