Capitolo 4

Con l'andare del tempo la relazione mutò radicalmente. Lui era colmo di lavoro e purtroppo, le donne gli giravano intorno senza sosta.

In rientro da un viaggio Sylvia lo raggiunse, accompagnata dai genitori di Giuseppe. Ma lì trovò qualcosa di strano; quei baci così intensi erano spariti nel nulla.

Giuseppe fece finta di non averla vista. Notava che il suo interesse era rivolto verso un telefono.

Alla fine dello spettacolo serale, quando lui era intento a fare altro, lei curiosò nel suo telefono e tra le tante cose che scoprì, era appena arrivato un messaggio:

"Tesoro tra un po' finisco e arrivo..baci".

Quel messaggio le fece mettere in dubbio tutte le certezza, l'amore che provava per lui, la fiducia.

Quel messaggio le fece scivolare lacrime amare sul viso, lacrime difficili da placare; anche se lei voleva essere forte perché non poteva far scenate di gelosia.

Si allontanò per cercare un luogo sicuro, trovò una panchina, ma lui non la cercava per darle almeno una spiegazione.

Il suo interesse era rivolto a quella misteriosa ragazza; quella stessa ragazza che le aveva portato via la felicità.

Armando, il collega di Giuseppe, gli faceva da spalla e lei non riusciva a capire cosa avesse fatto di tanto grave, per meritarsi quel trattamento.

Solo Mario cercò Sylvia per consolarla perché sapeva che Giuseppe stava sbagliando.

Mente piangeva si accorge che Giuseppe stava mettendo in ordine le attrezzature in auto per continuare la sua serata altrove. Armando continuava a dire di non portare Sylvia perché avrebbe rovinato la serata ad entrambi.

Tra Giuseppe e Sylvia ci fu solo uno sguardo perché gli potesse trasmettere che aveva compreso tutto!

La mamma di Giuseppe la coinvolse a salire in macchina per evitare di creare disagi al figlio e Armando; lei acconsentì, ma una volta a casa era accecata dalla rabbia, dalla gelosia, dal disprezzo.

Prese subito il telefono fisso e lo provò a chiamare; una, due tre....dieci..venti volte. Niente! Nessuna chiamata aveva ricevuto una risposta. Non c'era più niente da fare, l'ansia saliva.

L'indomani si svegliò al levar del sole, il pensiero fu lì, fisso, in un punto per tutta la durata delle tenebre. Sbrigò tutti i mestieri di casa e poi sgattaiolò a casa di Giuseppe per cercare un chiarimento. Ma nel giorno del Signore lui non c'era. Era andato da questa ragazza dal nome sconosciuto. Sylvia tentò a chiamarlo ma non rispondeva, così provò ad inviargli un messaggio:

"So dove sei, è inutile che continui a scappare da me senza motivo! Conosco il tuo segreto, so che vuoi un'altra però non è giusto che mi fai soffrire così!"

Sylvia andò ai giardini e lo attese. Dopo una manciata di minuti arrivò. Sylvia immediatamente cercò un confronto ma l'unica cosa che sapeva fare benissimo era mentire.

Sylvia allora, di nascosto, prese il numero di questa ragazza memorizzandolo sul suo telefono e solo quando lui andò a casa a partecipare al pranzo domenicale con la sua famiglia, la contattò.

Finalmente seppe la verità. Si chiamava Cristina e lavorava al ristorante "Il Brigantaggio" dove la sera precedente Mario, Armando e Giuseppe si erano recati.

Col cuore in frantumi si allontanò da Giuseppe. Non lo cercava più.

Sylvia incominciò a pensare di più a se stessa dedicando le sue energie all'ultimo anno di liceo. Nel primo anno di fidanzamento Giuseppe aveva fatto allontanare anche le sue amiche di classe Giulia, Antonella, Stefania, Serena; ma soprattutto Stella.

Non avendo più nessuno, le giornate tipiche di Sylvia erano: sveglia all'alba, si recava in bagno a prepararsi indossando jeans e maglietta con giubbotto per andare a scuola.

Aveva migliorato anche i voti ed erano promettenti i punti di credito per affrontare con successo un buon esame di Stato.

In quello stesso anno avrebbe compiuto diciotto anni. A sorpresa i suoi genitori le avevano preparato una festa che l'avrebbe fatta felice. E così fu. Sentì di nuovo il calore dei parenti ed amici che sembrava essere scomparso, le riempiva il cuore di gioia.

Quando aprì gli occhi vide prima tutto buio e poi le luci improvvisamente si accesero e non riusciva a credere ai suoi occhi, c'erano tutti i parenti in cerchio. Applausi e grida di auguri in quella sala, Sylvia faceva cadere calde lacrime, ma questa volta, di gioia!

Al compleanno erano invitati anche Giuseppe e Armando, ma a Sylvia non importava. Voleva solo divertirsi, dimenticando i rancori che aveva accumulato fino a quel momento.

Quella sera Giuseppe si avvicinò a Sylvia, con difficoltà le chiese:

<<Come stai?>>

<<Bene, sono felice questa sera.>>

<<Sono felice anche io per te, ti ho portato questo, per farti tanti auguri di Buon Compleanno!>>

Era una scatola, lo aprì lentamente, con il cuore in gola. Degludì.

Non poteva credere ai suoi occhi, era una collana stupenda, con un ciondolo lungo d'oro bianco accompagnata con due orecchini con lo stesso ciondolo. Avevano brillantini ovunque!

<<Grazie! Non ci posso credere! Ma non dovevi...soprattutto.......>>

Sylvia non finì nemmeno il discorso quando lui la interruppe!

<<Sylvia so che ti ho fatto soffrire, lei non è adatta a me! Da quando sei sparita mi sei mancata tantissimo, sono un coglione lo so! Ho sbagliato, e me ne pento! Non sai quanto ti amo, ho capito di amare te non lei!>>

Sylvia si avvicinò e gli diede un bacio delicato, lui preso dall'eccitazione l'abbracciò prendendola in braccio, ballando il loro primo lento insieme.

In primavera i nonni di Giuseppe avrebbero compiuto cinquant'anni di matrimonio e anche quì incontrò Armando. Sylvia indossava un abito lungo blu scuro con scollo a V davanti e indietro, due lunghi spacchi sulle gambe, i capelli lunghi e lisci erano raccolti con delle mollettine a forma di farfalla su un solo lato della testa. Ai piedi calzava sandali dorati con tacchi a spillo. Giuseppe le confidò che se quel giorno fosse stata la prima volta che l'avrebbe vista si sarebbe innamorato di nuovo. Sembrava che tutto fosse stato buttato alle spalle e che si fossero ritrovati di nuovo. La fiducia e l'amore erano andati via, però restava il bene. Si sentiva che qualcosa ormai non poteva essere più come una volta. Le promesse non venivano rispettate e Giuseppe non rispettava più gli orari degli appuntamenti arrivando sempre più in ritardo. Non la chiamava più. Sperava che tutto potesse ritornare come prima ma i giorni trascorrevano e la situazione non mutava.

Il giorno di Pasquetta lui le promise di andare a fare una scampagnata. Sylvia emozionata si alzò dal letto alle 8:30 recandosi al solito posto, ma lui non c'era. Ci furono tentativi di chiamata inutili. Così alle 10:30 decise di salire a casa sua; Giuseppe si sveglia e con tutta la calma alle 12:30 alzandosi dal letto la guardò e le disse:

<<Cosa ci fai a quest'ora di mattina a casa?>>

Lei lo guardò e con lo sguardo perso nel vuoto pensò, ecco! Mi ha preso di nuovo in giro! Gli rispose:

<<Tu me lo avevi promesso! Mi hai promesso che saremmo stati insieme oggi, avresti dedicato un po di tempo a me! Non te lo ricordi?>>

<<Cara, te lo avrò anche promesso, ma in questo momento non me lo ricordo proprio!>>

Lei lo fissò con gli occhi pieni di lacrime, come se in quel momento volesse essere inghiottita da un buco nero, voleva essere in tutti i posti del mondo, tranne lì! In quella stanza che puzzava a di calzini sporchi.

<<Ok! Se così stanno le cose. Vado a casa mia!>>

Quando lei stava per andare via, la madre lo chiamò dicendo:

<<Giuseppe preparati, che Lucia già ha preparato da mangiare e gli altri stanno aspettando solo voi!>>.

Giuseppe le rispose:

<<Ok mamma! Dammi una trentina di minuti che faccio la doccia e vengo! Per le 13:10 stiamo da voi!>>

Giuseppe si alzò immediatamente, si fece un giro per la stanza per raccogliere i vestiti da indossare e andò a lavarsi. Come volevasi dimostrare, all'ora che aveva detto era pronto. Profumato. Con i suoi capelli imbevuti di gel.

Andarono a casa di Lucia dove li attendevano gli altri invitati. Dopo pranzo giocarono a carambola. E così trascorse anche un'altra giornata.

A seguire Sylvia cercò di non dare più una certa rilevanza alle parole di Giuseppe, anche se non era da escludere che lo amava ancora.

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