Cap 53

Quando nevica a Varenna, i tetti delle case sono bianchi per tutti. La neve è la mia migliore amica, sarà perché sono nata un giorno in cui nevicava fortissimo, sarà perché è bianca. Sarà perché mi piace passeggiare per le strade quando c'è poca gente e mangiare qualche fiocco di neve mentre cammino. 

Tra cinque giorni è Natale e oggi è il mio compleanno. Diciassette anni. Non sembrano neanche tanti, se penso a Geo che ne ha già ventuno. Sono stati giorni impegnativi. Ross mi è rimasta alle costole e non sono più riuscita a vedere né Paolo né Geo. Monia mi ha stressato talmente tanto con la nuova coreografia, che pensavo di impazzire. Ma adesso ci sono le vacanze e finalmente è arrivata anche la neve. Prisca mi aspetta davanti all'imbarco dei traghetti. E' avvolta da un'immensa sciarpa scura e si protegge dalla neve con un ombrello a pallini.

«Ciaooooo», urla eccitata e saltella su entrambi i piedi. Non ci sono dubbi: è completamente guarita. Non potrà aspirare alla Coppa Italia, quest'anno, ma vederla di nuovo in forma mi rende felice. Anche se, insomma, spero che la nostra amicizia non subirà qualche contraccolpo. Lei è molto ambiziosa. Forse anche più di me.

«Auguri!», grida e mi abbraccia forte. Mi stampa due baci sulla guancia.

«Ti fa gli auguri anche mia madre», aggiunge, con meno entusiasmo.

Sorrido. «L'altro giorno tua madre è venuta a casa nostra. Hanno spettegolato di noi per tutto il tempo. Ross cercava di capire chi è questo Geo che frequento tanto e tua mamma chiedeva se tu hai un ragazzo»

Prisca scoppia a ridere.

«Se sapesse che ne ho più di uno!»

Camminiamo tenendoci per mano nella neve. Siamo dirette alla Tana dell'Orso. Geo mi ha organizzato una festa privata.

Ci saranno anche Paolo ed Ester. Spero non capiti niente di strano, questa volta. Ho intenzione di bere poco e ballare tanto. Soprattutto spero di non pensare.

«Ho un vestito verde», mi informa Prisca «perché stasera spero succeda una cosa...»

«Che cosa?»

«Non voglio dirtelo. Lo saprai solo se accadrà»

«okay, ragazza del mistero. Io ho un abito rosso»

«Lo vedo, Laura. E ti sta da Dio»

Inciampiamo nella neve e cadiamo insieme come due sceme, sulle scale di pietra, imbiancate di neve.

«e adesso le calze si sono smagliate», borbotta Prisca «e tu hai il naso congelato», mi informa, toccandolo. Ci mettiamo a ridere e continuiamo a camminare. Sembriamo due vecchiette ubriache. Arriviamo al locale ciondolando. Penseranno tutti che siamo già sbronze.

«Avete iniziato gli aperitivi senza di noi?», protesta Nic, e mi viene incontro per abbracciarmi. Anche Viola mi fa gli auguri.

Geo mi fa un cenno con la mano. Vuole dire: arrivo subito. Sta trafficando qualcosa con un cocktail. Sta riempiendo un intero secchiello, in realtà. Sono curiosa di vedere cosa sta combinando. Ma Ester mi si para davanti e mi dice «Buon compleanno, Laura», con un tono di voce neutro, forse anche un po' freddo. Mi scrollo di dosso la neve e tolgo il cappotto. Solo allora scorgo Paolo. Si alza dalla poltroncina e viene verso di me. E mi rendo conto che il cuore inizia a battermi più forte. Sono giorni che non ci vediamo, se si tolgono le ore passate a scuola, dove a stento ci rivolgiamo la parola. Quando nevica tanto, la casa sull'albero non è un posto agevole in cui rifugiarsi.

Mi abbraccia e affonda il naso nei miei capelli.

«Auguri, pattinatrice», sussurra «è bello vederti anche fuori da quella classe»

«Anche per me», rispondo. Ester gli sta vicino. Non posso fare a meno di chiedermi se adesso lui sta con lei. Se anche loro hanno fatto l'amore.

Prisca studia le nostre reazioni. Di sicuro è pronta a intervenire a qualsiasi mossa falsa. Ma non intendo farmi rovinare il compleanno da certi pensieri.

Geo si avvicina e appoggia sul tavolo del buffet il secchiello che stava riempiendo.

«Un attimo di attenzione, per favore», dice «ho creato un cocktail nuovo»

Tutti si girano verso di lui. E' così sicuro di sé e così bello, quando veste i panni del barman.

«Si chiama Laura», dice «ed è per il tuo compleanno»

«Cosa c'è dentro?», chiede Viola, divertita.

«Lo dovete scoprire. Chi indovina tutti gli ingredienti, vince una consumazione gratis»

Tutti si mettono in fila per il primo giro di aperitivo.

Ho invitato anche Teresa e Martina, ma mi sono già pentita. Non sembrano molto a loro agio. Prisca ha chiamato altri compagni di scuola, ma c'è gente più grande e loro sicuramente si sentono fuori posto.

«Grazie per essere venute», dico, guardando Teresa.

«prego», risponde Martina «ma sicuramente non faremo tardi. Domani c'è l'allenamento e Monia mi ha detto che dobbiamo essere in forma»

Io e Prisca ci guardiamo e lei alza gli occhi al cielo.

«io sono la tua coach personale», dice Prisca «almeno finché non riaprono i cancelli anche per me. E la tua coach stasera ti dice... fregatene di quelle due e divertiti! Compi diciassette anni una volta sola!»

Geo mette una musica di sottofondo e tutti si addossano intorno al buffet. Assaggio il cocktail che porta il mio nome e sono sicura di riconoscere menta, rum e limone. Ma non ho idea dell'ingrediente che dà il tocco dolciastro finale. Un sapore che si avverte solo all'ultimo, quando hai già mandato giù.

«Ti piace?», mi chiede Geo e mi abbraccia da dietro. Mi accorgo che Viola ci osserva e questa volta sta sorridendo. Forse si è ricreduta nei miei confronti.

Paolo, invece, chiacchiera con Ester e un altro compagno e non accenna a voltarsi nella nostra direzione. Avrei un sacco di cose da raccontargli. Per esempio, che sono riuscita a eseguire alla perfezione cinque tripli toe loop di fila. Che sto cercando un abito adatto alla mia prossima coreografia. Che ho bisogno di lui per decidere la musica. Che mi manca. Che ho voglia di una nostra chiacchierata.

«Mi piace molto, Geo. Grazie. E' un regalo stupendo»

Mi stringe ancora un attimo a sé, poi torna a occuparsi dei bicchieri. E' più forte di lui: non riesce a star lontano dal bancone del bar più di cinque minuti. A volte penso che sia sprecato per questo semplice bar di Varenna. Mi dico che presto anche lui se ne accorgerà e mi lascerà sola. Ma non voglio che certi pensieri tristi invadano la mia mente. Non stasera, almeno.

Geo mette una musica più ritmata e Prisca mi trascina a ballare. Vedo che continua a guardare nella direzione di Nic e improvvisamente capisco il perché del suo vestito verde. Nic è un bel ragazzo, ma ho paura che Prisca faccia un buco nell'acqua: mi sembra che lui non abbia occhi che per Viola.

Mentre balliamo, Teresa e Martina ci guardano con aria annoiata. Non vedono l'ora di andarsene, lo so. Paolo rimane seduto con Ester ed evita di guardarmi. Ma sul cubo siamo sempre di più e ben presto quasi tutti si fanno coinvolgere dalla musica.

«Sono nuove queste luci, Geo?», chiede Viola, quando lui si avvicina.

«Sì, sono forti eh?», risponde lui «cambiano colore ogni due minuti»

Mi sento come se qualcuno mi avesse infilato una spina nel cuore. E improvvisamente tutta le gente che mi sta intorno diviene sfuocata, i movimenti rallentano. Piombo nel mio mondo grigio fatto di cose in bianco e nero e mi ricordo che non potrò mai vedere i colori. Non accadrà mai. Per tutta la mia vita. Non so perché parlo di colori tutto il giorno senza alcun problema e poi basta un niente per ricordarmi che in realtà loro non mi appartengono. Mi perdo nello sguardo ammaliante di Viola, con un rossetto senza colore, nel vestito senza colore di Ester, nel cappellino senza colore di Nic, che magicamente sta ballando con Prisca. Poi incontro gli occhi di Paolo. Lui mi sorride. Mi dice qualcosa, ma non riesco a capire. Siamo troppo distanti. Cerco di leggere il labiale. E' una sola parola: ostrica. All'inizio mi sembra non abbia alcun significato, per me. Continuo a far finta di ballare e intanto mi chiedo il perché di quella parola. Poi ho come un flash. Un ricordo improvviso, talmente forte da farmi smettere di muovermi. Mi appoggio a un lato della stanza, chiudo gli occhi e torno con la mente a quel giorno.

Naturalmente, il ricordo riguarda Paolo. Era venuto al mare con noi, quell' anno, perché la sua mamma era stata ricoverata in ospedale e nessuno poteva occuparsi di lui. Forse avevamo nove anni, forse meno. Ricordo che in quel periodo ero spesso triste. Non mi andava di fare altre amicizie, e me ne stavo in silenzio a guardare Paolo che giocava a beach tennis sulla spiaggia. Per me quello sport era un problema. Il mare in generale, lo era. Uscivo solo verso le sei o alla mattina presto. Il resto del tempo lo passavo chiusa nell'appartamento che avevamo preso in affitto e intrecciavo conchiglie, o facevo i compiti, o leggevo libri sulla teoria dei colori. Spesso inventavo coreografie che poi mostravo a Paolo, la sera, nel campetto dove andavamo con i pattini a rotelle.

«Sei bravissima», mi disse Paolo, quel giorno «ma da dove prendi tutta questa fantasia?»

Alzai le spalle. «Dalla noia, credo»

Lui si era avvicinato a me. «Scusa se passo poco tempo con te...»

«Ma figurati, è normale. Tu devi goderti il mare, mica stare con un' asociale»

Usai una parola che avevo imparato quel pomeriggio, perché l'avevo sentita riferita a me da un amico di Paolo. E mi aveva ferito.

«Ti ha dato tanto fastidio che abbiano usato quel termine, eh?», mi chiese Paolo. Ricordo che mi mise un braccio attorno alle spalle.

«Mi dà sempre fastidio quando sento alcune frasi riferite a me. Mi feriscono. Certe persone non sanno il male che ti fanno. Non se ne accorgono neanche»

«Sai, Laura, l'altro giorno ho visto un documentario sulle ostriche»

«Eh?»

Lì per lì pensai che fosse completamente suonato.

«C'era tutto il procedimento di come un'ostrica arriva a generare una perla. Vuoi sentirlo?»

Annuii, pensando volesse semplicemente distrarmi.

«Inizia tutto con un corpo estraneo che entra nell'ostrica. Un granello di sabbia, o un parassita. L'ostrica non può liberarsene e allora come forma di difesa, per alleviare il bruciore, inizia a produrre madreperla. Ci mette qualche anno, ma pian piano il corpo estraneo viene ricoperto da quella cosa bellissima che tu chiami perla»

«Wow», commentai.

«Quello che voglio dirti, è che anche tu sei un'ostrica»

«Ma le ostriche sono brutte», protestai, ridendo. Mi sentivo già meglio.

«Tu trasformi le cose brutte che ti succedono in bellissime coreografie sul ghiaccio»

«Le mie perle».

Siate perla per qualcuno che vede in voi la vostra bellezza anche nei mille difetti.

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