Cap 17
La villa è imponente, su tre piani, elegante e sta cadendo a pezzi. Sembra una signora che un tempo è stata importante, e ora è caduta in disgrazia. Le finestre sono sporchissime, alcune rotte, l'edera le cresce tutta intorno.
«E' meravigliosa», esclama Geo.
Sono contenta che siamo venuti qui di notte. Almeno riesco a scorgerla anch'io senza sforzare gli occhi. Ma non è tanto la vista che mi impaurisce. E' l'aria che sento. Sarà suggestionata, ma più ci avviciniamo, più mi sembra di avvertire qualcosa di strano. Come una tensione crescente.
Intanto Nic ha riacceso la videocamera.
«Eccoci arrivati. Ragazzi, prima di entrare, i soliti avvertimenti: nessun movimento brusco. Nessuno parli forte. Atteggiamento tranquillo e di apertura. Geo posizionerà il rilevatore, poi accenderemo qualche candela»
Ci spostiamo a lato della villa e Viola spinge in avanti il cancello di ferro.
«Si può entrare così?», chiedo, ma nessuno mi risponde. Paolo mi prende una mano. Gliela stringo. Sono sicura che me la farà pagare per questa pagliacciata.
Camminiamo in fila indiana verso la porta del primo piano, che è già spalancata.
«Sarà pieno di schifosissimi topi», mi dice Paolo.
«Spiriti che abitate questa casa», esclama Viola «veniamo in pace, sperando di incontrarvi»
«Ma anche no», ribatte Paolo a bassissima voce. Mi viene da ridere.
«Possiamo entrare», ci avvisa Geo, dopo un attimo di silenzio. Mi mette una mano sulla schiena e mi spinge avanti. Mollo la presa di Paolo.
«Hai paura?», mi chiede Geo all'orecchio.
«Un po'», ammetto.
«Ci sono io con te», ribatte.
Ma appena entriamo si allontana per andare a posizionare il rilevatore. Anche Nic è sparito, tutto preso con la sua telecamera. Viola accende una candela e ci chiede di sparpagliarci.
«Ma se non sappiamo neanche dove andare», mugugna Paolo.
Sto attenta a dove metto i piedi. Ci sono bottiglie vuote, lattine, cartacce varie. Le pareti sono scrostate e piene di disegni e scritte.
«Spegnete tutte le luci, io salgo al secondo piano», ci avvisa Geo «finora niente da segnalare»
Per fortuna che doveva starmi vicino. Mi allontano da Paolo e fingo di esplorare le varie stanze. Doveva essere una villa bellissima, una volta. E' un peccato che si sia ridotta così.
«Ho registrato qualcosa», sento dire a Geo «presto, venite qui».
Non voglio andare al piano di sopra. Faccio fatica a vedere le scale. Ci vedo meglio al buio, ma sono comunque in difficoltà. Sento un gelo nelle ossa, che fatico a sopportare. Vorrei uscire. Si sta meglio fuori. In che guaio mi sono andata a cacciare? E per chi?
Un colpo d'aria mi sferza la faccia e poi avverto le note di un pianoforte. Sembra una di quelle ninne nanne dei carillon. Rabbrividisco un'altra volta. Allora c'è davvero qualcuno che suona, qui? Vorrei scappare, ma non ricordo più dove sia l'uscita. Cerco la luce della candela, ma l'aria deve averla spenta. I miei occhi vanno in tilt. Afferro solo buio. Poi sento dei passi. Qualcuno sta strisciando lungo la parete e si avvicina lentamente, procede a tentoni. I fantasmi non esistono, provo a pensare. Non esistono. La presenza è sempre più vicina a me. Mi sfiora la guancia con quella che sembra una mano. E poi sento le sue labbra. Sono calde. Non è uno spirito. Mi abbandono a quella bocca e ricambio il bacio. La sua lingua è caldissima e invitante. Lui mi mordicchia le labbra. Sospiro.
Gli passo una mano sul petto.
«Geo», sussurro.
«Ragazzi, ma dove siete finiti?», urla Nic.
Lui si stacca da me e rimango di nuovo sola. Ma non ho più paura. Sento i passi degli altri che si avvicinano.
Accendono le torce.
Il primo sguardo che incontro è quello di Geo. Ha gli occhi che gli brillano. Poi mi giro verso Paolo. Ha l'aria sconvolta. Si sente uno strano gemito, ma forse è solo l'aria portata dal vento che spinge il cancello di ferro avanti e indietro. Ci guardiamo tutti per un istante senza parlare, poi Viola dice: «Per oggi qui abbiamo finito»
Tiro un sospiro di sollievo. Paolo mi riprende la mano, mentre stiamo uscendo. E' ghiacciata. Vorrei lasciarla andare e parlare con Geo, ma gliela stringo e andiamo fino alla macchina in silenzio.
Ci sediamo e Viola respira ancora forte.
«Che serata, ragazzi», esclama «questa è stata l'uscita migliore... Il rilevatore di Geo non la smetteva di illuminarsi. E il pianoforte? L'avete sentito?»
«Possiamo parlarne domani alla luce del sole?», chiede Nic. Sembra parecchio nervoso.
«Okay, fifone», lo prende in giro Viola e mette in moto.
Mi stringo a Geo e cerco le sue mani. Lui mi passa un braccio attorno alle spalle. Paolo si scosta. Se potesse si lancerebbe giù dal finestrino, pur di non avere in faccia la mano di Geo.
«Non mettetevi a pomiciare davanti a me», ci avverte. Serro le labbra. So di essere diventata viola dall'imbarazzo. Ci siamo appena baciati e Paolo non lo sa.
«E' stata una serata da brivido», gli dico in un orecchio.
«Puoi dirlo forte, piccola acchiappa fantasmi», mi sussurra lui. Sento il suo alito caldo dietro l'orecchio. Mi fa impazzire.
Al buio sono più brava a nascondermi. Nessuno si è accorto che non vedo i colori. Nemmeno Geo. Il suo bacio mi brucia ancora sulle labbra. Non me l'aspettavo proprio. Come faceva a sapere che ero lì? Come mi ha trovato, in mezzo al buio? Che lui fosse speciale l'avevo capito da un pezzo. E anche che dietro quella finta sicurezza ci sia dell'altro. Di certo anche lui ha un segreto da nascondere.
Spazio autrice
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