Capitolo 59

Quando la cameriera arrivò col mio piatto mi venne un'idea, anche se un po' malsana.

<< Ecco a lei >> disse, porgendomi, insieme al mio hamburger, un ampio sorriso.

Io ricambiai e, prima che se ne potesse andare, la fermai.

<< Ehi, ciao, scusa ma... >> balbettai leggermente imbarazzata << A che ora finisci il turno? >>

Lei si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ridacchiando tra sé e sé.

<< Tra un'oretta, perché? >>

Sembravo una che ci stava provando seriamente e spudoratamente.

E me ne stavo imbarazzando davvero tanto.

<< Pensavo di andare a divertirmi stasera, sto viaggiando ininterrottamente da due giorni ormai e volevo rilassarmi per almeno qualche ora... così pensavo di andare, magari, a bere o a ballare, solo che non ci volevo andare da sola >> riuscii a dire senza diventare rossa come un pomodoro << Perciò, beh, ti va? >>

La sua risatina echeggiò ancora una volta nel piccolo "ristorantino" in cui ci trovavamo da sole.

<< Okay, va bene. Mi aspetti all'uscita? Conosco molti posti carini per una come te >>

Annuii, sorpresa dalla sua risposta e dalla sua reazione.

Sentii una forte sensazione di sollievo, e iniziai a mangiare la mia cena.

Me la presi comoda, e dopo una quarantina di minuti andai a pagare.

Il tipo alla cassa non mi sembrava tanto sveglio, però non appena mi scrutò mi fece un cenno con la testa.

<< La cena la offre la casa >>

Non poteva andarmi meglio di così.

Uscii dalla tavola calda, e aspettai la tipa seduta su un muretto poco più avanti dell'entrata.

Passarono i minuti, e per poco non mi addormentai.

A svegliarmi fu il suono di un cellulare.

Il mio.

Quello che mi aveva dato Lauren.

Vibrò un paio di volte nella mia tasca, e poi si ammutolì.

Rimasi per qualche attimo in silenzio, il tempo di realizzare la cosa.

Lo afferrai, un po' impacciata e disperata, incredibilmente incredula.

Era lei, che mi aveva messaggiato.

<< Piccola, il tuo piano ha funzionato! Dimmi dove sei e vedo come arrivare impiegando il minor tempo possibile. Io sono a Miami Sud, molto lontana da dove eravamo fino a un paio di giorni fa. Sicuramente sarai andata a nord, dimmi di preciso dove sei >> lessi ad alta voce.

Subito dopo ne arrivò un secondo.

<< Non vedo l'ora di rivederti, devo raccontarti un sacco di cose >>

Tutta sorridente le scrissi l'indirizzo del mio hotel e il numero della stanza.

Dopo pochi minuti la sua risposta.

<< Sarò lì da te in 4/5 ore minimo. Riposati, sarò presto da te >>

Sospirai profondamente.

Era tutto finito.

Avevamo vinto.

Doveva solo raggiungermi e saremmo potute scappare via, da qualche parte, il più lontano dai nostri passati.

Il passato non doveva venire con noi.

Volevamo cominciare una nuova vita, in un nuovo stato, in un nuovo paese, in una nuova città.

Solo io e lei... e dopo quel messaggio, credevo davvero che saremmo riuscite a farlo.

Lasciai vagare i miei pensieri.

Dovevo festeggiare, lasciarmi andare, e non vedevo l'ora di andarci con la mia "nuova amica".

Quando la cameriera uscì, vestita con una camicia attillata e degli skinny jeans, per poco non la riconobbi.

<< Allora, io mi chiamo Sarah, tu? >>

<< C-Camila >> le strinsi la mano.

<< Okay, Camila, pronta per essere la mia amica di una notte? >> scherzò lei.

Annuii, divertita.

Sembrava simpatica, e mi sentivo più al sicuro con una persona come lei al mio fianco.

<< Cosa festeggi? >> mi domandò.

Ci pensai un attimo.

Non potevo dirle che ero appena riuscita a scappare dalla mia famiglia di mafiosi e che stavo per andarmene dal paese con una rapitrice pluriomicida di un'altra gang.

<< Festeggio la libertà >> risposi semplicemente.

Annuì, e sembrò soddisfatta dalla mia risposta.

<< Dedichiamo questa serata alla libertà. Sei pronta? >>

<< Pronta >>

Fu una serata spettacolare, all'inizio...

Mi portò con la sua macchina in un locale molto affollato.

Fuori, poco distante dall'entrata, ragazzi già mezzi ubriachi e barcollanti, che  ci provavano con le prime ragazze che gli capitavano davanti.

Riuscimmo ad entrare senza problemi, e ci fiondammo al bancone a ordinare da bere.

La musica era alta, e il ritmo era contagioso.

Dopo un paio di drink ero già in vena di ballare come una matta.

La mia nuova amica mi seguì a ruota.

Ricordo poco di quella sera e, purtroppo, il poco che ricordo, avrei preferito dimenticarlo.

Ci divertimmo fino a tarda notte, non appena la discoteca chiuse, continuammo a spassarcela da sole, irresponsabilmente.

Comprammo da bere, forse un po' troppo, devo ammetterlo.

Dopo aver finito tutte le bottiglie di alcolici cominciammo a stapparlare... E parlando finimmo davanti al mio hotel.

Accadde tutto in pochi secondi, e ad assistere a quella scena non c'era una persona, bensì due.

Sarah si accese una sigaretta, ed io rimasi incantata dal fumo lento che usciva dalla sua bocca.

Per un attimo non vidi più nulla, e poi solo le sue labbra.

Le nostre labbra si toccarono per pochissimi secondi... e quei secondi bastarono.

Una delle persone che assistette a quella scena fu proprio la donna che di lì a poco sarebbe entrata nella mia camera del motel: Lauren.

Avevo perso la cognizione del tempo, erano già passate diverse ore.

Riuscii ad udire solo il forte rumore di due borse pesanti cadere al suolo prima di accorgermi della sua presenza.

Non appena incontrai i suoi occhi, anche se ero ubriaca, riuscii a riconoscerla e a vedere la rabbia che lentamente stava per esplodere.

C'era ira e delusione nelle sue iridi, che lottavano tra di loro.

Disse solo una parola, rivolta a Sarah.

<< Via >>

Lo disse con una freddezza incredibile, tanta che mi sentii morire e mi spaventai anch'io.

Lei ubbidì senza controbattere, e scappò via a passo svelto.

Quando rivolse lo sguardo di nuovo su di me, sentii la forza che mi abbandonava e le gambe diventare molli.

Non avrei dovuto bere così tanto, dovevo guardare l'orario e tornare alla camera presto, per evitare malintesi...

E invece avevo fatto un casino.

<< L-Laur... >> provai a dire, ma lei m'interruppe subito.

<< Sta zitta >> urlò.

Mi sentii sbiancare, come se non avessi più neanche una goccia di sangue caldo in corpo.

Ero davvero pentita e vergognata delle mie azioni.

<< Non voglio spiegazioni, ho visto quello che ho visto. Mi basta quello, non voglio altre stronzate >> scosse la testa << Cazzo, Camila. Ho fatto quasi sei ore di viaggio per venire fino a qui per te e ti ritrovo ubriaca attaccata alle labbra di un'altra. Mi prendi per il culo? >>

Tirò un calcio a una delle sue borse.

Provai ad avvicinarmi, ma con un semplice gesto della mano m'immobilizzò.

<< Dio, ho rischiato la vita per te, andando dai miei capi a raccontargli tutte quelle minchiate... Avevo solo un compito, diamine, e mi sono fatta persuadere da te e dalla tua bellezza. Te ne sei approfittata e basta, dovevo ucciderti quando era il momento >>

Iniziai a piangere e a singhiozzare.

Quelle parole facevano male.

<< L-Lauren, i-io... >> balbettai.

<< Cazzo, vattene, sparisci dalla mia vista prima che la situazione peggiori >> sibilò con rabbia.

Non mi guardò neanche negli occhi.

Tenne lo sguardo basso, con la mascella serrata e la fronte corrugata.

Deglutii, e mi allontanai lentamente dal motel.

Mi girai un paio di volte indietro, e la vidi sedersi sullo scalino del marciapiede e scoppiare a piangere.

Mi sentii davvero male.

Volevo tornare da lei, cercare di consolarla e spiegarle tutto...

Ma non appena feci un passo per tornare da lei, qualcosa mi afferrò per l'avambraccio.

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