Cap 65
Quando ero piccola, pensavo che la mamma di Paolo fosse una specie di strega. Ero affascinata dalla loro casa piena di cianfrusaglie, ma ci entravo talmente poco che finivo per idealizzarla. Mi immaginavo Lina ai fornelli, a preparare pozioni magiche e intonare formule segrete. Forse la temevo anche un po'. Mi sembrava vecchissima. Oggi busso alla porta di quella donna pensando che si è tenuta dentro per anni un dolore grande e mi viene da giustificare i suoi strani comportamenti.
«Ciao, Laura», mi dice e per la prima volta fa anche un mezzo sorriso.
«Salve. Sono venuta a portare i compiti a Paolo»
«Entra pure. Speriamo che tu riesca a tirarlo un po' su di morale»
La situazione della casa non è cambiata. Chissà come, spesso mi convinco che dopo uno sfogo, un pianto o un'ammissione di colpa, le persone debbano trasformarsi di colpo. Come se qualcosa scattasse nel loro cervello così, di botto. Invece no. Ci sono trasformazioni lente e dolorose, e proprio perché lente spesso sono anche impercettibili. Non vedo segnali di un cambiamento. Lina sta rovistando nelle scatole che ha appena preso dalla soffitta, almeno a giudicare dalla polvere.
«Avevo conservato tutte queste belle cose e non me ne ricordavo neanche più», mi dice, spolverando un angioletto di porcellana. Cerco di sorriderle, ma mi viene una smorfia poco chiara.
«Vado da Paolo», la informo e scavalco le cassette di frutta andata a male che, ne sono sicura, l'altro giorno non c'erano.
Busso.
«Avanti», risponde Paolo.
«Ehi», dico, entrando.
«Ehi», fa lui, ma non alza lo sguardo e continua a leggere il suo fumetto.
«Cosa leggi di bello?»
«Sandman. E' una graphic novel fantastica».
Mi siedo sul letto accanto a lui. Prendo lo zaino e inizio a tirar fuori i libri e i quaderni. Lui mi ignora e continua a leggere. Forse dovevo avvisare con un messaggio che sarei passata da lui, ma avevo troppo paura che rifiutasse di vedermi.
«Allora», dico «sei pronto a rovinarti la giornata? Giovedì prossimo c'è il compito in classe di storia. Martedì l'interrogazione di scienze della terra. Abbiamo ripreso gli esercizi della settimana scorsa, di matematica, perché metà classe non aveva capito. Poi... ecco, queste sono le pagine del Purgatorio da leggere per lunedì. Invece oggi a educazione fisica...»
Paolo mi prende per un braccio e blocca il mio flusso di coscienza. Il fumetto finisce per terra. Mi stringe così tanto da farmi male.
«Laura...», mormora. Poi non riesce più a dire nient'altro. Ci guardiamo negli occhi. Non ho idea di come sia fatto il mondo a colori, ma in questo preciso istante mi sembra che tra noi passi una scarica di blu. Come una sorta di elettricità visibile.
Blu come il mare che hai attraversato, blu come gli occhi di un bambino appena nato. Blu come il cielo quando sta per arrivare la sera. Blu come l'infinito, se l'infinito esiste. Blu come la voglia di perdermi nel tuo abbraccio. Blu come questo sentimento che provo per te e che non mi molla mai, anche quando da me sei lontanissimo. Blu come la gelosia che ho per te, blu come la nostra amicizia, un po' sporca d'amore.
«Paolo...», rispondo «non sono qui solo per darti i compiti»
Tiro fuori dalla tasca Capitan America.
«Ecco. E' venuto a trovarti. Dice che nei momenti difficili, si ha bisogno di uno scudo con cui difendersi».
Paolo sorride.
«I fumetti sono tutto per me», dice «adesso ne sono ancora più convinto»
Poi abbassa lo sguardo e quando rialza la testa i suoi occhi sono pieni di lacrime.
«Gli ho parlato», singhiozza «ma forse non lo rivedrò mai più »
Non capisco le sue parole. Gli prendo una mano e la accarezzo.
«Ne sei davvero convinto?»
Paolo annuisce. Tira su col naso e si scosta i capelli dal viso.
«Sono stato all'indirizzo dove teneva la conferenza. Lui non poteva credere che fossi io. . Mi ero preparato un gran discorso, che cominciava con un rimprovero. Ero arrabbiato con lui, perché ci aveva abbandonato. E anche perché non era più venuto a cercarmi. Scriveva lettere, è vero, ma non è mai arrivato per guardarmi negli occhi e chiedermi scusa per tutto. Volevo delle scuse, da lui. Pensavo di meritarle»
«E avresti avuto ragione», ribatto.
«Quando l'ho visto, mi sono sentito ancora come avessi sette anni. Mi è venuto da buttargli le braccia al collo. Anche lui si è messo a piangere, davanti a tutti. Poi però... Mi ha fatto vedere questo»
Tira fuori il telefono e mi mostra una foto di un bimbo dai tratti orientali e dai grandissimi occhi sgranati.
«E' bellissimo», esclamo.
«E questa è sua sorella. Xing. E' anche la mia sorellastra»
Vorrei chiedere di mostrarmi suo padre, ma Paolo sfoglia ancora le foto e dopo un attimo spunta fuori una donna dai lunghi capelli neri e con un sorriso incantevole.
«Lei è Yu Kari», spiega Paolo «la donna che ha rapito il cuore di mio padre»
Posso solo immaginare quello che ha provato Paolo in quel momento.
«E cosa avete detto?», mi lascio scappare. Paolo si passa una mano tra i capelli e ricaccia indietro le lacrime.
«La stessa cosa che ha scritto nella lettera. Che la sua vita è a Tokyo. Che aspetta anche me se vorrò andarci, un giorno. Non sono neanche riuscito ad arrabbiarmi. Non sono riuscito a dirgli niente. Alla fine sono scappato. E non so se avrò ancora voglia di sentirlo. Lui ci ha abbandonato, Laura. Avevo così tante cose da chiedergli. Ma quando me lo sono visto davanti, tutto è stato più chiaro.»
Gli accarezzo la testa e lui si lascia cullare da me. In questo momento mi sembra un bambino fragile e indifeso. Vorrei solo che smettesse di piangere.
Non so cosa dirgli. Sono veramente senza parole. Ha ragione lui. Lorenzo ha sbagliato davvero tutto quanto.
«Cosa farò adesso, Laura? Cosa farò?»
Ti porterai dietro questo dolore, Paolo. Come facciamo tutti. Certe ferite non si chiudono più. Si assottigliano solo. Ci aspettano dietro l'angolo in ogni momento, per ricordarci che esistono.
«Farai quello che hai sempre fatto», gli rispondo «e io sarò con te. Io sono qui per aiutarti»
«la mia eroina del ghiaccio», risponde lui e mi accarezza. Mi rendo conto che siamo vicinissimi, le nostre labbra quasi si sfiorano. Ma non provo alcun imbarazzo.
Lina bussa alla porta piano.
Paolo la guarda con disprezzo.
«Laura, ti fermi a cena da noi?»
Annuisco.
«Certo», rispondo «grazie mille»
Non è mai successo che Lina mi invitasse a cena. Pensavo non sapesse neanche cucinare.
«Lei non doveva lasciarlo andare via...», mormora Paolo quando Lina richiude la porta.
«So che adesso ce l'hai con tua madre, ma credimi, è la prima a soffrire per questa situazione. Dovremmo far qualcosa per aiutarla»
Paolo annuisce e poi mi guarda. Ripenso a quello che ha scritto nel fumetto dedicato a me. Laura, l'eroina del ghiaccio. Ecco adesso mi sta guardando proprio così, come se fossi dotata di superpoteri.
«Per fortuna ci sei tu», sussurra e mi stringe forte.
Auguro un 2017 pieno di emozioni forti. Senza emozioni, le nostre vite sono vuote. Non lasciatevi scappare le belle occasioni. Perché qualcun altro le prende al volo. Custodite le perle che vi capita di incontrare. Grazie, miei meravigliosi lettori.
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