Cap 16

Ricordo la prima volta che dissi a Paolo della mia malattia. Eravamo così piccoli.

«Perché non puoi vedere i colori?», mi chiese. Lui era l'unico ad averlo capito.

«Non lo so», risposi.

«Ma neanche se ti sforzi bene? Neanche se strizzi gli occhi?»

«Ci ho provato», ammisi «ma non so cosa siano i colori»

Ci guardammo negli occhi e lui mi sorrise.

«Sei diversa, allora», esclamò.

«Sì», mormorai, come colta sul fatto.

«Quindi vuol dire che sei speciale», continuò.

«Speciale?»

«Come Cat Woman, lei è velocissima e sconfigge i cattivi. Anche tu, forse hai qualche potere»

«E che potere ho secondo te?»

«Magari sai volare, e ancora non lo sai», rispose Paolo, sognante «magari i tuoi occhi riescono a vedere dietro ai muri, cose che noi neanche ci sogniamo. Magari presto riuscirai a leggere nel pensiero di tutti». Lui ne era convinto.

Mi asciugai una lacrima. «Sarebbe bello», risposi.

«Sei la mia eroina, Laura», disse Paolo. E da quel giorno fummo inseparabili.

Davanti al bar scorgo Geo insieme ad altri due ragazzi. Il ragazzo è alto, un po' ingobbito, porta gli occhiali e anche lui ha i capelli lunghi. La ragazza è minuta, esile, con labbra carnose e una pelle bianchissima. Deve essere bionda, i suoi occhi mi sembrano chiari. Geo ci accoglie con un sorriso, la ragazza spegne la sigaretta. Anche loro sono più grandi di noi.

«Ciao, sono Viola», si presenta lei, e stringe la mano prima a me poi a Paolo.

«Nic», dice il ragazzo, e ci indica la macchina.

Geo mi mette un braccio attorno alle spalle. «Allora Lauretta, sei pronta per questa avventura?»

Rabbrividisco e dico un «Certo», un po' forzato. Con mia grande sorpresa, è Viola a guidare. Già la invidio per questo. Sembra molto sicura di sé. Vorrei sussurrare a Paolo e chiedergli di che colore ha il vestito, ma gli altri ci sentirebbero. Mi sistemo dietro, in mezzo a Geo e a Paolo. Loro due non si sono neanche rivolti la parola. Geo mi mette una mano sulla gamba e Paolo mi lancia un'occhiataccia. Vorrei non essermelo trascinato dietro. Nic abbassa il finestrino e inizia a fumare.

«Allora ragazzi», ci chiede «da quando vi interessate agli spiriti?»

«Spiriti?», esclamo, con voce strozzata. Viola fa una risata.

Geo mi accarezza la gamba.

«Non ho detto ai miei amici dove stiamo andando», spiega agli altri due «doveva essere una sorpresa... Ma ormai possiamo iniziare a svelare qualcosa»

Deglutisco. Sento la gamba di Paolo che si muove nervosa accanto alla mia coscia. Mamma e papà pensano che siamo nella casa sull'albero. Abbiamo fatto partire un film e lasciato la luce accesa. Ho già cambiato idea, riguardo a Paolo: per quanto mi piaccia Geo, sono contenta che ci sia anche lui.

«Stiamo andando a Cortenova», spiega Viola «Nic, accendi la videocamera»

Nic obbedisce e inizia a riprenderla.

«Eccoci in un'altra delle nostre avventure alla ricerca del mistero. Questa volta, la nostra destinazione è Villa De Vecchi, la casa rossa. Dicono che ci abiti un fantasma, che suona un sinistro motivetto a un pianoforte»

E' brava a parlare, Viola, sembra una vera reporter. Vorrei fare mille domande ma non voglio disturbare la ripresa. Sembra una cosa molto seria.

«La villa fu costruita dal conte Felice De Vecchi intorno al 1857, come residenza estiva. Al terzo piano voleva farci un osservatorio astronomico, ma poi non fece in tempo. Leggenda vuole che sua moglie fu assassinata lì dentro e la figlia scomparve in circostanze misteriose. Negli anni venti vi soggiornò Aleister Crowley, il fondatore dell'occultismo. La villa è abbandonata da anni, ma davvero è abitata dagli spettri? Oggi intendiamo scoprirlo, con l'aiuto del rilevatore di Geo e del nostro camer man, Nic»

Viola si passa una mano tra i capelli.

«Come sono andata?», chiede, ansiosa.

«Benissimo, come al solito», dice Geo.

Paolo mi sfiora la mano e io allaccio i nostri mignoli. Lui stringe forte. Ce la stiamo facendo sotto.

«Non è la prima volta che fate questo genere di cose, vero?», chiedo, e mi accorgo che sto tremando.

«Abbiamo un canale You Tube», mi spiega fiero Nic «e ormai ci seguono in tanti. Questa è la nostra quarta uscita»

«La più seria a dire il vero», mi sussurra Geo, in un orecchio. Rabbrividisco, non so se per la sua voce, per il profumo, o la paura. Le strade che stiamo attraversando sono tutte buie, ma non è quello a spaventarmi. Io di notte sto meglio. Vedo più luci, distinguo meglio gli oggetti. Solo che non ho proprio voglia di andare a caccia di spiriti.

«Ma ci credete davvero?», chiede Paolo. Il suo tono vuole sembrare acido, ma gli esce una voce stridula da bambino.

«Il rilevatore di Geo ha più volte segnalato delle presenze», spiega Viola «e comunque anche se non ci credi ti invito ad avere un atteggiamento rispettoso. Non si sa mai»

Ha parlato come un'adulta. Paolo non ribatte più niente.

«Come funziona quel coso?», bisbiglio a Geo, indicando il suo rivelatore.

«Rileva i campi elettromagnetici. E se c'è una presenza, la segnala illuminandosi», mi spiega, sempre a bassa voce. Mi eccita che mi parli nelle orecchie. Vorrei che la sua bocca si posasse sul mio collo.

«Forte, però», sussurro.

Viola si gira e ci guarda male.

«Siamo arrivati», dice, sterzando bruscamente e piantando la macchina in una rientranza.

Nonostante sia maggio, fa freddo e rimpiango di non aver portato una giacca più pesante. Tira un vento forte. Nic e Viola accendono le torce.

«Noi non abbiamo portato niente», protesta Paolo «non sapevamo dove stavamo andando»

Viola lancia un nuovo sguardo torvo a Geo.

«Vi farete luce con il cellulare. Ma sappiate che a un certo punto tutte le luci devono essere spente»

«Cosa?», urla Paolo. Mi aspetto che chieda di rimanere in macchina, invece non lo fa e si incammina con noi.

«Non si vede un cazzo», protesta Nic.

«Eccola lì», ribatte Viola e tutti alziamo la testa verso il punto che ci sta indicando.

Deglutisco e adesso sono io che ho voglia di tornare indietro.

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