Capitolo 12

Rimanemmo in silenzio per quella che mi sembrò un'eternità.

I suoi occhi cercavano di scontrarsi con i miei, ma io non riuscivo a tenere il suo sguardo.

<< Dal tuo comportamento deduco che ho colpito nel segno >>

Io non le risposi.

<< Ho ragione >> continuò lei, con tono fiero.

Per cambiare discorso le chiesi dov'era lo shampoo.

Lei ci pensò un attimo.

<< Ho solo il mio di shampoo, va bene lo stesso? >> mi domandò << So i tuoi gusti in fatto di bagno-schiuma, ma non di shampoo... >>

"Ecco perché aveva il sapone alla vaniglia"

L'idea di avere addosso il suo stesso profumo mi procurò un leggero brivido, il quale non sapevo come interpretare.

<< S-Sì >> riuscì a dire.

Lei si alzò, aprì un piccolo scaffale e tirò fuori un flacone nero con l'etichetta multicolore.

Si avvicinò e me lo porse gentilmente.

Fu davvero imbarazzante: la sua figura sinuosa e femminile incombeva su di me che nuda e distesa nella vasca ero completamente visibile ai suoi occhi.

Notai la sua mascella, incredibilmente contratta, come se si stesse trattenendo dal dire o dal fare qualcosa.

Infatti, subito dopo aver afferrato lo shampoo, si girò e tornò a sedere, senza guardarmi neanche una volta.

Ero io che le provocavo questo effetto?

Per vedere se era davvero così, escogitai di provocarla.

Non era da me, ma in parte ero curiosa di vedere come reagiva al mio corpo.

Mi misi a sedere, scoprendo tutto il petto e facendo cadere la schiuma che mi ricopriva.

L'acqua copriva solo dall'ombelico in giù.

Udendo il mio spostamento, alzò lo sguardo, e contrasse la mascella non appena i suoi occhi si posarono su di me.

Aprì il flacone e mi versai un po' del sapone sulle mani, strofinandole e creando un po' di schiuma.

In seguito alzai le braccia e iniziai a massaggiarmi i capelli con le mani, alzando il volto e socchiudendo gli occhi.

Continuai a guardarla, senza che se ne accorgesse.

Non riusciva a distogliermi gli occhi di dosso.

Mi guardava con un percettibile senso di desiderio, come se in qualche modo mi volesse.

Alla fine deglutì, abbassando leggermente gli occhi sulla mia pancia.

<< Qual'è il bagno-doccia? >> domandai, interrompendo per un attimo quella tensione che si era creata nella stanza.

Lei si schiarì la voce, come se non riuscisse a parlare, come se le parole si fossero incastrate in gola.

<< Quello bianco appoggiato sul bordo della vasca, davanti a te >>

Io lo afferrai e le diedi il colpo di grazia.

Iniziai a passarmi il sapone sulle spalle, poi scendendo sulle braccia, massaggiando dolcemente la mia candida pelle.

Mi girai leggermente, per guardarla con la coda dell'occhio.

Presi un altro goccio di sapone, lo spalmai sui palmi e iniziai a passarmi la mano destra sul petto, scendendo verso il seno.

Non appena arrivai lì, la sentì deglutire, per poi distogliere lo sguardo e scuotere la testa.

<< Basta >> affermò lei, con tono serio e freddo << Tempo scaduto. Sciacquati ed esci subito da quella vasca >>

Dopo di che, si alzò e afferrò il mio asciugamano.

Io ubbidii, sorpresa da come aveva reagito ai miei semplici movimenti.

Possibile che provasse qualcosa per me oppure era solo infatuazione?

Rimase di spalle, in piedi, senza dire niente, mentre io mi sciacquavo con un lieve getto d'acqua tiepida.

Quando finì chiusi la cannella e mi alzai.

Non appena sentì svanire il rumore dell'acqua, si girò e mi diede l'asciugamano.

<< Copriti >> mi ordinò.

Io mi affrettai a fare come mi disse, per poi asciugarmi e strizzarmi i capelli.

Lei prese il phone e mi trascinò fuori dal bagno.

Mi fece sedere sulla mia sedia, mentre attaccava il phone alla corrente.

<< Vado a prenderti una spazzola. Tu non ti azzardare a muoverti da qui >> sibilò, porgendomi l'elettrodomestico.

Faceva paura.

Perché era così arrabbiata?

"Io mi stavo solo lavando" pensai "Mica si sarà accorta che lo facevo in modo da provocarla?"

Tornò poco dopo, sbattendo la porta del bagno e chiudendola in seguito.

Lanciò la spazzola sul letto.

<< Io vado fuori a fumarmi una sigaretta. Ho chiuso la porta del bagno e chiuderò anche questa. Non ti azzardare a rompere e ad uscire dalla finestra, tanto io sarò proprio là >> disse seria, indicando fuori.

Aprì la porta e la richiuse, lasciandomi dentro senza parole.

Certo che era davvero incazzata.

Mi asciugai i capelli, molto lentamente, spazzolandoli con delicatezza, sapendo che quando quella donna sarebbe rientrata, mi avrebbe legata un'altra volta alla sedia senza liberarmi per qualche altro giorno.

Provai a non pensare a niente, a far finta che tutto quello che stava succedendo non fosse reale, a far finta che fossi a casa mia con i miei genitori...

Ma non era così.

La realtà era orribile: ero lontana dalla mia famiglia, in una stanza del cazzo in un motel del cazzo chissà dove.

E per lo più in compagnia di una killer professionista probabilmente attratta da me.

"Non può andarmi peggio di così" pensai.

A quel punto sentì il rumore di una chiave, e un attimo dopo Lauren aprì la porta.

Io mi alzai di scatto, quasi istintivamente.

Una parte di me sapeva cosa mi aspettava.

Sembrava leggermente più calma, ma non abbastanza da farmi sentire sicura.

<< Hai finito? >> chiese, senza neanche guardarmi negli occhi.

<< Sì >> risposi semplicemente.

<< Bene, siediti su quella sedia >> mi ordinò mentre prendeva le corde.

Io rimasi ferma.

Non volevo tornare a sedermi su quella lastra dura e scomoda di legno.

Lei non appena vide che non avevo eseguito i suoi ordini mi fulminò con le sue iridi gelate.

Io resistetti al suo sguardo pesantemente incazzato, dopo di che, visto che non facevo come diceva lei, tirò fuori la pistola dai pantaloni.

<< Siediti >> sibilò.

Mi vennero i brividi dalla paura.

In meno di un attimo mi fiondai sulla sedia, con le lacrime agli occhi.

Lei vedendomi in quello stato, stranamente, si tranquillizzò.

<< Scusa >> mormorò, abbassando l'arma.

Io iniziai a singhiozzare.

Mi faceva prendere certi spaventi da quanto poteva sembrare malintenzionata.

<< Perché ti comporti così? >>

Lei mi guardò con uno sguardo interrogativo.

<< In che senso? >>

Faceva la finta tonta, ma sapeva di cosa stessi parlando.

Un rapitore professionista, come lo era lei, doveva essere serio, spietato, che non concedeva nessun favore al malcapitato.

Perché in alcuni momenti era così mentre in altri era dolce e tenera?

Io volevo delle risposte.

<< Perché un attimo prima sei una bastarda spietata e l'attimo dopo mi chiedi scusa e sei tutta rose e fiori? >> riuscii a dire, singhiozzando.

Lei non rispose.

Si lasciò cadere a terra, mettendosi a sedere e coprendosi con entrambe le mani gli occhi.

Io rimasi a guardarla, con la bocca leggermente aperta per respirare e con gli occhi che traboccavano lacrime.

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