Capitolo 19
Stendo per bene tutti i fogli che si trovavano nella cartella della casa abbandonata sul mio letto, cercando di metterli in ordine per l'ennesima volta. Sbadiglio leggermente mentre mi passo una mano sulla faccia. Devo stare sveglia e leggere quei documenti. Dopo quel sogno dell'altra notte devo scoprire cosa nasconde quella dannata abitazione. C'è qualcosa dentro; ora ne sono più che certa.
Lancio uno sguardo alla finestra, mi alzo piano dal letto e trascino i piedi fino alla mia postazione, stanca. Mi ci siedo e guardo fuori per prendere una pausa dallo studio di stanotte: tutto è immobile e tra non molto spunterà l'alba. Metto una mano davanti alla bocca per nascondere un altro sbadiglio mentre mi perdo a osservare il cielo. È così bello a quest'ora: non ho mai visto il Sole sorgere. C'è un contrasto tra oscurità e luce, tra blu scuro nella parte più alta, al di sopra delle nuvole, e celeste in quella più bassa. Di fronte la casa di Jackson sta man mano riassumendo il suo biancore insieme con le altre. Osservo un altro po' la cittadina dormiente. C'è un senso di tranquillità che quasi mi stupisce. Mi sento così bene con me stessa, ma forse è solo il sonno che si sta facendo sentire di più. Ho sempre voluto provare a star sveglia tutta la notte, ma non in questo modo, analizzando quella cartella.
Decido di scendere in cucina per cercare un po' di caffè. Sbadiglio nuovamente e mi riempio una tazza, poi esco dalla stanza. Sotto la porta d'ingresso noto le riviste settimanali di mia madre, con il suo nome scritto sopra: Taylor Diaz. Decido di lasciarle lì. Tra non molto si sveglierà per andare a lavoro, come sempre, quindi le raccoglierà direttamente lei. Ritorno in camera mentre continuo a bere a piccoli sorsi, poi prendo un foglio in mano quando mi siedo sul letto, rileggendolo per la terza volta. In nove ore non ho trovato niente di strano. Sono riportate le solite informazioni noiose: i proprietari della casa, i lavori di restauro a cui è stata sottoposta, le spese e tante altre informazioni inutili per me. Lascio il foglio sul letto e bevo di nuovo. Nel posare la tazza sul comodino, faccio cadere alcuni fogli. Mi chino senza alzarmi dal materasso mentre sbuffo, li afferro e mi tiro su. Mettendoli a posto, struscio involontariamente il pollice e l'indice su ognuno di essi, ma la carta del secondo attira maggiormente la mia attenzione: questa, infatti, sembra più spessa rispetto alle altre. Corrugo di poco la fronte, confusa. Per assicurarmi che il sonno non faccia brutti scherzi, prendo un altro foglio e lo strofino piano tra le dita dell'altra mano per comparare i diversi spessori ed essere certa di quello che ho notato. In effetti, è meno sottile. Lascio l'altra carta sul letto e mi concentro su quella doppia. Mi sporgo verso la lampada sul comodino per metterla sotto la luce e osservarla meglio. Presto attenzione al suo angolo, continuando a strofinarla con più forza finché non si divide in due. Mi affretto ad accendere la luce sul soffitto e a buttarmi sul letto dopo aver spostato gli altri fogli. Entusiasta di aver scoperto qualcosa dopo ore, lo tiro piano per separarlo dall'altro. Mi ritrovo con due documenti diversi in mano. Sorrido soddisfatta, sperando solamente che anche questo foglio non sia un'ulteriore delusione. Raccolgo tutte le altre carte e le ripongo in ordine nella cartella, poi comincio a leggere ciò che m'interessa. Su quest'ultima vengono riportate tutte le morti che sono avvenute in quella casa. Non mi dovrei meravigliare tanto: a causa dell'epidemia di peste, sicuramente i nomi su quella lista saranno molteplici. Tuttavia, non è così. Infatti, quando noto che i decessi sono tutti causati da quel ramo, rimango un attimo scossa. Nel contare i nomi, divento ancora più perplessa: oltre trenta ragazzi sono morti per questo e tutti di età diverse. Ora ci sono varie domande nella mia mente, ma al primo posto è il motivo di tener segreto ciò. Forse, vedendo tutti questi "incidenti", le persone sarebbero state riluttanti a comprare nuovamente la casa. Purtroppo questi non sono semplici disgrazie. Non può essere una coincidenza che tutte le vittime siano degli uomini. Non so cosa li accomuni, ma di certo non l'età: il più giovane era un ragazzo di sedici anni, il più anziano uno di settanta. Comincio a leggere i nomi con la fronte aggrottata. Non posso neanche ammettere l'idea che nessun uomo sia mai entrato in quella casa. Il primo proprietario l'ha fatto; inoltre, ci sono stati dei lavori. Qualche uomo di certo ha superato il vialetto. Quindi, questo mi porta a pensare che il ramo non cade sempre. Ciò che non torna, il punto più evidente almeno, è come riesca a rigenerarsi così velocemente. Ormai è più che ovvio che sulla casa ci sia un qualche tipo di maledizione, ma non so quale, e soprattutto il perché.
Prendo nuovamente il foglio per cercare il nome delle persone che si sono occupate di questi lavori, poi recupero il computer sulla scrivania. Forse qualche maledizione pendeva sul capo di uno di loro, e in qualche modo è rimasta legata alla casa. Ritorno più veloce che posso sul letto, ci poggio il pc sopra e accendo quest'ultimo. Continuo a leggere i loro nomi mentre questo si accende e la pagina del giornale online di Ruddy Village si carica. Forse, in qualche vecchia notizia di cronaca, troverò qualcosa che potrei collegare a loro, anche se ne dubito. Le maledizioni rimangono legate all'oggetto o alla persona che le riceve, non passano da uno all'altro. Non dovrei cercare gli operai attuali, non c'entrano niente alla fine, bensì il gruppo precedente alla prima morte avvenuta a causa di quel ramo. Probabilmente uno di loro è morto durante i lavori e il suo spirito è rimasto intrappolato lì in cerca di vendetta, ma per quale motivo? Non perdo altro tempo e comincio a cercare informazioni sugli operai. Un uomo ha perso la vita a causa di una scossa elettrica con successivo infarto durante la seconda ristrutturazione. Però, se avesse voluto vendetta sugli operai, sarebbero morti tutti, eppure questo non è accaduto. Ci sono stati altri lavori in seguito, e nessuna vittima.
Lascio un respiro rumoroso e mi passo nervosamente le mani sul volto, frustrata. C'è sempre qualcosa che non torna. Anche se volessi trovare qualche maledizione a cui è soggetta la casa, non credo che su internet scoprirei qualcosa. Afferro il foglio di nuovo e comincio a cercare quegli uomini su internet, tentando di individuare un nesso tra loro. Se quel dannato ramo cade solo in un caso, devo capire quale sia. I miei occhi scorrono come impazziti dal documento allo schermo del computer e viceversa mentre le mie dita digitano veloci sulla tastiera. Mi allungo verso il comodino per poi afferrare la tazza di caffè e berla avidamente, finendola quasi. Ho fretta di cercare un senso in tutto questo e di avere delle risposte, finalmente. I miei sogni sono troppo concentrati su quest'abitazione per passare inosservata. Sono un Elementale, una Cacciatrice, ed è mio compito evitare altri morti a causa sua. Non so perché solo io abbia questi incubi, ma non posso semplicemente far finta di nulla.
Dopo qualche minuto, e dieci pagine aperte su Google, un briciolo di speranza si fa largo dentro di me. Guardo le loro foto: tutte le vittime hanno un colore degli occhi chiaro. Forse questo è ciò che li accomuna. Aprendo le pagine successive, però, quella piccola fiducia di aver risolto finalmente il caso sparisce gradualmente. Le iridi degli altri ragazzi sono scure e i loro capelli tutti di colori diversi. Questo, però, non sarebbe sufficiente in ogni caso come motivo, anzi: sarebbe stupido.
Mi stiracchio per un leggero fastidio alla schiena, poi riprendo a digitare. Dopo una buona mezz'oretta in cui riporto dati e informazioni, trovo finalmente il vero nesso che cercavo: il tradimento. Ogni uomo che è stato ucciso da quel ramo ha tradito la propria moglie o ragazza. Anche ragazzo, in due casi. E ora che ci penso, quella donna seduta vicino a me alla commemorazione aveva detto che quel ragazzo biondo non era stato fedele; infatti erano presenti due ragazze in prima fila a piangere per lui in chiesa.
Corrugo la fronte, più confusa di prima, e premo i palmi delle mani sulle tempie mentre sospiro rumorosamente. Tutto questo non ha senso. Non è possibile, figuriamoci normale. Non si possono uccidere delle persone per questo. Certo, è un atto ignobile, ma non si può arrivare a tanto. Mentre la mia mente continua a friggere a causa di tutte quelle ricerche e pensieri per cercare di legare i pezzi insieme, un raggio di luce penetra nella stanza, abbagliandomi. Sento la testa scoppiarmi. Spengo il computer quando le palpebre diventano troppo pesanti. Ho davvero bisogno di riposo. Metto tutti i fogli in ordine nella cartellina per poi nasconderla in un cassetto. Vado a posare il pc sulla scrivania prima di mandare un messaggio a Delice e uno ad Harry, chiedendo a entrambi di passare da me più tardi, senza menzionare nulla riguardo ciò che ho probabilmente scoperto. Il dampiro mi risponde subito, rifiutando tuttavia l'invito perché è impegnato con la faccenda della strega. Delice, invece, ancora non ha visto il messaggio, ma sono solamente le sette del mattino. Lo farà quando si sveglierà. Non dovrei metterla in mezzo a tutto questo e farla entrare nel mio mondo, eppure quando mi ha scoperto a usare gli elementi non è rimasta così sconvolta. Non come mi aspettavo, almeno. Ognuno reagisce in modo diverso, però. Tuttavia, voglio almeno informarla di ciò; è bello sapere che posso raccontarle anche cose al di fuori dell'ordinario. Lei, tra l'altro, è sempre stata un'appassionata del soprannaturale e ora, sapendo che molte cose sono vere, è diventata ancora più curiosa di conoscere cosa succede nella mia vita. È la mia migliore amica, dopotutto, e mi fa piacere riuscire a trovare un punto d'unione tra la mia vecchia vita e la nuova, e soprattutto che non sia completamente spaventata da questa, nonostante l'episodio dell'altra sera.
Mi accascio sul letto, stremata, e non faccio in tempo a ripensare se ciò che ho scoperto sia valido o meno che mi addormento.
***
- Sharon! - La voce squillante di Delice mi sveglia di botto, facendomi sobbalzare, scattare in piedi e accendere una piccola fiamma sulla mano in segno di difesa.
- Dov'è il Treant?! - Urlo alla ricerca di quell'albero umanoide che stava trasformando le sue radici in braccia e gambe nel mio sogno. Anche Delice strilla di rimando mentre si allontana da me alla vista del fuoco, spaventata dalla mia reazione. Quando mi rendo conto di trovarmi nella mia camera, e non in un bosco nel bel mezzo del nulla a rincorrere quella creatura, estinguo la fiamma. Guardo Delice che nel frattempo si è messa in un angolino della stanza, terrorizzata, e sospiro. - Scusami. - Mormoro prima di stringermi la testa tra le mani non appena una fitta di dolore la trapassa.
- Va tutto bene. - Mi accenna un sorriso dolce sebbene indugi prima di avvicinarsi. - Sono le tre del pomeriggio. Hai dormito quasi tutto il giorno. - Lancio un'occhiata al cellulare sul comodino e illumino lo schermo: ho sei messaggi di Delice più tre sue chiamate, due da parte di mia madre e una da Harry. Li chiamerò più tardi. - Come mai hai dormito tanto? - Chiede mentre studia con lo sguardo l'intera camera, soffermandosi sulla tazza di caffè vuota e sporca ai bordi, poi me, storcendo il naso. Lancio un'occhiata allo specchio a causa della sua espressione: ho una coda orribile con l'elastico che sta quasi per cadere, delle occhiaie profonde, una vecchia canotta bianca e dei pantaloncini grigi. Fortuna che è venuta lei a svegliarmi e non Harry. Ho evitato una brutta figura con lui.
- Ho fatto le ore piccole stanotte. - Le rispondo mentre cerco qualcosa da mettermi. Mi spoglio, rimanendo in intimo per pochi secondi prima di infilarmi dei jeans scuri e una semplice maglietta nera dei Nirvana. Mi rifaccio la coda, più alta stavolta, e filo in bagno per darmi una rinfrescata sotto lo sguardo di disappunto di Delice, che continua a scuotere la testa in segno di disappunto.
- Di nuovo a cacciare? -
- Ho fatto delle ricerche e ti dovevo parlare. - Le spiego mentre ritorno nella stanza da letto.
- Per questo mi hai chiamato? - Chiede curiosa mentre continua a osservarmi dalla testa ai piedi. Appena inizierò a parlare, sicuramente non mi presterà attenzione ma penserà a degli abiti migliori che potrei mettere al posto di questi. Ci scommetto tutto.
Dopo aver preso il cellulare mi infilo delle Vans nere mentre le spiego ciò che ho scoperto: il duplice foglio, le vittime, il nesso tra di loro, questa probabile maledizione sulla casa... tutto. Lei mi guarda perplessa, ma per una volta mi fissa seriamente per comprendere davvero quello che sto cercando di dirle, evitando di imbrogliarmi. Non vorrei confondermi dato il sonno e le diverse possibilità ipotizzate questa mattina, già leggermente sfumate nella mia mente. Avrei dovuto scriverle da qualche parte.
- Perciò dobbiamo entrare in quella casa. - Concludo una volta che le ho spiegato la situazione. - Ho bisogno di prove, e di più informazioni possibili. - Sgrana gli occhi alle mie parole e si mette subito in piedi, scuotendo la testa e ripetendo più volte la parola "no".
- Non pensare che io entri lì dentro! E se ti sbagli? E se una delle due muore? Ma sei impazzita?! Prove per cosa?! Che cosa devi dimostrare?! - Mi guarda male mentre comincia a sparare domande a raffica com'è suo solito fare quando sta per dare di matto.
- Che qualcosa non va in quella casa! E quel qualcosa non è umano! - Le rispondo allo stesso tono. - Anche tu hai affermato di aver visto qualcosa lì dentro. Devo farlo. -
- Ma ti sei bevuta il cervello?! Io lì dentro non ci entro, e tu non devi far proprio nulla! - Incrocia le braccia al petto, guardandomi sconvolta. Io sospiro per l'ennesima volta.
- Delice, sono un Elementale... -
- Non per questo devi suicidarti. - M'interrompe, guardandomi negli occhi.
- ... ma sono anche una Cacciatrice di mostri. - Riesco a sostenere il suo sguardo deluso a causa della mia folle idea e continuare il mio discorso, non importandomene delle sue parole. - È mio dovere proteggere le persone, e hai visto con i tuoi stessi occhi la fine di quel povero ragazzo sul vialetto di quella casa. Non posso permettere che qualcun altro perda la vita così, magari per il divertimento di qualche spirito. - Scuote la testa e ride nervosamente, per niente d'accordo con me.
- Ma ti ascolti? -
- Quei sogni che ho avuto, riguardo quella casa, non possono essere solo una coincidenza. Forse è un'abilità che hanno pochi Elementali, non so, ma devo far qualcosa. Sono una specie di sogni premonitori, magari, delle visioni o... -
- Sharon. - M'interrompe con voce più decisa questa volta, lo stesso tono che userebbe un insegnante per zittire gli alunni più indisciplinati. - Per favore, smettila di giocare. - La osservo, delusa, e distolgo lo sguardo da lei mentre mi passo la lingua sulle labbra. Cerco una delle due nuove felpe nere che mia madre mi ha ricomprato (due giusto in caso Jackson abbia la brillante idea di far di nuovo la lavatrice e restringermene un'altra) con un sorriso amaro in volto.
- Sai qual è il tuo problema? - Me la infilo mentre ritorno a osservarla. - Che pretendi di conoscere il mio mondo, dici che posso parlare di queste cose apertamente con te, ma in realtà non cerchi neanche di comprenderlo. Mi assecondi e basta. Eppure ci hai vissuto per qualche minuto l'altra sera, con quel fantasma, in questa realtà. - Apro la porta della camera con l'intenzione di uscire e andare a svolgere le mie ricerche da sola. - E non lamentarti poi se preferisco stare con Harry quando si tratta di queste cose. - Mi giro un'ultima volta prima di lasciare definitivamente la stanza. - Tu fai pure quello che vuoi, io entro in quella dannata casa. - Sbatto la porta, non importandomi se Delice è ancora dentro. Per ora m'interessa solo confermare la mia teoria e trovare una soluzione.
Scendo velocemente le scale, esco di casa e mi incammino verso la fine del quartiere. Sento la porta d'ingresso aprirsi di nuovo, ma non mi volto e continuo a procedere, alzandomi il cappuccio in testa. Ho caldo così coperta, ma preferisco che la gente non mi riconosca e magari spifferi tutto a mia madre. Sento Delice chiamarmi, ma comunque non mi fermo. Qualche secondo dopo è al mio fianco e tiene il mio passo. Giro il volto per guardarla: ha l'altra mia felpa nera addosso e il cappuccio alzato in testa. I mossi capelli biondi sono dentro di esso. Accenno un sorriso così piccolo che è impossibile da vedere, felice che abbia deciso di venire con me.
- Se muoio, giuro che ti perseguiterò fino alla tomba. - Mormora a denti stretti mentre guarda davanti a sé. Accenno una risata alle sue parole.
Come sempre, non mancano le vecchiette che tranquillamente fanno gossip in strada, ma non ce ne importiamo più di tanto; infatti continuiamo a camminare a passo svelto verso il nostro obiettivo. Appena giungiamo davanti a quella casa, sorpassiamo la linea gialla della polizia che non è stata ancora rimossa ed entriamo nel giardino, chiudendoci il cancello alle spalle. Guardo l'enorme edificio davanti a me. Immagini del mio sogno offuscano ogni tanto la mia mente, ma scaccio subito quei pensieri. Devo concentrarmi sulla mia missione, ovvero cercare altre informazioni su questa casa e verificare davvero se c'è una maledizione o mi sfugge qualcosa. Faccio i primi passi sul vialetto quasi pieno di muschio, nervosa, mentre mi mordicchio il labbro per scaricare la tensione. Un senso di vomito si fa largo nel mio stomaco appena noto il sangue di quel ragazzo ancora sul terreno. Delice mi segue lentamente e si assicura che nessuno guardi nella nostra direzione. Qualcuno potrebbe chiamare la polizia e sarebbe difficile spiegare cosa ci facciamo qui, tralasciando la parte soprannaturale, ovviamente.
Indugio in prossimità dell'albero. Devo arrivare fino in fondo ora, non posso tirarmi indietro. Ho paura che il ramo cada, ma se ciò che ho ipotizzato è giusto, dovrei essere ancora viva dopo. Smetto di pensare prima che cambi idea, conoscendomi, e scatto in avanti per correre fino alla porta d'ingresso dopo aver superato l'albero. Respiro affannosamente più per paura che per fatica. Mi giro dietro e fisso Delice, rimasta più vicino al cancello. Non penso abbia intenzione di raggiungermi. Alzo lo sguardo verso il ramo: è completamente immobile. Incurvo le labbra in un sorriso, sollevata di aver avuto ragione. Forse, la mia ipotesi è corretta, e quindi anche la maledizione.
- Vieni! Muoviti! - La incito mentre lei prende un bel respiro e corre in avanti verso di me. Appena mi raggiunge si getta ad abbracciarmi. Controllo il ramo, ma è ancora fermo.
- Sono viva? Dimmi che sono viva. - Piagnucola, stringendomi con occhi chiusi, mentre accenno una risata e annuisco.
- Sì, sei viva. - La allontano da me e lei riapre gli occhi. - Ora però dobbiamo entrare. - Mi osserva di nuovo in quel modo insicuro. So che non vuole entrare, chi vorrebbe? Eppure è qui per me. Mi dispiace per lei e che si senta costretta a seguirmi, ma devo andare in fondo a questa storia. Alla fine annuisce piano, rassegnata. Mi guardo in giro per assicurarmi che nessuno ci noti entrare, poi mi volto per aprire la porta. Sto per abbassare la maniglia quando il mio cellulare comincia a squillare, facendo sussultare entrambe. Lo afferro dalla tasca e controllo chi sia: Harry, che non mi dà neanche il tempo di parlare dopo aver accettato la chiamata.
- Sharon, devi ascoltarmi attentamente. È una cosa seria. -
- Harry, sono un po' impegnata... -
- Non m'interessa! - Esclama lui dall'altra parte della cornetta avendo anche il respiro un po' pesante. Sembra stia correndo. - So chi è la strega. -
- Beh, uccidila e basta. È un problema tuo, no? Volevi vendicarti tu. - Sbuffo mentre Delice mi guarda. In un altro momento avrei potuto anche dargli una mano, ma come lui ha i suoi compiti, anch'io ho i miei, e in questo momento la strega non è affar mio. Tra l'altro, ha anche detto che se ne sarebbe occupato da solo, quindi meglio impiegare il mio tempo per questa faccenda.
- Sharon, è un problema nostro! Fin troppo! So chi è e dobbiamo vederci. Non ti chiamerei se non fosse così importante, e ti assicuro che la cosa non ti piacerà per niente. Ci vediamo tra qualche minuto da te. - Detto ciò, attacca. Ripongo il cellulare in tasca mentre sospiro.
- Non entriamo? - Chiede speranzosa la bionda. Annuisco piano, leggermente delusa di non poter controllare cosa ci sia dentro la casa e di rimandare le mie ricerche, soprattutto ora che avevo trovato abbastanza coraggio per farlo.
- È la tua giornata fortunata, a quanto pare. - Sorride ampiamente, essendo al settimo cielo, poi corre verso il cancello, già assaporando la libertà. - Non la mia... - Mormoro seguendola.
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