Pov. Paolo

Improvvisamente, una forte emicrania, mi ha interrotto l'attimo più bello con Sylvia. Un secondo fa eravamo al parco e adesso stiamo, in macchina, per tornare a casa.

Da lontano però mi succede qualcosa d'insolito. Non riesco a vedere le luci del semaforo. Confondo la luce rossa e quella verde, passo col rosso.

-Amore, cosa fai? Era rosso!- urla lei accanto a me.

Non ci capisco più niente. La mia mente è offuscata. I miei occhi hanno una percezione della luce, diversa.

Decido di accelerare ma le mie dita sembrano intorpidite. Non riesco a sentire alcuna sensibilità. Come se tanti aghi mi penetrassero nelle mie carni vive. Poi formicolii.

Al che accosto e faccio guidare Sylvia, preoccupata, accetta.

-Vuoi che ti accompagni in ospedale?- mi dice con voce rassicurante.

-No amore, vorrei solo tornarmene a casa a riposare.

-E così sia!-

Accende l'auto e ripartiamo alla volta di casa.

Cerco di distendermi ma questa sensazione agli arti, persiste.

Non voglio farla preoccupare, aspetta nostro figlio. Decido di non farmi accorgere del mio malessere.

Finalmente a casa, mi faccio forza. Mi aggrappo a tutto quello che trovo davanti e per arrivare poi sul letto. Cerca di capire, ma io non emetto un solo suono, neanche quello di dolore.

Appoggio il mio corpo sul letto, senza nemmeno spogliarmi dei vestiti che ho addosso, il sonno prende il posto della realtà, e mi addormento.

Sento una mano che mi accarezza i capelli e la mia fronte, così delicata e sincera, è lei. La donna dei miei sogni. Apro gli occhi ed era accanto a me poi li richiudo e sparisce. Non sento la percezione che sia accanto a me.

Mi squilla il telefono.

Cerco di prenderlo ma quando vado per aprire le coperte mi accorgo che non ho le gambe. M'incomincio ad agitare sfregando la mia mano intorno al mobile, tanto che sanguina.
-Nooooooo!- urlo sperando che qualcuno mi senta.

Di scatto mi alzo dal letto. Era notte fonda. Sono di nuovo tutto sudato. Con occhi sgranati mi guardo in giro. Un biglietto sul mio comodino m'informa.

"Tesoro ti amo, però vedo che ti stai agitando troppo nel sonno, quindi preferisco andare a dormire dai miei genitori. Il divano lo trovo scomodo per me. Per qualsiasi cosa basta che mi chiami, io non ti disturberò. Ci vediamo domani mattina. Un bacio"

Arrotolo tra le mie mani quel pezzo di carta, lo stringo forte, a pugni stretti.

Sono arrabbiato con me stesso. La sto facendo allontanare da me, avrà avuto paura che potessi darle un calcio, ed ha ragione.

Quindi, devo trovare una soluzione.

Non me ne accorgo e serro gli occhi. Mi sveglio quando è già giorno. Prendo le mie cose e, anche se ho ancora un forte mal di testa e gli arti intorpiditi, mi reco in ospedale per alcuni accertamenti.

Una marea di persone accalca il pronto soccorso, decido così di andare privatamente. I medici di questa struttura sono molto gentili. Iniziano a farmi fare dei raggi x agli arti, per notare se c'è qualche anomalia.

-Prego!- un'infermiera di una certa età mi indica di entrare una stanza con tanti macchinari.

-Prego, si sdrai su quella lastra, le scattiamo qualche foto.- mi dice ironicamente.

-Tra poco arriverà il medico che le farà la visita. Attenda qualche secondo. Intanto si spogli.-

Attendere prego.

Sembra la segreteria telefonica.

Mentre agito gli arti perché li sento ancora addormentati, entra una ragazza. Sulla trentina. In camice bianco. Quando si avvicina per presentarsi, non ci posso credere. Quegli occhi già lì ho visti.

Per tutto il tempo non faccio altro che arrovellarmi il cervello.

Dieci minuti dopo era tutto finito. Prendo le mie cose. Si avvicina a me.

-Lei è il Signor Balestrieri, giusto!-

-Si-

-Venga fra tre giorni, i risultati saranno pronti, così potrà scoprire qualcosa. Intanto le consiglio di andare dal medico di famiglia per farle prescrivere qualche farmaco per alleviare tali fastidi.-

Lei parlava ma nella mia testa rimbombava ogni singola parola, come l'eco nelle caverne. Non riesco a dire una sola parola. Poi di nuovo quell'atroce mal di testa, che mi costringe a stringere forte i denti e a portare le mani alle tempie.

Se ne accoge e pensa che sia qualcosa di più grave. Quindi prende la cornetta del telefono, con foga, digita qualche numero.

Nella mia confusione più totale, riesco a capire solo, avvisate il neurologo.

-La informo che non sto bene e che vedo offuscato. Vorrei qualcosa che mi calmi. Qualcosa che allevi questa sensazione di aghi, fastidiosa.- riesco soltanto a dire.

Cerca di calmarmi, ma mi agito troppo.

Bussano alla porta.

Sono infermieri. Mi mettono su una barella e mi trascinano al piano superiore. Vedo bagliori di luce artificiali che mi sfrecciano davanti. Poi un ricordo mi sfiora la mente.

Quella donna è la stessa del mio sogno.

Il telefono squilla.

È Sylvia.

Non rispondo.

Potrebbe essere una pessima idea raccontarle di ciò che mi sta accadendo.








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