Capitolo 62

<< L-Lauren >> balbettai, sorridendo come una bambina a cui avevano regalato il mondo.

Lei accennò un sorriso, che però durò meno di una frazione di secondo.

Era seria, era ancora arrabbiata con me per quello che avevo fatto, e la potevo capire, ma era venuta lo stesso a salvarmi.

Qualcosa ancora provava per me, non l'avevo fatta poi così grossa.

<< Quanto sono stata qua dentro? >> domandai, mentre toglieva le corde da sopra di me per liberarmi definitivamente.

<< Quasi 4 giorni. Adesso però non è il momento di fare domande. Il boss fa chiamare i distaccamenti ogni 10 minuti, ma questo dove stai te addirittura ogni 5. Dobbiamo assolutamente scappare, muoviti >>

Mi alzò con la sua forza, e mi aiutò a stare in piedi.

Guardai con i miei occhi ciò che aveva fatto per liberarmi.

Riuscivo a vedere solo rosso, e per un attimo pensai che fosse la mia vista ad essersi fatta rossa per colpa di quello che mi avevano fatto...

Ma invece era sangue.

Era ovunque. Per poco non mi sentii svenire.

Fu una scena orribile da vedere: i quattro uomini nella stanza giacevano in un'unica pozza di sangue, insieme a una decina di bossoli e le loro pistole.

La pesante porta era anch'essa stesa per terra, colpita da diversi proiettili.

Le pareti grigie poco illuminate erano rigate da piccole scie di sangue, corrispondenti ai colpi mortali che avevano fatto giungere all'ultimo respiro i quattro malviventi.

Guardai Lauren e, come pensavo, era stata presa in pieno nella spalla, che non smetteva di sanguinare.

<< Laur- >>

M'interruppe, tenendomi forte a sé.

<< Non guardare, non è il momento di parlare, cazzo, andiamo >>

Ancora mi chiedo con quale forza riuscii a non cadere.

Mi fece correre fuori dalla stanza e dalla struttura dove mi avevano rinchiusa.

Non mi sentii le gambe per tutto il tempo.

<< Ti prego, guarda me, non guardare questo orrore >> mormorò.

E così feci.

Arrivati alla luce del sole calante mi sentii rinascere.

Era bello sentire l'aria fresca sulla propria pelle.

Era divino sentire i caldi raggi solari sugli occhi.

Ero stata abituata a quella stupida lampadina, accesa giorno e notte, che non mi faceva più capire quanti minuti, quante ore e quanti giorni stessero passando.

Sentii la forte presa di Lauren sul polso, riaprii gli occhi e iniziai a correre con lei.

Sarei potuta andare ovunque con lei, non m'importava niente dove mi stava portando, mi fidavo ciecamente.

Dopo una decina di minuti arrivammo alla sua macchina.

Mi aprì lo sportello e mi fece salire di fretta e furia.

<< Cazzo, staranno già arrivando, dobbiamo muoverci >> esclamò, mettendo in moto la macchina.

Era più nervosa che mai.

La vena sul suo collo era così visibile che per poco pensai che stesse seriamente per esplodere.

Viaggiò pericolosamente sulla strada sterrata, sfrecciando senza problemi a destra e a sinistra.

Alla fine, sterzò improvvisamente, facendomi quasi sbattere contro il finestrino della portiera accanto a me.

<< Porca puttana, Lauren, ma dove stai andando? >>

Non mi rispose, guardò in giro, come se avesse visto qualcosa, poi tornò sul suo solito percorso.

Viaggiammo a lungo, e continuò a guidare anche con la luna in cielo, che illuminava leggermente la strada.

Fortunatamente eravamo sull'asfalto, liscio e ancora caldo, e Lauren sembrava un pochino più tranquilla.

Però non era troppo rilassata.

La sua mascella era costantemente serrata in una morsa mortale, come le sue labbra e le sue mani sul volante.

I suoi occhi erano puntati come quelli di un falco sull'orizzonte, e ogni tanto guardava in giro, ma mai me.

Non mi aveva più parlato da quando mi aveva portata fuori da quell'incubo.

Non ci eravamo viste per giorni interi, e non solo quei 4, non ci parlavamo da quando ci eravamo divise per vedere di risolvere la questione, e tutto quello che doveva fare non lo fece...

Come se se ne stesse fregando di me e stesse pensando solo alla nostra salvezza, ossessivamente.

Io volevo tanto abbracciarla, stringerla almeno un attimo in un dolce e caldo abbraccio, o almeno un bacio...

"Probabilmente ce l'ha ancora con me... Non mi vorrà più baciare dopo che l'ho quasi tradita..." pensai, sconsolata.

Mentre lei guidava, riuscii a pulirmi le ferite con un fazzoletto di stoffa e una bottiglietta d'acqua, che erano sotto il seggiolino.

Finalmente, dopo ore, ci fermammo davanti a un motel, un po' trasandato.

La vernice, quella notte, sembrava di un colore quasi fosforescente.

Era un bianco molto luminoso, ma comunque screpolato e diviso in tante crepe dal passare del tempo.

Mi fece scendere dalla macchina, che poi nascose rigorosamente sul retro.

Entrammo, la reception era vuota, così Lauren ne approfittò per prendere una chiave a caso e scappare con me verso il corridoio dove c'erano tutti gli alloggi.

Trovammo il numero di quella che aveva rubato, e ci entrammo velocemente, come se avessimo paura che il proprietario o la proprietaria ci scoprissero.

Chiuse la porta delicatamente e a chiave, mentre io guardavo velocemente la camera.

Alla mia sinistra un grande letto, alla mia destra un grande specchio.

Mi guardai: avevo le labbra rosse e gonfie, i capelli scompigliati, diversi graffi e ancora un po' di sangue sulla faccia, come sui miei vestiti.

Rimanemmo immobili.

Si girò verso di me e mi guardò dritto negli occhi.

Mi si mozzò il fiato.

Era così bella.

La guardai a bocca aperta, e lei fece lo stesso.

Notai delle lacrime farsi strada nei suoi occhi, e ciò fece commuovere anche a me.

Non feci in tempo a dire niente che si fiondò sulle mie labbra.

Sentire finalmente la sua bocca premuta sulla mia e le sue braccia che mi stringevano forte a sé mi riempì così tanto di gioia che iniziai a piangere.

Ne avevo davvero bisogno.

La amavo così tanto, Dio.

Le sue mani iniziarono a vagare per tutto il mio corpo, cercando qualsiasi tipo di contatto.

Strinse forte le mie spalle, continuando a baciarmi con foga.

Schiusi le labbra, lasciando entrare la sua morbida e calda lingua, sempre più liscia con i suoi movimenti fluidi.

Baciava davvero troppo bene, ed era una delle sue qualità che mi erano mancate maggiormente.

Rallentammo, sempre senza staccarci, per prendere fiato.

Strusciai le mie labbra delicatamente sulle sue, mettendo le braccia sulle sue spalle, e continuando a far sfiorare le nostre bocce ansimanti.

Inaspettatamente mi prese per le natiche, costringendomi a saltarle addosso e a incrociare le gambe dietro la sua schiena.

Affondai la mano nella sua folta chioma, tirandole i capelli e facendo scontrare quasi violentemente le nostre labbra.

Mi era mancato farlo.

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