Capitolo 43

Balbettai qualcosa, ma non ricordo cosa dissi.

Non mi ricordo neanche se balbettai o semplicemente annaspai come un piccolo cucciolo nelle mie stesse parole.

Probabilmente spalancai la bocca e non uscì niente, ma avevo completamente rimosso il ricordo.

Affogai nella più completa vergogna.

Ero riuscita a formulare un discorso intero nei minuti precedenti... perché in quel momento non riuscivo neanche a pensare alle parole giuste?

Continuavo a fissare il suo splendido corpo, tonico e scolpito da Dio.

Era una benedizione per i miei occhi, e più la guardavo più mi veniva in mente quello che avevamo fatto prima.

Mi veniva voglia di saltarle addosso ancora una volta, ma dovevo essere seria.

<< D-Dobbiamo parlare >> riuscii a dire con un filo di voce.

Lei sorrise, sentendo la mia voce tremolante.

Probabilmente si era accorta del mio disagio nell'averla nuda davanti agli occhi.

Non sarei riuscita a formulare neanche una frase con un senso se non si fosse messa qualcosa addosso.

Aprì l'armadio e indossò solo una felpa lunga, fino alle ginocchia, incrociò le braccia e mi guardò attentamente.

<< Allora... di cosa vogliamo parlare? >>

Deglutii e mi feci coraggio, arrivando subito al punto, senza troppi giri di parole.

<< Cosa siamo noi due? >>

Lei alzò il sopracciglio.

<< Due esseri viventi. Esseri umani con un corpo e dei sentimenti che vengono identificate come "sesso femminile" >>

Sospirai.

<< Lauren, sono seria >>

<< Anch'io sono seria >> rispose lei << Ti stai pentendo di quello che abbiamo fatto perché siamo due donne? >>

Sembrava davvero ferita. Nei suoi occhi vedevo un misto di tristezza, insicurezza e rabbia.

Sgranai gli occhi.

Aveva completamente frainteso.

<< No, Lauren, non stavo parlando di questo... >>

Lei ci mise un po', ma sembrò capire.

<< Vuoi dire... >> mormorò sotto voce << cosa c'è tra noi due? >>

Annuii, senza smettere di guardarla negli occhi.

La cosa straordinaria fù che riuscii a sostenere il suo sguardo, per tutta la durata di quell'estenuante silenzio.

Le sue labbra erano serrate, i suoi occhi fissi su di me e il suo corpo immobile.

Rimase in silenzio, a lungo, mentre il mio stomaco veniva divorato dall'ansia.

Prese un profondo respiro e si morse il labbro, facendomi capire che era arrivato il momento della verità.

<< Camila, io ti amo. Ti voglio più di ogni altra cosa al mondo... ma non so cosa siamo >>

Rimasi delusa dalla sua risposta, e abbassai lo sguardo.

La tensione nell'aria era evidente e più che percepibile, perciò iniziai a giocare con le mie dita.

Lauren si avvicinò a me e afferrò il mio volto con le sue morbide mani, costringendomi a guardarla.

Fermai ogni mio movimento.

<< Camz, solo tu puoi decidere cosa potremmo essere >> sussurrò sulle mie labbra.

Rimasi un attimo interdetta, non capendo dove volesse arrivare con quella frase.

<< Voglio che tu sia mia, voglio essere tua. Tu solo mia ed io solo tua... Voglio passare ogni secondo di ogni minuto di ogni ora di ogni giorno di ogni mese di ogni anno con te >>

Il mio cuore smise di battere.

<< So che ci saranno un miliardo di problemi nel nostro futuro e che non sarà facile, ma voglio chiedertelo lo stesso... >>

Non riuscii più a capire niente.

Anche il mio cervello si scollegò.

<< Camila, vuoi essere la mia ragazza? >>

Realizzai lentamente le sue parole.

Quella frase risuonò nella mia testa, quasi con ossessione, ma al tempo stesso fu raggiunta da un miliardo di domande.

Stavamo correndo troppo?

Era decisamente una cosa affrettata... ma quello lo pensava il mio cervello, e forse aveva ragione.

In poche ore avevo ammesso di amarla, le avevo dato la mia verginità e ora mi stava chiedendo di metterci insieme...

Seguendo quel ragionamento avrei dovuto dirle di no e che avremmo dovuto aspettare...

Per fortuna aprii gli occhi.

"Ma... io la amo" pensai.

Appunto, io la amavo, lo avevo ammesso a me stessa e lo avevo ammesso a lei.

Due persone che si amano davvero sono destinate a stare insieme.

Perciò...

<< Ti amo, Lauren >> affermai, guardandola dritta negli occhi << Sì, lo voglio >>

Mi guardò il suo sguardo serio e neutro, per poi baciarmi con foga.

Accarezzò le mie guance, riempiendo il mio cuore di gioia.

<< Sono tua >> gemetti nel bacio.

Lei mi prese il collo, facendomi aggrappare con le gambe alla sua vita.

<< Cazzo, sì, solo mia >>

Si staccò dal bacio e mi strinse forte a sé, come se avesse paura che potessi cambiare idea.

Affondò la testa nell'incavo del mio collo, facendomi venire i brividi ogni volta che il suo respiro si scontrava contro la mia pelle.

In un certo verso, Lauren era molto insicura.

Aveva davvero paura di perdermi.

Io ricambiai, abbracciandola ancora più forte, appoggiando la testa sulla sua.

Il meraviglioso momento fù interrotto dal suono della suoneria del suo cellulare.

Mi fece scendere, come se niente fosse, e si precipitò sul cellulare.

Sembrò preoccupata, e non rispose.

Rimase a guardare lo schermo per diversi secondi prima di rispondere.

Mi guardò negli occhi e mi fece cenno di stare in silenzio.

<< Pronto? >>

Il tono che usò mi fece quasi paura.

Sembrava un'altra persona, beh, quello che doveva essere: una rapitrice spietata.

<< È svenuta, sta ancora dormendo >>

Era qualcuno con cui lavorava, probabilmente un suo superiore, e stavano parlando di me.

Non poteva essere Austin, non era una conversazione molto colloquiale.

<< Segni vitali ottimi >> affermò << Sì. No, assolutamente no. Pane e acqua come al solito. Mi ha dato dei problemi solo una volta e l'ho fatta stare a digiuno per qualche giorno >>

Per tutto il tempo della loro conversazione rimasi in silenzio religioso, quasi non respirando.

Lauren era super concentrata, per non dire cazzate e farsi scoprire.

Non aveva paura, anche se stava dicendo una marea di cazzate ai malviventi più pericolosi più in alto di lei.

Lei aveva iniziato una relazione clandestina con la figlia del boss della mafia che aveva rapito per conto di altri, altrettanto pericolosi...

Si era messa nei guai, eppure parlava tranquillamente al cellulare con la persona che probabilmente l'avrebbe uccisa se l'avesse scoperta.

Ma non solo lei era nei guai... lo ero anch'io.

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