Cap 61

Capitolo da leggere ascoltando  la musica qui sopra 

Consegno a Monia il cd con la nuova musica. L'ho scelta da sola, questa volta, e non ho avuto dubbi. Con la coreografa abbiamo lavorato molto sull'espressione e Prisca mi ha aiutato a sistemare le parti tecniche che non funzionavano. Come l'altra volta, ho scelto di puntare tutto sull'espressione.

«Sei pronta per provarla già sulla musica?», mi chiede l'allenatrice.

Guardo Prisca, incerta. Lei alza i pollici e mi sorride.

«Forza, allora», dice Monia.

Mi posiziono al centro della pista. Chiudo gli occhi. Non ho intenzione di incappare nell'errore della gara di novembre. Non voglio vedere. Non ne ho bisogno. Parte la musica ed è Cindy Lauper, True Colours. Quando ho letto il testo di questa canzone, ho pensato fosse perfetta per me. Inizio a eseguire la coreografia, e come mi aspettavo, c'è un leggero brusio provocato da Teresa e le altre.

«Ma è pazza», sento che dice Martina

«Vuole solo farsi vedere», ribatte Teresa.

Me ne frego e le ignoro. Sono nel mio mondo, adesso. Solo a occhi chiusi mi sembra di vedere qualcosa che assomiglia davvero a un arcobaleno. Solo se non vedo il bianco e nero intorno a me, posso concentrarmi a mio modo sui colori veri. Quelli che splendono per tutti, anche per chi, come me, soffre di acromatopsia. Se cadrò, non sarà perché ho gli occhi chiusi. Prisca sapeva di questa mia pazzia. Monia no. Quando eseguo l'ultima figura e riapro gli occhi, Monia mi guarda con aria esterrefatta.

«No, fammi capire... Hai intenzione di rifarlo anche alla gara?»

Annuisco.

«Perché?», le chiedo con un sorrisetto.

«E' semplicemente un suicidio», mi spiega Monia «qui ti può venire alla perfezione perché sei sul tuo ghiaccio. Ma a Bolzano, pensi che ti potrai trovare allo stesso modo?»

«Ma i metri sono sempre quelli», risponde Prisca per me.

«Tu stai zitta, sto parlando con lei», tuona Monia. Quando si arrabbia, conviene non replicare.

«Cos'è? Un modo per stupire la giuria? Un escamotage per attirare l'attenzione?», insiste Monia. Il suo tono mi ferisce. Lei potrà anche intendersene di pattinaggio, ma non è nella mia testa. Non sa come mi sento.

«Assolutamente no», ribatto «credi davvero che io sia contenta, di vederci così male? Non ho bisogno di vedere i colori o le vostre facce, per fare quello che devo fare. La luce mi dà solo fastidio. Ma tu non lo sai. Tu non lo puoi sapere, perché i tuoi occhi funzionano benissimo!»

Mi volto e me ne vado. Monia non mi segue, ma Prisca sì. Sento che arranca dietro di me fino agli spogliatoi.

«Sei stata... mondiale!», mi dice « non avevo mai visto una cosa del genere. E Monia si è tenuta la mano sulla bocca per tutto il tempo. Era semplicemente senza parole!»

«Poi le sono tornate, però», ribatto, slacciandomi i pattini. Sono furente.

«Io credo che sia solo sorpresa. E spaventata. Ha una certa responsabilità, nei tuoi confronti...»

Non l'avevo vista in questi termini.

«Allora come posso fare a convincerla? Io sento che posso arrivare prima, Prisca. Adesso lo so. Ma solo se tengo gli occhi chiusi»

Prisca si passa le dita tra i capelli.

«Dobbiamo pensarci bene. Per adesso, non dirle più niente. Pattina a occhi aperti. Sono sicura che anche lei noterà la differenza».

«Va bene», dico, poco convinta. Guardo distratta il cellulare.

«E' tutto a posto?», mi chiede lei.

Vorrei dire di sì, per non farla preoccupare, ma poi mi parte un singhiozzo e scoppio a piangere.

«Oddio», dice Prisca «scusami, ho fatto la domanda sbagliata»

Mi abbraccia.

«Ti va di parlarne?»

Le racconto tutto di Geo, ma non dico niente di quello che è successo a Paolo. Altrimenti dovrei spiegarle cose personali di lui e non mi va.

«Però non mi convince», riflette Prisca, quando finisco di parlare «per niente, proprio. Insomma, com'è che ti bacia e si fa fare anche... e poi ti manda via e ti chiede di non sentirvi più, così di punto in bianco?»

«Che intendi dire?»

«Io penso che...»

Prisca si blocca. Gioia ci si para davanti.

«Eccovi qui, voi due. Volete anche un caffè? Vi sto aspettando in macchina da almeno mezz'ora!»

«Scusa, mamma», dice Prisca e strascica i piedi dietro di lei. Poi mi fa l'occhiolino.

«Ho un'idea », mi bisbiglia «andiamo alla Tana dell'Orso. Spiamo i suoi movimenti»

«Ma è chiusa...»

«No, ieri ha riaperto», dice Prisca.

Per tutto il viaggio in macchina non faccio che pensare alle parole che ho detto a Geo prima di andarmene da casa sua. Gli ho promesso che quello sarebbe stato un addio. E adesso lo sto seguendo di nuovo. Non è giusto, ma forse ha ragione Prisca: devo vederci chiaro.

«Mamma, lasciaci qui, andiamo a fare un aperitivo», dice Prisca.

«Alle otto di sera?»

«Potremo pure divertirci anche un po'?»

«Dopo il tre in fisica?», ribatte Gioia, ma ferma la macchina.

«Ciao, Laura. Tornate presto eh?», dice la mamma di Prisca. Da quando si è fatta male, le concede tutto. Una mamma rammolita era proprio quello che ci voleva in questo momento.

La saluto con la mano cercando di fare un sorriso da brava ragazza. Ci appostiamo accanto al locale e Prisca dà un'occhiata dentro.

«Lo vedi?», chiedo, e sento che stiamo facendo un'altra scemenza.

«Sì. C'è solo una ragazza con lui»

«Una ragazza? E com'è?»

«Piena di tatuaggi. E Piercing. Beve vino. Stanno discutendo, direi. Ha i capelli rossi»

«Ma è bella?»

Prisca alza le spalle. Poi si volta e vede la mia espressione preoccupata.

«Ma no, sei più bella tu»

«Prisca, non è il caso di andarcene?»

«E se invece entrassimo? Ci prendiamo qualcosa da bere. In fondo è un locale pubblico»

Prima ancora che io possa dire di no Prisca mi hapreso la mano e mi trascina dentro. 

Grazie a voi che commentate sempre. A quelli che passano di qui per caso e a coloro che seguono con costanza i miei aggiornamenti. Vi auguro di riscoprire i colori veri, quelli che fanno risplendere le vostre giornate. Compito per tutti: luccicate più forte che potete!

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